Gender e Media A.tota
Gender e Media A.tota
San Paolo 2006, il sindaco liberale Gilberto Kassab inizia la sua battaglia contro
l’inquinamento visuale emanando la Lei Cidade Limpia che fece smontare tutti i
cartelloni pubblicitari dalla città. Il concetto di inquinamento visuale trova nel caso
di San paolo la sua prima implementazione politica.
Un contributo fondamentale nella prospettiva della “guerra dei sogni “ è stato dato
da Stuart Hall secondo il quale le immagini si prestano meglio a costruire mondi
e caci e legittimi rispetto alle parole. Hall riprende le parole di de Saussure per
de nire come il rapporto tra signi cato e signi cante sia meno arbitrario nelle
immagini rispetto alle parole. Se in un testo scritto si è più aperti ai processi di
decodi ca, un’immagine è meno predisposta a letture di erenziali. Nelle immagini,
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però, i valori si possono celare meglio ed essere veicolati in maniera neutrale;
queste sono lo strumento più e cace per la creazione dell’egemonia culturale.
Si è detto che le immagini sono più e caci della parola nel rappresentare la realtà
perché con questa hanno un rapporto meno arbitrario. Questo potere diviene
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inquinante se le immagini divengono la base della naturalizzazione e la
legittimazione di disuguaglianze sociali; le immagini divengono così materiali
perfetti per costruire egemonie culturali in quanto nascondono valori e
mascherano alternative. I media e le nuove forme di ri essione su essi rendono
possibile l’obiettivo dello sradicamento dell’esperienza dal qui et nunc.
Per capire come i soggetti si appropriano delle immagini che vedono dobbiamo
comprendere prima il rapporto di reciproca in uenza fra rappresentazioni sociali,
testi mediali e processi di de nizione delle soggettività.
Si analizza il rapporto tra risorse identitarie di cui dispongono gli attori sociali
all’interno di un determinato contesto sociale per costruire le immagini di genere.
Vi sono degli approcci riguardanti la de nizione del ruolo del soggetto dinanzi alle
immagini proposte dai media: alcuni approcci teorici a ni alla Scuola di
Francoforte tendono a considerare il pubblico come passivo, senza alcuna
capacità di decodi care e interpretare in modo critico i messaggi; altri approcci
come quelli della Scuola di Birmingham invece hanno voluto enfatizzare la
capacità critica del pubblico immune ad ogni forma di massi cazione. Bisogna
tener conto anche che uno spettatore può essere colpito dal medesimo testo
mediale in maniera diversa secondo a diverse variabili come la soglia di attenzione.
Provengono, inoltre, anche alcuni contributi dal lone post-modernista in cui si
mette in scene un utente idealizzato, pieno di spirito critico e capace di
decodi care in maniera innovativa i messaggi ma questo porta anche ad
un’estrema generalizzazione dell’utente.
Il dibattito sul rapporto tra questi diversi approcci è stato portato avanti da Keane
che a erma: se da una parte è irragionevole pensare che l’in uenza dei media sia
naturalizzata ma dall’altra sarebbe fuorviante pensare che la capacità di
elaborazione individuale sia egualmente allocata fra gli attori sociali.
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I media spesso si sentono legittimati alla produzione di immagini discriminanti
avvalendosi del diritto di riprodurre lo status quo.
Proprio per la sua natura sottile e simbolica, molte forme di nuovo razzismo sono
discorsive: conversazioni quotidiane, colloqui, libri, dibattiti parlamentari, leggi, lm
ecc... Sembrano atti distanti dalla violenza eppure possono fare per no più danni
proprio perché sembrano “normali”. Sono una forma di egemonia etnica spesso
tacitamente accettata dalla maggior parte dei membri del gruppo dominante di
maggioranza. Le conseguenze di questa forma di razzismo discorsivo nelle vite dei
gruppi di minoranza sono, però, tutt’altro che discorsive perché essi non vengono,
ad esempio, accettati nel paese o non riescono a trovare un lavoro e una casa.
Gli approcci tradizionali al ruolo dei media nella riproduzione del razzismo sono
stati in maggioranza l’analisi del contenuto e gli studi quantitativi delle parole o
delle immagini stereotipate nella rappresentazione delle maggioranze. Può essere
analizzata nel dettaglio anche la forma sintattica delle frasi o l’organizzazione
generale di un reportage giornalistico. Queste strutture del testo sono legate agli
elementi del contesto sociale come l’ambientazione socio-culturale, i partecipanti
e i vari ruoli sociali.
Quando il potere dei media si combina con una mancanza di risorse alternative
allora questi sono in grado di abusare di tale potere e stabilire l’egemonia
discorsiva e cognitiva necessaria a riprodurre il “nuovo razzismo”.
Nei notiziari le notizie riportate sulle minoranze etniche sono spesso ristrette a:
nuovi immigranti (illegali) in arrivo, problemi sociali, risposte politiche, con itti di
integrazione e diversità, focus sulle minacce verso la popolazione e la risposta
degli abitanti ecc.. Mentre altri temi come il contributo dei lavoratori immigrati
all’economia del paese.
Ci sono tipiche strategie semantiche come gli apparenti dinieghi (non ho nulla
contro ma...), le apparenti concessioni (ci sono persone brave ma nell’insieme...),
le apparenti comprensioni (è naturale che sia così ma...) e il transfer (nulla di
personale contro quello ma i miei clienti dicono che...).
Il signi cato del discorso dà vita alle convinzioni sottintese di colui che parla.
Frasi attive possono enfatizzare la responsabilità attiva del soggetto della frase
mentre frasi passive sulla stessa azione possono porre la responsabilità attiva sulla
sfondo. Stessa storia per i verbi nominali che vengono spesso usati per mitigare
azioni negative di “nostri” gruppi. Anche le cifre sono uno strumento retorico per
suggerire precisione ed oggettività dunque credibilità.
Le storie della ction italiana degli anni 200 hanno cristallizzato un’egemonia
maschile. Le donne delle ction sono in generale delle gure positive ed
ammirevoli; si prediligono ritratti di donne di spirito indipendente e di stampo
moderno a qualunque epoca appartengano. Resta però il fatto che l’o erta
stagionale di ction non contribuisce a creare le condizioni di pari opportunità di
accesso ai mondi sociali dell’immaginazione. I pubblici domestici preferiscono e
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quasi esigono ritrovare nelle storie televisive elementi riconoscibili iscritti nei
repertori delle proprie esperienze culturali e negli orizzonti dei propri mondi sociali,
soprattutto per i grandi pubblici generalisti. In aggiunta, gli elementi familiari
all’origine dei piaceri del riconoscimento vengono spesso costruiti dagli stessi
sistemi narrativi attraverso le pratiche complementari dell’interazione del noto e
dell’identico e della marginalizzazione del nuovo e del diverso. La regolarità con cui
le storie di ction hanno privilegiato nel tempo il protagonismo maschile lo ha
costituito come regola evidenziando quindi il protagonismo femminile come un
fatto eccentrico; i piaceri dell’eccentrico non possiedono però la stessa forza
trasversalmente aggregante dei piaceri legati al riconoscimento del familiare.
Le donne detentrici di un’arma d’ordinanza non sono più una rarità nella ction
italiana. I processi di femminilizzazione si sono avviati, con tempi e ritmi diversi,
anche nel mestiere delle armi senza invertire l’orientamento maschiocentrico della
ction italiana. Rimanendo perciò un mondo maschilmente connotato, le donne
nella ction poliziesca italiana non rivestono mai ruoli di autentico spicco che
conferiscono al personaggio lo statuto di protagonista assoluto. Inoltre, non cessa
di esercitarsi sulle donne della ction poliziesca quello che gli studi de niscono un
masculine gaze ovvero uno sguardo maschile: non si perde occasione di mettere
in risalto l’avvenenza e la seduttività delle forme corporee o il carattere
femminilmente sessuato di certi comportamenti. La tendenza dei media di
rappresentare giovani donne al anco di uomini più maturi si presta ad una vasta
gamma di interpretazioni controverse: mentre da un lato la giovinezza delle donne
ne intercetta la condizione di newcomers nel mondo reale delle istituzioni di
sicurezza, dall’altro ciò è funzionale all’esercizio del masculine gaze. Si osserva
inoltre il riprodursi di un cliché di uso nella rappresentazione del genere femminile
ovvero la totale trasparenza della dimensione privata dei personaggi. In de nitiva,
l’ingresso delle donne nelle squadre di poliziotti e carabinieri nella ction italiana
incide sulla struttura delle comunità professionali soprattutto nel sistema delle loro
relazioni interne. L’intento è di insediare una tipologia di prodotto
convenzionalmente maschile nelle preferenze di consumo del pubblico femminile;
questa operazione è stata facilitata dalla peculiare conformazione del poliziesco
italiano poco violento ed alleggerito dall’umorismo, aperto alla dimensione
familiare e con un contesto accogliente e non ostile. Nella cultura popolare, la
donna armata ha sempre rivestito l’incarnazione di un sovversivo ribaltamento dei
tradizionali ruoli sessuali e dei rapporti di potere tra i sessi.
Inizialmente il lone femminile del poliziesco italiano ha trovato accesso in quel che
si potrebbe de nire un “protagonismo a metà”: da newcomers in un mestiere e in
un ambiente maschile forse esse non erano ritenute abbastanza credibili o
accettabili come protagoniste individuali. Il protagonismo femminile ha esordito
nell’arena del poliziesco italiano con la serie “Linda e il brigadiere” e
successivamente è stata seguita da “Lui e lei” e “Valeria medico legale”. La
femminilizzazione del genere si associa organicamente ai plot verticali intra-
episodici focalizzati frequentemente sulle woma issue quindi tematiche riguardanti
le condizioni femminili. Nella ction “Lui e lei” vi è un sovvertimento ideale delle
parti dove lui riesce a trasformare la sua parte femminile e delicata in una risorsa
professionale mentre lei vive una “femminilità inceppata” per via del suo accesso
in una professione maschile ed espressa al grado massimo con l’impossibilità di
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avere gli. La ction “Valeria medico legale” si segnala per il tentativo di conferire
tipicità al personaggio anche sul piano dell’agire professionale: ne emerge la gura
non convenzionale di una unruly woman, bu a e sconclusionata, incurante del
giudizio altrui ma geniale e attenta nel lavoro. Di fatto, gli unici requisiti straordinari
messi in mostra dalla prima generazione di eroine del poliziesco italiane attengono
alla dimensione del corpo. Estremamente fuori dall’ordinario è l'uscita di scena di
queste eroine che avviene durante l’azione riportando a galla l’ambiguità di fondo
per cui la gura femminile è ricondotta al ruolo tradizionale di vittima.
Rientra nell’approccio paci cante della ction italiana mettere la sordina sugli
elementi di tensione e di con itto perciò non sorprende che nelle storie poliziesche
non trapelino criticità organizzative e relazionali, nei rapporti uomo- donna, negli
scarti di mentalità e cultura generatori di attriti e di squilibri negli ambienti
professionali a tradizione e dominanza maschile. DI fatto il poliziesco televisivo
italiano è riuscito nell’impresa di far avanzare i con ni di una empowered identità
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femminile restituendo così l’immagine confortante di una società italiana in cui il
maschile e il femminile sono pienamente riconciliati.
Nate negli anni ‘20 e ‘30 dai broadcaster radiofonici, le soap opera sono tra i
generi televisivi più denigrati secondo il senso comune.
Si presume siano stati i primi studi sul pubblico femminile delle soap a di ondere il
preconcetto che questo tipo di contenuti venisse fruito quasi esclusivamente da
casalinghe con basso livello d’istruzione, isolate socialmente, sentimentalmente
frustrate e bisognose di evadere dalla realtà. La ricerca di Herta Herzog ha
contribuito a gettare nuova luce sulle soap e il loro pubblico. Questa ricerca
dimostra che le soap opera fornivano alle ascoltatrici 3 tipi di grati cazioni:
- opportunità di rilassarsi
- opportunità di sognare compensando frustrazioni emotive e di coltà quotidiane -
opportunità di trarre stimoli e consigli da applicare alla propria vita
Un primo motivo che porta alla rivalutazione del genere soap risiede nello slogan
femminista “il personale è politico” che spinge a mettere in luce le discriminazioni
vissute da tutte le donne nell’ambito del privato. Inoltre, cambia la prospettiva con
cui giudicare le immagini femminili: negli anni ‘70 si tende a confrontare la
rappresentazione femminile o erta dai media con la realtà; le gure della
“casalinga” e della “donna oggetto” venivano considerate distorte in quanto non
corrispondenti alla realtà femminile variegata e in mutamento.
John Fiske, esponente della teoria della resistenza, considera i testi televisivi
popolari densi di contraddizioni aperti a molteplici interpretazioni. Il pubblico,
attivando i signi cati in opposizione, ha la possibilità di procurarsi dei piaceri
sovversivi. Fiske riscontra come le soap possano essere considerate testi
polisemici in quanto la cultura femminile che rappresentano appare in costante
con itto con la cultura patriarcale dominante. Inoltre, la spettatrice di soap viene
sollecitata a cambiare continuamente punto di vista.
Dorothy Hobson conduce la prima ricerca etnogra ca sul pubblico femminile delle
soa: sulla base di una serie di conversazioni con giovani casalinghe della working
class vengono identi cati i signi cati inerenti all’uso della radio e della tv all’interno
della routine domestica; ne risulta che il lavoro domestico viene alleviato dalla
fruizione dei media le cui preferenze erano soap e intrattenimento leggero per
evadere dalla realtà. La studiosa nota oltre a ciò che le giovani donne che usano i
media in tale maniera risultano condizionate dalla posizione sociale di “casalinghe”
e dalla cultura patriarcale in cui sono immerse per cui le loro scelto sono anche
frutto di un’autosvalutazione femminile rispetto al genere maschile. I programmi
che le donne guardano e ascoltano, unitamente a quelli che ri utano, rinforzano la
divisione tra i sessi e le sfere d’interesse.
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In un’altra indagine della Hobson su un gruppo di casalinghe della working class
fan della soap Crossroads conferma come la pratica della visione di integri nella
vita quotidiana perché le spettatrici cercano di ritagliarsi uno spazio per sé
sviluppando, inoltre, la capacità di “guardare a metà”. Si rileva come esse provino
un forte senso di colpa che attesta che il ruolo occupato nella famiglia condiziona
le modalità della fruizione televisiva. Appoggiandosi all’enccoding/decoding di
Stuart Hall, Hobson mostra che i signi cati evinti non sono quelli iscritti nel testo
ma quelli trasformati o prodotti da ciascuna spettatrice in base alle sue
conoscenze ed esperienze sentimentali/familiari vissute soggettivamente. La
visione delle soap diviene uno spazio dove le spettatrici possono negoziare la loro
soggettività. Accennando all’analisi di Janice Radway, la studiosa intervista un
gruppo di casalinghe appassionate di romanzi rosa e teorizza che questi abbiano
elementi di “apertura” in quanto nelle storie si hanno narrazioni in opposizione alla
realtà (esempio l’uomo che si prende cura della donna
Anche Ien Ang studia una serie, Dallas, rilevando che la caratteristica più
apprezzata è il realismo non inteso in senso empirico ma emozionale riguardante i
sentimenti realistici espressi dai personaggi. La Ang a erma che essere una donna
comporta un costante lavoro di auto(ri)costruzione e ritiene la fantasia come un
aspetto fondamentale dell’esistenza umana che permette di trovare soluzioni
immaginarie ai con itti vissuti nel quotidiano.
La ricerca di Andrea Press attesta invece come, a seconda della classe sociale, del
livello d’istruzione e dei vissuti soggettivi delle spettatrici, si posizionano in maniera
di erenziata rispetto alle soap. Analizzando le interpretazioni di Dynasty si nota
come le spettatrici della working class ritengono la serie realistica, pensando
davvero che i ricchi si comportino in quella maniera, mentre quelle della middle
class, avendo più strumenti e più conoscenze di quel mondo a disposizione,
risultano critiche. Press regista sostanziali di erenze anche a seconda
dell’appartenenza generazionale.
Brown a erma che vi sono due principali posizione entro le quali si può porre il
pubblico femminile rispetto alle soap (il che fa ri ette sulla posizione ambigua
occupata dalle donne nella società):
Nell’ambito cinematogra co i gender studies nascono all’inizio degli anni ‘70 tra le
rivendicazioni del movimento delle donne e i nascenti lm studies; avviene
dapprima in UK per poi di ondersi istantaneamente in USA ma rimane marginale
in Europa con eccezione della Germania. Le prime forme di analisi del rapporto tra
cinema e gender si concentrano sulle immagini e i ruoli femminili con l’intento di
stabilire una relazione tra cinema e realtà ovvero tra rappresentazione visiva del
femminile e l'esperienza quotidiana delle donne.
Tra la ne degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 gli studi di genere vivono un cambio
di paradigma: vi è una ride nizione della nozione di di erenza dove il rapporto
binario maschile/femminile viene ora considerato in relazione anche con altre
di erenze come quella etnica e razziale.
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Il lavoro di fondazione della FFT viene compiuto in UK da diverse donne tra cui
Laura Mulvey che con il suo saggio “Visual Pleasure and Narrative Cinema” pone i
paradigmi teorici di base del dibattito. La FFT non vuole semplicemente analizzare
le immagini di donne come positive o negative ma, attraverso l’ideale strutturalista,
vuole comprendere l’oppressione delle donne come gruppo per valutarne poi le
di erenze interne. La FFT guarda alle ragioni perché le donne occupano il posto
che occupano nel cinema. La relazione tra maschile e femminile nel testo lmico
rinvia all’ordine simbolico extra-testuale ed è regolata da un sistema di scambio:
nella lettura lacaniana tale sistema di scambio viene applicato al complesso
edipico dove la donna ha il signi cante di non-uomo, la mancanza e la castrazione.
La FFT in questi anni si muove alla ricerca di fenomeni in cui il desiderio femminile
si scopre meno soggiogato e in cui il piacere della donna ha modo di attivarsi. Sii
indagano, inoltre, pratiche lmiche con l’intento di identi care forme del desiderio
maschile diverse dal controllo e dal potere sadico che solitamente esercita per il
superamento del complesso edipico. Si considera quindi il soggetto come
un’entità mobile e molteplice sostanzialmente bisessuale in cui sono percepibili
tratti residuali della fase pre-edipica quando la di erenza sessuale non è ancora
operante.
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In questa prospettiva gli anni ‘80 rappresentano il momento di piena espansione e
maturazione della FFT con 3 grandi classici:
In “The Desire to Desire” Doane studia gli woman’s lm degli anni ‘40 attraverso le
teorie freudiane e lacaniane costruendo un a ascinante percorso di lettura nel
quale si ipotizza quale esperienza di fruizione possa avere la donna davanti a testi
che narrano lo sguardo femminile. Tuttavia, le conclusioni non sono rassicuranti
poiché la vicinanza tra spettatore è soggetto nega l’emergere del voyeurismo. La
spettatrice si iperidenti ca con il soggetto facendo perdere la spettatrice
nell’immagine. In questo modo il woman’s lm sembra riprodurre con maggiore
forza la subordinazione femminile.
In “The woman who knew too much” Modleski analizza il cinema di Hitchcock
vedendolo segnato da dinamiche del desiderio ambigue e non monolitiche. Questo
cinema mette in crisi nozioni di genere sse in quanto attiva identi cazioni mutevoli
a di erenza di quanto aveva detto Mulvey (ovvero che in questo cinema si ha la
radicalizzazione delle dinamiche di gender).
- In “In the Realm of Pleasure. Von Sternberg. Dietrich and the Masochist
Aesthetic” la Studlar mette in dubbio che le teorie della Mulvey bastino a
Alla ne del 19° secolo la Commissione per il servizio telefonico dell’Indiana si riunì
per discutere degli usi “accettabili” del telefono, novella invenzione intesa
inizialmente come strumento per uomini d’a ari. Si discusse dell’uso del telefono
da parte delle donne che parlavano per lunghi periodi di fatti triviali e ciò non era
considerato lo scopo del medium. Le donne usavano il medium per ragioni sociali
come tenersi in contatto con amici e familiari o scambiarsi opinioni ed esperienze
personali no al volersi tenere compagnia a vicenda. Uno dei motivi per cui si fece
questa riunione fu anche quello economico: i consumatori venivano fatturati in
base al numero di chiamate e non alla loro lunghezza. Fu chiaro n da subito, però,
che ai normali abbonati non importava dell’uso che le donne facevano del telefono
dunque la Commissione non poté prendere provvedimenti. L’industria telefonica
adattò velocemente le proprie strategie di marketing a questa inclinazione d’uso
delle donne e tutt’ora è di cile pensare al telefono come ad un qualcosa di diverso
dal sociale. Azzardiamo quindi a dire che siano state proprio le donne le
responsabili degli sviluppi della cultura del telefono.
Dale Spender è una delle prime femministe a dichiarare internet come un medium
particolarmente rilevante per il lavoro individuale e di gruppo delle donne. Dopo di
lei, Sadie Plant vede le femministe come l’elemento essenziale della tecnologia di
network.
Solo 10 anni fa, la visione femminista dominante sulle nuove ICT (Tecnologie di
Informazione e Comunicazione) era che essere erano dominate dal maschile.
L’immagine del settore delle ICT risulta essere un fattore fortemente proibitivo per
le donne che associano il lavoro alle ICT con lunghi orari lavorativi, colleghi maschi
poco socievole e una cultura maschile sciovinista.
Sembra dunque che oltre alle diverse prove che possano genderizzare con
maschile o femminile internet ci siano anche studi su come internet possa
diventare un laboratorio di gender dove sperimentare con i simboli di gender e
scappare dal limite dicotomico della sicità dei corpi.
Tecno lia: all’interno delle idee cyberfemministe, celebra il fatto che internet non
sia più un fattore estraneo al corpo umano ma che ne sia diventato parte
integrante. Ne fa riferimento Donna Haraway parlando del cyborg (tecnologia e
biologia fuse insieme).
Le tesi che sostengono che internet è un terreno femminile sono costruite su una
concezione limitata di gender (il gender come identità) localizzando nella
femminilità gli aspetti comunicativi, consensuali e orientati alla costruzione della
comunità.
Sono identi cati 5 processi culturali che, applicati ad internet, pongo la domanda
di come questo sia rappresentato e quali identità sociali siano associate ad esso,
come sia prodotto e quali meccanismi regolino il suo uso:
Le storie delle varie tecnologie puntano tutte al momento dell’utilizzo come il più
importante nello sviluppo dei signi cati sociali.
Silverstone e Hirsch nei loro studi sulle tecnologie domestiche hanno de nito
questi adattamenti come processi di domesticazione in cui le tecnologie vengono
incorporate nelle abitudini della vita quotidiana. La Cowan, in altri termini, ha fatto
riferimento agli usi quotidiani della tecnologia in termini di reinvenzione della
tecnologia.
Questi studi suggeriscono come il momento decisivo nella cultura della tecnologia
dia il momento del consumo, quando le tecnologie vengono addomesticate in una
quotidianità dove il gender si manifesta in 3 dimensioni contemporaneamente:
- opposte
L’ingresso della pornogra a con l’arrivo dei nuovi media fa sorgere una doppia
problematica relativa alla circolazione delle notizie: in pedopornogra a le normative
sulla tutela dei minori limitano fortemente la raccolta di materiale che ovviamente
non può essere mostrato; accade quindi che le notizie in materia si somiglino tutte
e alla ne non facciano più scalpore.
Nel saggio “Pornography drives technology” del 1996 Peter Johnson Argomenta
come lungo tutta la storia dei nuovi media la pornogra a abbia avuto un ruolo di
apripista incoraggiando la sperimentazione; la pornogra a si è sviluppata con la
tecnologia. Non vi è dubbio che il sex business sia un fenomeno economicamente
rilevante e di successo, una vera rivoluzione con l'avvento di Internet. Gli esperti di
consumi mediali sostengono che la pornogra a on-line costituisca la categoria
principale di contenuti a pagamento sulla rete. Il mercato pornogra co a
dimensioni di tutto rilievo costituendo uno dei settori economici più rilevanti. In
pochi anni, sostanzialmente un decennio, la pornogra a è il sex business on-line
ha dimostrato una capacità di penetrazione e di fusioni considerevoli. I materiali
de niti come pornogra ci possono essere molto diversi e di tipologie di erenti; il
con ne tra erotico e pornogra co è molto spesso soggettivo e si potrebbe
a ermare che si de nisce pornogra co ciò che viene percepito come osceno
sapendo però che questa è una de nizione molto personale che varia da cultura a
periodo storico.
Analisi recenti delle femministe hanno preso le distanze da una visione negativa
della pornogra a Considerando la libera scelta individuale delle persone non
sempre frutto di oggettivazione e dominio.
Solo alcune pagine web e pochi siti Sono gestiti direttamente dalle persone che
vendono la propria immagine; In questi casi si può osservare un processo di
autonomizzazione sessuale in cui il soggetto diventa imprenditore del proprio
corpo.
Negli ultimi decenni però la pornogra a incomincia di ondersi anche tra le donne è
la prostituzione tra gli uomini. Si tratta di comportamenti decisamente minoritari
ma signi canti. La separazione profeti vita e sessualità produce una visione
di erente e disimpegnata delle relazioni sessuali ed erotiche nella società
occidentale contemporanea e ha portato una visione della sessualità femminile
separata alla procreazione.
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10. Gender advertisement e culture jamming, forme di sabotaggio dei
repertori mediali
Un altro esempio è quello del brand Nike la cui azienda ha sempre considerato la
produzione una funzione accessoria al marketing; la sua mission è infatti non
quella di produrre cose ma immagini. Scopo dei jammers è quello di sottrarre al
marchio tutto il suo valore simbolico.
Per quanto riguarda gli usi femminili delle nuove tecnologie di comunicazione va
senza dubbio citata About-face la cui distorsione delle immagini femminile sui
media fornisce donna e ragazze strumenti per comprendere e resistere ai dannosi
stereotipi femminili che mi disseminano.
Ha creato particolare scalpore una campagna pubblicitaria dal titolo “No anorexia”
realizzata dal fotografo Oliviero Toscani per il marchio di moda Nolita: l'intento è
quello di far saltare l'equazione “bellezza=magrezza”.