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diritto internazionale sintesi

completa
Diritto Internazionale
Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli (LUISS)
132 pag.

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11

deve sforzarsi di salvare la norma consuetudinaria contestata, rifacen-


dosi a principi giuridici comuni anche generalissimi.
E’ da respingere l’opinione di gran parte degli Stati in svilup-
po, maggioranza nell’Onu, che, riferendosi alla grande produzione di
risoluzioni e raccomandazioni a carattere universale da parte degli or-
gani delle Nazioni Unite, parlano di formazione quasi legislativa del
nuovo diritto internazionale generale e consuetudinario. Queste riso-
luzioni non hanno forza vincolante e i comportamenti in esse contenu-
ti diventano cogenti solo se confermati dalla diuturnitas e dall’opinio
juris sive necessitatis o se sono trasferite in convenzioni internaziona-
li.

E’ da ammettere, poi, l’esistenza di consuetudini particolari


(di natura locale o regionale). Si tratta di diritto non scritto formatosi
per modificare o abrogare, norme poste da un determinato trattato. La
fattispecie avviene in caso di accordi istitutivi di organizzazioni inter-
nazionali, quando i contraenti o gli organi dell’organizzazione danno
vita ad una prassi modificatrice delle norme a suo tempo pattuite e ba-
sate sul diritto generale. Le consuetudini particolari non possono mo-
dificare o abrogare patti quando l’organizzazione è dotata di organismi
che controllano il rispetto del trattato istitutivo (es.: Ce).
In ogni caso, anche la consuetudine particolare risulta sempre IL PRINCIPIO DI
RECIPROCITA’,
dall’uniformità dei comportamenti degli Stati contraenti di un trattato
o di un’area geografica, senza che sia necessario indagare se il singolo
Stato abbia effettivamente partecipato alla formazione della stessa. Si
parla invece di reciprocità, e non di consuetudini particolari, in caso
di uniformità di contegni tra un certo numero di Stati non legati da
trattati o da vincoli geografici e di altra natura.

Alle norme consuetudinarie generali è applicabile l’analogia,


interpretazione estensiva che applica una norma ad un fatto nuovo che
essa non contempla, ma i cui caratteri essenziali sono simili al vecchio
caso. (es.: applicazione delle norme sulla navigazione marittima alla
navigazione cosmica).

5. I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.

Tra le altre fonti non scritte, l’art. 38 dello Statuto della Corte
Internazionale di Giustizia dell’Onu annovera anche i principi gene-
rali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili. Si tratta di una fonte
applicabile al caso concreto, utilizzabile dove manchino norme patti-
zie e consuetudinarie. E’ in pratica una sorta di analogia juris, che,

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14

delle norme contenute negli accordi, verificando se effettivamente


corrispondano alla prassi degli Stati. In tal senso: sent. Corte Interna-
zionale di Giustizia 1969 sulla delimitazione della piattaforma conti-
nentale tra Germania e Stati limitrofi. La Corte, commentando il cri-
terio dell’equidistanza dalle coste per definire i confini marini (Con-
venzione di Ginevra 1958), ha definito tale principio non di diritto
generale, in quanto prassi non sufficientemente consolidata e, quindi,
inapplicabile alla Germania che non aveva ratificato la Convenzione.

E’ possibile che, a causa della mutata prassi degli Stati, bisogna


ricorrere al ricambio delle norme di diritto generale codificate. Tutti
gli accordi del genere sono stipulati per una durata illimitata, ma per
alcuni sono previsti procedimenti di revisione in vista di nuovi accordi
più attuali. L’evoluzione del diritto consuetudinario comporta l’inap-
plicabilità della norma obsoleta per gli Stati non contraenti (motivo in
più per non equiparare il diritto codificato a quello generale). Per
quanto riguarda gli Stati contraenti, nulla vieta che il diritto consuetu-
dinario di nuova formazione abroghi quello pattizio anteriore, sempre
che si accerti incontrovertibilmente che gli Stati contraenti abbiano
contribuito alla formazione della nuova consuetudine.

8. Le dichiarazioni di principi dell’Onu.

Si inquadrano nel discorso sul diritto internazionale generale le


dichiarazioni di principi dell’Assemblea Generale dell’Onu, conte-
nenti una serie di regole sui rapporti tra Stati, ma più spesso sui rap-
porti degli Stati con i propri sudditi e con gli stranieri. Tra tutte si ri-
corda la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” (ris.
10.12.1948 n. 217-III) e le Dichiarazioni in campo economico che
suggeriscono regole a cui dovrebbe ispirarsi l’azione degli Stati, per
eliminare o attenuare le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
Non si può dire che le Dichiarazioni costituiscano fonte auto-
noma di norme internazionali generali. L’Assemblea Generale non ha
poteri legislativi mondiali e le sue risoluzioni non hanno carattere vin-
colante; aspetto questo tenacemente difeso dai Paesi occidentali. In
caso contrario, i Paesi del Terzo Mondo, in maggioranza nell’Onu,
avrebbero in mano la gestione del diritto generale internazionale.

Tuttavia è innegabile che le Dichiarazioni di principi abbiano un


ruolo importante, simile a quello degli accordi di codificazione, per lo
sviluppo di un diritto internazionale più attento alle esigenze di solida-
rietà sempre più sentite oggi. Pur non vincolanti, esse danno un con-

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15

tributo alla formazione del diritto internazionale, ispirando i con-


tenuti degli accordi e condizionando la formazione della consuetudi-
ne; esse, quindi, sono rilevanti in quanto prassi degli Stati che le adot-
tano.
Certe Dichiarazioni possono avere il valore di veri e propri ac-
cordi internazionali, quando, oltre ad enunciare un principio, espres-
samente ne equiparano l’inosservanza alla violazione della Carta del-
l’Onu. Si tratta di un espediente, di fronte alla natura non vincolante
delle Dichiarazioni, per sancire che quel certo principio è ormai obbli-
gatorio e vincola gli Stati che le sostengono con il voto; essi, proprio
esprimendo un assenso, intendono obbligarsi. Lo stesso dicasi quando
la Dichiarazione considera l’inosservanza di un principio non viola-
zione della Carta dell’Onu, ma del diritto internazionale generale.

9. I trattati.
Procedimento di formazione e competenza a stipulare.

L’accordo (convenzione, trattato, patto) è fonte di norme in-


ternazionali particolari. Come gli atti di natura contrattuale, il tratta-
to è l’incontro di due o più volontà, dirette a regolare una determinata
sfera di rapporti attraverso diritti e obblighi reciproci.
Non è da accogliere la distinzione della dottrina tedesca tra
trattati normativi o trattati legge (unici produttivi di norme giuridi-
che, caratterizzati da volontà di identico contenuto e dalla adesione di
un gran numero di Stati contraenti: accordi di codificazione, trattati
istitutivi di organizzazioni internazionali, ecc.) e trattati contratto o
trattati negozio (le parti, muovendo da posizioni contrastanti, attuano
uno scambio di prestazioni corrispettive: accordi commerciali, trattati
di alleanza, trattati di cessione territoriale, ecc.). La distinzione non ha
senso, perché qualsiasi trattato esprime una volontà di obbligarsi e
produce regole di condotta. Inoltre, per quanto riguarda la contrappo-
sizione e l’unione delle parti, i due dati sono più o meno presenti in
qualsiasi procedimento negoziale sino alla stipulazione dell’accordo.
Invece, una distinzione che va fatta, e che non avvalora comun-
que la teoria tedesca, deriva dalla presenza nei trattati di norme
astratte, che regolano una fattispecie generica di rapporto e vincolano
gli Stati contraenti che vengano a trovarsi in una situazione che rientra
nella tipologia generale descritta, e norme concrete, che regolano un
singolo e ben determinato rapporto.
Meglio ancora si può dire che i trattati, come tutte le fonti di
norme giuridiche, possono dare vita a regole materiali, che discipli-
nano direttamente i rapporti tra i destinatari contraenti, e regole for-

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27

te di formulare riserve anche in periodo successivo alla ratifica, pur-


ché non vi siano obiezioni sul ritardo. Ma la tendenza maggiormente
innovatrice si ricava dalla giurisprudenza della Corte Europea dei
Diritti Umani che, in caso di formulazione di riserva inammissibile
(esclusa dal testo, contraria all’oggetto e allo scopo del trattato), af-
ferma che lo Stato formulante non viene escluso dal trattato, ma uni-
camente la riserva è invalida e deve ritenersi come non apposta. Tut-
tavia non è possibile per ora estendere a tutti i trattati questa interpre-
tazione, rivolta specificamente alla Convenzione Europea dei Diritti
Umani, fondamentale strumento per la difesa delle prerogative del-
l’essere umano e, quindi, da non sottoporre più di tanto a tentativi di
modifica. Infatti, la Corte Internazionale di Giustizia continua a com-
portarsi in modo tradizionale.

Può accadere che sorgano problemi circa la competenza a for-


mulare riserve. Il problema va risolto analizzando i vari testi costitu-
zionali. In Italia la questione si è già posta, quando il Governo ha ag-
giunto di sua iniziativa riserve non concordate col Parlamento. Parte
della dottrina ritiene ammissibile un’ipotesi del genere, o anche che il
Governo non tenga conto di una riserva espressa dal Parlamento nella
legge di autorizzazione, assegnando all’esecutivo il ruolo di gestore
dei rapporto internazionali. Altra parte della dottrina è invece di pare-
re contrario, giudicando essenziale la collaborazione dei due organi
per la formazione della volontà statale. Alla collaborazione tra Gover-
no e Parlamento è ispirato l’art. 80 Cost. Per il Conforti, l’apposizio-
ne di una riserva da parte del Governo all’atto della ratifica è valida
per il diritto costituzionale e anche per il diritto internazionale. In
caso, invece, di non dichiarazione del Governo di una riserva voluta
dal Parlamento e contenuta nella legge di autorizzazione, per la parte
coperta dalla riserva sarà ipotizzabile una violazione del diritto inter-
no. Lo Stato, quindi, non rimarrà impegnato per quella parte del tratta-
to, a meno che il Parlamento non revochi la riserva.

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36

14. Cause di invalidità e di estinzione dei trattati.

Le cause di invalidità e di estinzione dei trattati sono analoghe a


quelle dei contratti e, in generale, dei negozi giuridici di diritto inter-
no. Vi sono poi cause tipiche di diritto internazionale.
Tra le cause di invalidità generali, trattate anche da Vienna 69,
si ricordano i vizi della volontà, ovvero:

errore essenziale (art. 48) errore circa un fatto o una situazione


che lo Stato credeva esistente al momento
della conclusione del trattato e che era base
essenziale del consenso dello Stato.

frode (dolo) (art. 49) indurre un altro Stato a concludere


un trattato attraverso una condotta cosciente
tesa ad occultare l’esistenza di un motivo di
invalidità.

corruzione (art. 50) da parte dell’organo stipulante che


convince l’organo omologo a concludere un
trattato attraverso la concessione di favori
economici o materiali.

violenza (art. 51) fisica o morale esercitata nei con-


fronti dell’organo stipulante.

Vienna 69, tra le cause di invalidità inserisce anche la violenza


esercitata sullo Stato, che si manifesta nella minaccia o nell’uso della
forza. L’art. 52 afferma che è nullo il trattato concluso attraverso l’uso
o la minaccia della forza in violazione dei principi della Carta dell’O-
nu (che ammette l’uso della forza solo per respingere un attacco arma-
to altrui). Questa norma rispecchia il diritto consuetudinario afferma-
tosi dopo il secondo conflitto mondiale, che si ispira alla volontà della
comunità internazionale di mettere al bando la guerra come modo di
risoluzione delle questioni internazionali.
Precedentemente si riteneva che la violenza sullo Stato fosse
irrilevante, considerando che anche i trattati di pace, tra vincitori e
vinti in posizione nettamente sbilanciata, sono considerati validi. Per il
Conforti non si può sostenere questa teoria, dato che i trattati di pace
intervengono in un momento in cui non c’è più la minaccia delle armi;
essi rappresentano comunque un componimento di interessi, sulla base
rispettivamente dalla vittoria o dalla sconfitta, in cui le parti si fanno
reciproche concessioni. Come in un normale trattato, gli accordi di

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56

PARTE SECONDA

IL CONTENUTO
DELLE NORME INTERNAZIONALI

21. Il contenuto del diritto internazionale come insieme di limiti


all’uso della forza internazionale ed interna degli Stati

Tutto il diritto internazionale si snoda intorno all’idea che esso


sia costruito da un insieme di limiti all’uso della forza da parte degli
Stati. Può essere violenza di tipo bellico diretta verso gli altri Stati
(forza internazionale), oppure violenza diretta verso l’interno: perso-
ne fisiche o giuridiche, loro beni (forza interna).
La Dichiarazione dell’Assemblea Generale dell’Onu (ris. 3314
del 1974) definisce la forza internazionale come aggressione armata
in tutte le sue specie.
La forza interna, intesa come potere di governo, sovranità
esplicata su individui e loro beni, non può essere considerata solo
come forza materiale, cioè atti concreti (azioni di polizia, esecuzione
forzata dei beni, esecuzione di condanne penali); allo stesso tempo
una violazione del diritto internazionale non deriva solo dall’effettivo ..cioè se la Convenzione
esercizio della coercizione. Anche una sentenza o una legge che con- non prevede espressa-
mente anche una puni-
zione per chi non appli-
ca l’obbligo previsto.

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76

Principio del controllo dei mari adiacenti: affermatosi in contrappo-


sizione al precedente. E’ la pretesa di assicurarsi l’uso esclusivo delle
acque di fronte alle proprie coste, con il potere di esercitare un con-
trollo sulle navi straniere che vi navigano a scopo di pesca e per re-
primere il contrabbando. Questo principio si è andato affermando tra il
XIX e il XX secolo attraverso ulteriori principi:

Mare costiero: fascia di mare costiero equiparata, in quanto a


sovranità, al territorio dello Stato. Si è andato affermando dopo
la metà del XIX secolo e ha ampliato le pretese di controllo sta-
tale sul mare adiacente.
Piattaforma continentale: affermatosi subito dopo la seconda
guerra mondiale con la generale accettazione della dottrina
enunciata dal presidente americano Truman nel 1945. In base ad
esso gli Stati Uniti rivendicavano il controllo e la giurisdizione
sulle risorse di quella parte di fondo marino, estesa anche centi-
naia di miglia, che costituisce il prolungamento, a fondo costan-
te (200 metri), delle terre emerse.

Zona economica esclusiva: affermatosi negli anni ’80 e propu-


gnato dai Paesi latino-americani e dai Paesi in sviluppo, per
estendere lo sfruttamento delle risorse del fondo, del sottosuolo
e delle acque sovrastanti, in una zona marina distante anche 200
miglia dalla costa, considerata di pertinenza dello Stato costiero.

Mare presenziale: di recente alcuni Stati, per salvaguardare


l’ambiente e la conservazione delle specie ittiche, hanno spinto
la presenza in mare aperto, ben oltre la zona economica, pur non
rivendicando una giurisdizione esclusiva in materia di pesca. Si
afferma solo la presenza dello Stato costiero a fini di lotta con-
tro la depredazione della fauna marina. Tali pretese, per ora,
hanno incontrato l’opposizione di molti Stati.

31. Il mare territoriale e la zona contigua.

Secondo il diritto internazionale consuetudinario, il mare terri-


toriale è sottoposto alla sovranità automatica dello Stato costiero,
così come la costa e la terraferma.
Montego Bay sul mare territoriale afferma due principi base:

art. 2/3 la sovranità dello Stato si estende, al di là del territorio e


delle acque interne, ad una zona di mare adiacente alle

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85

Per il diritto consuetudinario, ad imporre divieti e sanzioni per


inquinamento, sono lo Stato di bandiera e, nelle zone sottoposte alla
giurisdizione nazionale, lo Stato costiero. Stesso principio, grosso
modo, vige negli accordi internazionali.
Più restrittiva la normativa in materia di Montego Bay, secondo
cui lo Stato costiero può imporre misure coercitive solo se la nave si
trovi in un suo porto, a meno che non si tratti di casi gravi. L’interven-
to è ammissibile anche quando la nave in porto abbia inquinato una
zona non sottoposta alla giurisdizione dello Stato costiero.

Montego Bay e prassi ammettono, poi, l’intervento ecceziona-


le dello Stato costiero anche in acque internazionali, su una nave al-
trui, con lo scopo di impedire o attenuare i danni al proprio mare e al
litorale, derivanti da incidente già avvenuto. La materia è anche rego-
lata dalla Convenzione di Bruxelles (1969) sull’intervento in alto
mare, in caso di incidente che possa comportare inquinamento da
idrocarburi.

36. Gli spazi aerei e cosmici.

Le norme sulla navigazione aerea e cosmica si sono formate per


analogia a quelle della navigazione marittima per poi assumere auto-
nomia consuetudinaria. Anche esse comportano limiti alla potestà di
governo degli Stati. Due sono in principi generali in materia:

“TERRITORIALITA’”
- la sovranità dello Stato si estende allo spazio atmosferico sovra-
DELLO SPAZIO stante il territorio e il mare territoriale (principio sancito anche
ATMOSFERICO
dalla Convenzione di Chicago del 1944, istituita dall’Icao).

- lo spazio aereo, sovrastante l’alto mare e i territori inappropriati


LIBERA e inappropriabili, deve restare libero all’utilizzazione di tutti gli
UTILIZZAZIONE
DELLO SPAZIO
Stati che esercitano il loro esclusivo potere sugli aerei della
AEREO propria nazionalità.
Si tratta di due regole modellate sul principio dell’estensione della so-
vranità statale al mare costiero e della libertà dei mari.
La sovranità si manifesta soprattutto nella possibilità per lo Sta-
to territoriale di:

- regolare il sorvolo del proprio territorio;


- stabilire le zone interdette al sorvolo;
- indicare le rotte che gli aerei devono seguire;

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101

la Corte di Giustizia assicurerà protezione effettiva ai diritti fonda-


mentali. Tuttavia, la Consulta più recentemente, almeno in teoria, si è
comunque riservata la possibilità di verificare se una norma del Tratta-
to Ce contrasti con l’ordinamento interno o attenti ai diritti inalienabili
della persona. Al contempo, la Corte di Berlino si è riservata di inter-
venire nei casi in cui, attraverso le procedure innanzi alla Corte comu-
nitaria, non sia assicurata piena protezione dei diritti umani.

42. L’adattamento al diritto internazionale e le competenze del-


le Regioni.

E’ possibile che il diritto internazionale interferisca in materie


attribuite alla legislazione regionale, esclusiva o concorrente. Si pone
quindi il problema del coordinamento tra norme internazionali e
norme statali d’adattamento con le norme regionali.
La maggioranza della dottrina ritiene che all’immissione forma-
le del diritto internazionale nel nostro ordinamento debba provvedere
il potere centrale. Dello stesso avviso era la Corte Costituzionale
(sent. n. 46 del 11/07/61) che giudicò irrinunciabile il principio che
affida allo Stato, in via esclusiva, l’esecuzione interna degli obblighi
internazionali assunti, basandosi sull’art. 10 Cost., per quanto riguarda
il diritto consuetudinario, e sull’ordine d’esecuzione con legge ordina-
ria, per quanto riguarda i trattati. La riforma dell’art. 117 Cost. (con
Legge cost. n. 3 del 18.10.01), sia pure aprendo ad un rapporto tra Sta-
to e Regioni maggiormente federalistico, non cambia la natura della
prassi corrente. Esso afferma che all’attuazione e all’esecuzione degli
accordi internazionali e comunitari provvedono le Regioni, nel rispet-
to delle procedure stabilite da leggi dello Stato che disciplinano le
modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza
regionale.
In pratica, le Regioni in piena autonomia possono eseguire le norme
internazionali, ma solo quando siano introdotte nell’ordinamento in-
terno dal potere centrale. Quindi, il problema del coordinamento tra
legislazione regionale e statale interviene solo dopo che il diritto in-
ternazionale sia stato immesso nell’ordinamento, da analizzare quando
derivino limiti alla potestà legislativa e amministrativa regionale per la
presenza nell’ordinamento di norme di origine internazionale che in-
terferiscono nei settori di competenza delle Regioni.
E’ ormai accertato anche per le Regioni il dovere di rispettare
gli obblighi internazionali. Oggi l’art. 3 della Legge cost. del 18/10/01
impone al legislatore statale e a quello regionale il rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e internazionale.

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