“PACE NON TROVO ET NON HO DA FAR GUERRA”
dal Canzoniere, CXXXIV
Pace non trovo, et non o da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.
Tal m'a in pregion, che non m'apre ne serra,
ne per suo mi riten ne scioglie il laccio;
et non m'ancide Amore, et non mi sferra,
ne mi vuol vivo, ne mi trae d'impaccio.
Veggio senza occhi, et non o lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et o in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Parafrasi
Non riesco a trovare pace e non ho mezzo per fare guerra; ho paura di non essere amato e al contempo
spero di esserlo; ardo di passione e sono ghiacciato dalla delusione; volo sopra il cielo nei momenti di gioia
e giaccio a terra prostrato nei momenti di sconforto; non ottengo nulla dalla donna e a colte invece mi
sembra di possedere tutto il mondo.
Mi tiene prigioniero una donna, che non mi lascia libero respingendomi del tutto, né mi rinchiude
accettando il mio amore; e Amore non mi uccide e non mi toglie le catene, non vuole che io viva, ma
nemmeno mi libera dalla sofferenza.
Deliro, ho la lingua paralizzata eppure grido; desidero morire e tuttavia chiedo aiuto; ed odio me stesso e
amo un’altra persona.
Mi nutro di dolore, piango e rido insieme; la vita e la morte mi dispiacciono ugualmente: mi trovo in questa
condizione, oh mia amata, per amor vostro.
Analisi
Il componimento è un sonetto con rima alternata nelle quartine e replicata nelle terzine, secondo lo
schema ABAB, ABAB, CDE, CDE. Inoltre la rima “grido-rido” è una rima ricca e la rima “altrui-voi” è una rima
siciliana, unico esempio nel “Canzoniere”.
Il tema è assolutamente quello del dissidio interiore petrarchesco e lo si nota dal fatto che il testo è
costruito antiteticamente, con atteggiamenti conflittuali e contraddittori affiancati l’uno all’altro. Nelle
quartine il poeta si dice diviso tra la necessità di sfogare il proprio tormento e l’incapacità di farlo e inoltre
descrive se stesso come un ostaggio, prigioniero di Laura, dell’Amore e di una situazione bloccata. Nelle
terzine infine descrive gli atteggiamenti contraddittori e illogici che l’amore lo porta ad assumere. L’ultimo
verso del sonetto in particolare consiste nello scioglimento del discorso, in cui Francesco si rivolge
direttamente a Laura e la connota, con quel termine “donna” come signora tirannica e spietata, padrona
della vita dell’innamorato. Ciò riprende i temi della poesia lirica cortese e provenzale, che spesso Petrarca
tende a riprendere e rinnovare nella sua poesia amorosa. All’interno del componimento pertanto, Petrarca
riprende una serie di motivi letterari e stilistici caratteristici della poesia cortese e stilnovista, in particolare
di quella incentrata sul tema dell’amore doloroso (es.: Cavalcanti). Si ritrova inoltre in questo sonetto una
sensibilità moderna, che rimanda all’Umanesimo e lo preannuncia in qualche modo, ossia il taglio
psicologico e soggettivo del sonetto e la trattazione da parte dell’autore di temi che i suoi predecessori
medievali trattavano con approcci del tutto diversi.
Tutto il sonetto è una catena ininterrotta di dichiarazioni opposte a due a due, mediante l’utilizzo della
figura retorica dell’antitesi, unita a un unico caso di ossimoro (“piangendo rido”). Sempre dal punto di vista
retorico, sono presenti due chiasmi: 1) Pace (nome) + trovo (verbo) – ho da far (verbo) + guerra (nome); 2)
veggio (verbo) + occhi (nome) – lingua (nome) + grido (verbo). In aggiunta a ciò si notano anche diverse
metafore, come ad esempio l’idea della prigionia d’amore nella seconda quartina, e iperboli, come “tutto il
mondo abbraccio”.