La dottrina della conoscenza di Dio per connaturalità rappresenta
un aspetto profondamente significativo del pensiero di San
Tommaso d’Aquino. Essa si inserisce nel contesto della sua
epistemologia teologica e morale, che cerca di comprendere in che
modo l’uomo, creatura limitata e finita, possa giungere a conoscere
Dio, l’Essere infinito e perfetto. In questa prospettiva, la conoscenza
per connaturalità si distingue dalla conoscenza razionale e
scientifica, proponendo un’esperienza intima e personale che
scaturisce dalla trasformazione morale e spirituale dell’uomo.
La distinzione tra conoscenza razionale e conoscenza per
connaturalità
San Tommaso distingue tra due principali modi di conoscere Dio: la
conoscenza razionale e la conoscenza per connaturalità. La prima si
basa sull’uso della ragione naturale e del metodo dimostrativo.
Attraverso le "vie" della dimostrazione filosofica, come quelle
presenti nella "Summa Theologiae" (I, q. 2, a. 3), l’uomo può
arrivare a riconoscere l’esistenza di Dio come causa prima e
necessaria di tutte le cose.
La conoscenza per connaturalità, invece, non si fonda su
argomentazioni razionali, ma sulla partecipazione dell’uomo alla
vita divina attraverso la grazia e le virtù. Essa è una forma di
conoscenza che coinvolge l’interiorità dell’essere umano, derivante
dalla sua trasformazione morale e spirituale. Per San Tommaso, la
connaturalità è il risultato di un habitus, ossia una disposizione
stabile dell’anima che si sviluppa grazie alla pratica delle virtù
teologali (fede, speranza e carità) e delle virtù morali.
La conoscenza per connaturalità: natura e fondamenti
San Tommaso descrive la conoscenza per connaturalità come una
forma di "conoscenza per simpatia" o "per esperienza vissuta". In
altre parole, l’uomo conosce Dio non attraverso un ragionamento
discorsivo, ma mediante un’affinità spirituale che si sviluppa in virtù
della sua conformità alla legge divina e della sua unione con Dio
stesso. Questa conoscenza è particolarmente evidente nei santi e
nelle anime giuste, che, grazie alla loro intimità con Dio, giungono a
percepire profondamente la sua presenza e volontà.
Un passaggio chiave per comprendere questa dottrina si trova nella
"Summa Theologiae" (II-II, q. 45, a. 2), dove San Tommaso parla del
dono della sapienza come una forma di conoscenza connaturale. La
sapienza, essendo uno dei doni dello Spirito Santo, consente
all’uomo di giudicare rettamente le cose divine in base a un’affinità
con esse. Questo giudizio non si basa esclusivamente sulla ragione,
ma su una "connaturalità" con la verità divina, resa possibile dalla
carità, che unisce l’anima a Dio.
Il ruolo delle virtù teologali e della grazia
La conoscenza per connaturalità si radica nella vita di grazia e nelle
virtù teologali. La fede fornisce il fondamento della conoscenza
divina, permettendo all’uomo di accogliere le verità rivelate che
superano la portata della ragione naturale. Tuttavia, è soprattutto la
carità a rendere possibile la conoscenza per connaturalità, poiché
attraverso l’amore di Dio l’anima diventa partecipe della vita divina.
La carità, come spiega San Tommaso, non è semplicemente
un’emozione o un sentimento, ma un habitus soprannaturale che
orienta l’uomo verso Dio come suo fine ultimo. In virtù della carità,
l’uomo sviluppa un’affinità con Dio che gli consente di conoscere la
sua volontà e di conformarsi ad essa. Questo tipo di conoscenza è
profondamente personale e coinvolge l’intero essere umano,
superando la mera comprensione intellettuale.
La conoscenza per connaturalità nella vita morale
San Tommaso applica il concetto di conoscenza per connaturalità
anche alla vita morale. Egli sostiene che l’uomo virtuoso possiede
una sorta di "istinto morale" che lo guida nelle sue azioni. Questo
istinto deriva dalla connaturalità con il bene, sviluppata attraverso
l’abitudine alla pratica delle virtù.
Un esempio classico è quello del giudizio morale del giusto. Il
giusto, grazie alla sua connaturalità con il bene, è in grado di
discernere ciò che è conforme alla legge divina e agire di
conseguenza. Questa capacità non si basa su un ragionamento
teorico, ma su una "percezione" immediata del bene, simile a quella
di un musicista esperto che riconosce istintivamente una nota
stonata.
Obiezioni alla conoscenza per connaturalità
Nonostante la profondità e la coerenza della dottrina tomistica, la
conoscenza per connaturalità ha suscitato alcune obiezioni, che
meritano di essere considerate.
1. L’obiezione razionalista: Alcuni critici hanno sostenuto che
la conoscenza per connaturalità è soggettiva e priva di valore
epistemologico, poiché non si basa su argomentazioni razionali
o prove oggettive. Questo tipo di conoscenza, secondo i
razionalisti, rischia di ridursi a un semplice sentimento
religioso.
Confutazione: San Tommaso risponde che la conoscenza per
connaturalità non è una forma inferiore di conoscenza, ma una
modalità complementare che coinvolge l’intero essere umano.
Inoltre, essa si radica nella grazia divina e nelle virtù, che sono
realtà oggettive e non meramente soggettive. La conoscenza
per connaturalità non si oppone alla ragione, ma la perfeziona,
elevandola al di sopra dei suoi limiti naturali.
2. L’obiezione scettica: Secondo alcuni, la conoscenza per
connaturalità è inaccessibile alla maggior parte degli uomini,
poiché richiede un alto grado di perfezione morale e spirituale.
Questo la renderebbe poco rilevante per la vita pratica e
l’esperienza comune.
Confutazione: San Tommaso riconosce che la conoscenza per
connaturalità è più evidente nei santi e nelle anime
particolarmente virtuose, ma ciò non significa che sia
inaccessibile agli altri. Ogni cristiano, attraverso la vita di
grazia e l’esercizio delle virtù, può sviluppare una certa
connaturalità con Dio e con il bene. Inoltre, la conoscenza per
connaturalità non sostituisce la conoscenza razionale, ma la
integra e la completa.