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Esercizio di Writer

Alessandro Manzoni
Storia della colonna infame
Introduzione
Ai giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi
atrocissimi alcuni accusati d'aver propagata la peste con certi ritrovati
sciocchi non men che orribili, parve d'aver fatto una cosa talmente degna di
memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de'
supplizi, la demolizion della casa d'uno di quegli sventurati, decretaron di
più, che in quello spazio s'innalzasse una colonna, la quale dovesse
chiamarsi infame, con un'iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia
dell'attentato e della pena. E in ciò non s'ingannarono: quel giudizio fu
veramente memorabile.
In una parte dello scritto antecedente, l'autore aveva manifestata l'intenzione di
pubblicarne la storia; ed è questa che presenta al pubblico, non senza vergogna,
sapendo che da altri è stata supposta opera di vasta materia, se non altro, e di mole
corrispondente. Ma se il ridicolo del disinganno deve cadere addosso a lui, gli sia
permesso almeno di protestare che nell'errore non ha colpa, e che, se viene alla luce un
topo, lui non aveva detto che dovessero partorire i monti. Aveva detto soltanto che,
come episodio, una tale storia sarebbe riuscita troppo lunga, e che, quantunque il
soggetto fosse già stato trattato da uno scrittore giustamente celebre (Osservazioni
sulla tortura, di Pietro Verri), gli pareva che potesse esser trattato di nuovo, con
diverso intento. E basterà un breve cenno su questa diversità, per far conoscere la
ragione del nuovo lavoro. Così si potesse anche dire l'utilità; ma questa, pur troppo,
dipende molto più dall'esecuzione che dall'intento.

Pietro Verri si propose, come indica il titolo medesimo del suo opuscolo, di ricavar da quel fatto un
argomento contro la tortura, facendo vedere come questa aveva potuto estorcere la confessione d'un
delitto, fisicamente e moralmente impossibile. E l'argomento era stringente, come nobile e umano
l'assunto.
Ma dalla storia, per quanto possa esser succinta, d'un avvenimento complicato, d'un gran male fatto
senza ragione da uomini a uomini, devono necessariamente potersi ricavare osservazioni più
generali, e d'un'utilità, se non così immediata, non meno reale.
Anzi, a contentarsi di quelle sole che potevan principalmente servire a quell'intento
speciale, c'è pericolo di formarsi una nozione del fatto, non solo dimezzata, ma falsa,
prendendo per cagioni di esso l'ignoranza de' tempi e la barbarie della giurisprudenza, e
riguardandolo quasi come un avvenimento fatale e necessario; che sarebbe cavare un
errore dannoso da dove si può avere un utile insegnamento.
L'ignoranza in fisica può produrre degl'inconvenienti, ma non delle iniquità; e una

cattiva istituzione non s'applica da sé. Certo, non era un effetto necessario del credere

all'efficacia dell'unzioni pestifere, il credere che Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora

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Esercizio di Writer

le avessero messe in opera; come dell'esser la tortura in vigore non era effetto

necessario che fosse fatta soffrire a tutti gli accusati, né che tutti quelli a cui si faceva

soffrire, fossero sentenziati colpevoli.

Verità che può parere sciocca per troppa evidenza; ma non di rado le verità troppo

evidenti, e che dovrebbero esser sottintese, sono in vece dimenticate; e dal non

dimenticar questa dipende il giudicar rettamente quell'atroce giudizio.

Noi abbiam cercato di metterla in luce, di far vedere che que'


giudici condannaron degl'innocenti, che essi, con la più ferma
persuasione dell'efficacia dell'unzioni, e con una legislazione
che ammetteva la tortura, potevano riconoscere innocenti; e che
anzi, per trovarli colpevoli, per respingere il vero che
ricompariva ogni momento, in mille forme, e da mille parti, con
caratteri chiari allora com'ora, come sempre, dovettero fare
continui sforzi d'ingegno, e ricorrere a espedienti, de' quali non
potevano ignorar l'ingiustizia.
Non vogliamo certamente (e sarebbe un tristo assunto) togliere
all'ignoranza e alla tortura la parte loro in quell'orribile fatto: ne
furono, la prima un'occasion deplorabile, l'altra un mezzo
crudele e attivo, quantunque non l'unico certamente, né il
principale. Ma crediamo che importi il distinguerne le vere ed
efficienti cagioni, che furono atti iniqui, prodotti da che, se non
da passioni perverse?

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