Immanuel Kant
Immanuel Kant nacque a Königsberg, una città della Russia, nel 1724. Si iscrisse all’Università di
Königsberg, dove studiò loso a. Dopo gli studi, lavorò come precettore presso una nobile
famiglia locale. Successivamente, vinse un concorso che gli permise di diventare professore
all’Università di Königsberg.
Nonostante la sua brillantezza intellettuale, negli ultimi anni di vita le sue condizioni di salute
peggiorarono progressivamente, no a un declino mentale che lo rese incapace di comprendere
pienamente ciò che gli accadeva intorno.
Morì nel 1804
Kant viaggiò poco durante la sua vita, era noto per la sua precisione ed era molto stimato dai suoi
studenti
Un noto aneddoto sottolinea la precisione di Kant: ogni giorno faceva la sua passeggiata
pomeridiana sempre alla stessa ora. Gli abitanti di Königsberg, vedendolo passare, regolavano i
loro orologi
Tra le sue numerose opere, le più celebri sono:
- Critica della ragion pura (1781), un testo complesso che generò delle incomprensioni, tanto che
Kant dovette pubblicarne una seconda edizione.
- Critica della ragion pratica (1788), che si focalizza sulla morale.
- Critica del giudizio, in cui Kant esamina il tema del giudizio estetico e teleologico.
Queste opere sono di di cile lettura, poiché trattano argomenti complessi con uno stile rigoroso e
tecnico.
CRITICA DELLA RAGION PRATICA (1788)
La Critica della ragion pratica di Kant si occupa di etica, ovvero lo studio dei comportamenti
umani e della distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Nell’ambito dell’etica, una
visione molto di usa è il relativismo morale, che sostiene che, pur cercando dei principi morali, gli
esseri umani agiscono sempre in base ai propri interessi. Secondo questa prospettiva, anche
quando le persone sembrano perseguire la giustizia, alla ne lo fanno per convenienza.
Kant critica duramente questo relativismo morale perché crede nell’esistenza di una giustizia
universale. Per lui, il dovere morale non può derivare dall’esperienza o dall’interesse personale,
poiché questi condizionano il nostro comportamento. Secondo Kant, per superare il relativismo
morale, non dobbiamo lasciarci in uenzare dall’esperienza o dai contesti particolari. La distinzione
tra bene e male deve essere tracciata “a priori”, ossia prima dell’esperienza, per evitare di essere
in uenzati dalle circostanze esterne.
Kant osserva che, di solito, le persone valutano la bontà delle azioni in base alla loro utilità o ai
risultati che ottengono. Tuttavia, per Kant, questo è un errore: la vera bontà morale non dipende
dall’esito dell’azione, ma dalla motivazione che la ispira.
La morale, quindi, non si basa sull’utile, ma sul concetto di dovere
Kant distingue due tipi di regole che guidano le nostre azioni
1. Imperativo ipotetico: è la formula ‘’se… allora devi’’. Ad esempio, “se vuoi essere promosso,
devi studiare”. In questo caso, l’azione dipende da una condizione o da un obiettivo concreto.
2. Imperativo categorico: è la formula ‘’devi’’, senza condizioni. Devi fare qualcosa
semplicemente perché è giusto, come stabilito dalla ragione. Quando agiamo seguendo il
dovere, non dobbiamo farlo per ottenere un risultato o un vantaggio.
Kant ci o re una regola fondamentale da seguire per agire moralmente: ‘’Non devi mai trattare te
stesso o gli altri semplicemente come mezzi per raggiungere un ne, ma anche come ni’’ oppure
‘’Agisci in modo da considerare l’umanità nella tua persona e nella persona di ogni altro, sempre
come ne e mai come mezzo’’
In altre parole, dobbiamo sempre rispettare la dignità e il valore delle persone, inclusi noi stessi,
senza usarle solo per i nostri scopi.
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In ne, per Kant, la libertà è la condizione necessaria per poter agire moralmente. Non avrebbe
senso, infatti, dare ordini o giudicare una persona per le sue azioni se questa non fosse libera di
scegliere. Ad esempio, se un prigioniero evade, non possiamo giudicarlo moralmente, poiché non
agiva in una situazione di vera libertà.
Se, come sostiene Kant, l’umanità è il ne dell’agire morale e non un mezzo, diventa evidente che
alla base della legge morale vi è il rispetto della vita umana. Ma cosa signi ca esattamente
rispettare la vita?
Una risposta potrebbe essere: evitare l’omicidio. Tuttavia, dobbiamo chiederci se, ad esempio,
l’aborto volontario nei primissimi mesi di gravidanza possa essere considerato un omicidio.
Quando inizia realmente la vita?
Non sappiamo quale sarebbe stata la risposta di Kant a queste domande, ma è probabile che non
avrebbe accettato nessuna soluzione univoca o de nitiva, ritenendo queste questioni complesse
e di cili da risolvere.
‘’IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME, E LA LEGGE MORALE IN ME’’
Questo testo tratta un famoso concetto espresso da Immanuel Kant nella sua Critica della ragion
pratica. La frase iniziale è una delle citazioni più celebri di Kant: ‘’Il cielo stellato sopra di me, e la
legge morale in me’’
Kant descrive due realtà che suscitano nell’uomo ammirazione e rispetto: il vasto cielo stellato e
la legge morale che sentiamo dentro di noi.
Il primo spettacolo ovvero il cielo stellato, rappresenta l’immensità dell’universo. Di fronte a
questa vastità, l’individuo si sente piccolo e limitato, consapevole della sua nitezza e del suo
ruolo transitorio nel mondo. La materia di cui siamo fatti, infatti, dopo la nostra morte, deve essere
restituita alla terra.
Dall’altro lato, però, c’è la legge morale dentro di noi, che è considerata il secondo spettacolo e
rappresenta una dimensione altrettanto in nita. Questa legge non dipende dal mondo sensibile,
ma è universale, ed è quella che ci permette di elevarci oltre la nostra condizione sica. Pur
essendo creature nite, la legge morale ci conferisce una dignità particolare, collegandoci a un
mondo intelligibile che va oltre i limiti del nostro corpo e della nostra esistenza materiale.
Kant parla infatti di due mondi: il ‘’mondo sensibile’’, che è quello che percepiamo con i nostri
sensi, e il ‘’mondo intelligibile’’ che è quello delle idee, della moralità e dell’intelletto. La nostra
esistenza oscilla tra questi due mondi.
In conclusione, Kant spiega che la legge morale dà all’uomo una dignità speciale: non è solo
parte del mondo sensibile, ma appartiene anche a un mondo superiore, quello dell’intelletto e
della morale. Questo dà alla sua vita un signi cato che va oltre il semplice esistere sico.
Kant viene spesso descritto come un uomo noioso, estremamente metodico, ossessionato
dall’ordine e dalla puntualità. Tuttavia, ci sono testimonianze che o rono un’immagine diversa.
Herder, che fu suo allievo, lo ricorda come una persona spiritosa, piacevole e dotata di una forte
personalità, oltre che sereno. Anche Schiller, un importante losofo romantico, sottolinea la sua
serenità.
In realtà, Kant non era solo lo studioso monotono che spesso viene raccontato. Pur essendo
molto disciplinato e dedicato allo studio, era anche creativo. Era sistematico nel suo lavoro, ma la
sua mente era vivace e aperta a nuove idee.
LA METAFISICA
Kant non crede che la meta sica abbia un valore scienti co. Secondo lui, la meta sica non è in
grado di dimostrare nulla di concreto. Ad esempio, non accetta la prova ontologica, cioè
l’argomento che cerca di dimostrare l’esistenza di Dio. Per Kant, la mente umana non può arrivare
a dimostrare concetti come l’esistenza di Dio o l’immortalità dell’anima. Questi sono temi che
vanno oltre le capacità della nostra conoscenza razionale, e la meta sica non può fornire risposte
certe su di essi.
Nonostante le sue critiche, Kant è sempre stato a ascinato dalla meta sica. Egli divide le
domande della meta sica in tre grandi temi: la natura (‘’qual è l’origine dell’universo?), Dio
(‘’esiste un essere perfetto?’’) e l’uomo (‘’abbiamo un’anima?’’; ‘’cosa ci accadrà dopo la morte?’’)
Kant usa una metafora per spiegare il rapporto tra scienza e meta sica: paragona la scienza a
un’isola. Sull’isola della scienza sei al sicuro, perché essa si basa su ciò che puoi conoscere e
veri care. Tuttavia, il mare che circonda l’isola rappresenta la meta sica, che suscita curiosità.
Vorresti esplorarlo, costruire una barca e partire, ma la barca (la ragione) a onderebbe perché la
meta sica non o re basi solide come la scienza.
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Kant ammette di essere a ascinato dalla meta sica, ma il suo approccio è prudente. Rimanendo
sull’isola della scienza, possiamo analizzare come la nostra ragione percepisce il mondo, ma non
possiamo conoscere le cose nella loro essenza, cioè ‘’le cose in sé’’. Possiamo solo conoscere i
fenomeni (da φαίνομαι), cioè come le cose ci appaiono attraverso i nostri sensi e la nostra
intuizione.
I fenomeni sono percepiti da tutti allo stesso modo, ma l’interpretazione dei dati varia a seconda
del soggetto che li osserva.
‘’SOGNI DELLA METAFISICA SPIEGATI CON I SOGNI DI UN VISIONARIO’’
Kant scrisse un’opera chiamata “Sogni di un visionario spiegati con i sogni della meta sica”. Al
tempo di Kant, c’erano persone che sostenevano di avere visioni, come lo svedese Emanuel
Swedenborg, che a ermava di poter comunicare con gli spiriti dei defunti. Kant considerava
queste a ermazioni come semplici sogni, senza alcun legame con la realtà.
Nello stesso modo, Kant paragonava le dottrine della meta sica tradizionale a fantasie senza basi
reali, presenti solo nella mente delle persone. Secondo lui, queste idee, proprio come i sogni, non
hanno contatto con la realtà. Al contrario, la scienza è oggettiva, veri cabile e può essere
comunicata chiaramente a tutti.
CRITICA DELLA RAGION PURA (1781)
Kant, nella sua Critica della ragion pura, analizza come noi esseri umani conosciamo il mondo,
studiando le strutture della sensibilità e dell’intelletto. Divide la conoscenza umana in due grandi
sezioni: l’estetica trascendentale e la logica trascendentale.
1. Estetica trascendentale: studia le forme a priori della sensibilità, ovvero le strutture che
esistono già nella nostra mente e che ci permettono di percepire il mondo attraverso i sensi.
Queste forme a priori sono lo spazio e il tempo:
• Spazio: è la forma a priori che organizza ciò che vediamo. Quando osserviamo
qualcosa, percepiamo immediatamente le sue dimensioni e la sua posizione nello spazio. È un
programma che funziona principalmente con la vista.
• Tempo: è la forma a priori che organizza ciò che sentiamo, come ad esempio la
musica. Ci permette di mettere in ordine gli eventi in una successione. Questo programma è
legato all’udito.
Quindi, spazio e tempo sono come dei “programmi installati” nella nostra mente, che ci
permettono di percepire i fenomeni in modo ordinato. Questi due elementi sono indipendenti
dall’esperienza: esistono già nella nostra mente prima di percepire il mondo.
2. Logica trascendentale: studia come l’intelletto organizza e ordina i dati che provengono dai
nostri sensi. L’intelletto non si limita a ricevere passivamente le informazioni sensibili, ma le
riorganizza secondo determinate categorie o forme a priori. Kant individua 12 di queste
forme a priori, che funzionano come schemi mentali attraverso i quali ordiniamo l’esperienza.
Le nostre facoltà sono: sensibilità, intelletto e ragione. Un esempio di categoria è la causa ed
e etto, che ci permette di capire i rapporti tra gli eventi.
Immaginiamo l’intelletto come una libreria con 12 sca ali (le forme a priori). I dati sensibili (quello
che vediamo e sentiamo) sono come i libri che vengono messi sugli sca ali. Senza questi sca ali,
i libri sarebbero disordinati e confusi. Allo stesso modo, senza le forme a priori dell’intelletto, i dati
sensibili sarebbero caotici e non potremmo capirli. Però, se ci fossero solo sca ali vuoti senza
libri, non ci sarebbe nulla da ordinare. Questo signi ca che i concetti puri dell’intelletto (le
categorie) sono inutili senza i dati sensibili, e viceversa.
La nostra conoscenza si basa quindi su una combinazione tra la sensibilità (spazio e tempo) e
l’intelletto (le categorie). Questa capacità di mettere ordine nei dati sensibili è qualcosa che tutti
noi esseri umani facciamo naturalmente, senza saperlo.
Kant chiama la sua opera ‘’Critica della ragion pura’’, perché la ragione, secondo lui, deve
giudicare se stessa, come un tribunale. La ragione deve essere critica, cioè deve analizzare i
propri limiti e capire n dove può spingersi. Kant ritiene che la ragione non possa andare oltre il
mondo sensibile, cioè ciò che possiamo percepire attraverso i sensi. Se la ragione tenta di andare
oltre, si entra nel campo della meta sica, che per Kant non ha basi solide.
La meta sica cerca di spiegare ciò che è al di là della nostra esperienza sensibile (come
l’esistenza di Dio, l’immortalità dell’anima), ma secondo Kant è destinata a fallire perché la nostra
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ragione non può andare oltre i fenomeni, ovvero ciò che possiamo percepire. La meta sica si
occupa di concetti vuoti, senza dati sensibili a cui applicarli.
Secondo Kant, è la ragione che impone leggi al mondo, non il contrario. Ad esempio, le leggi della
geometria e della sica (come quelle di Euclide e Newton) non derivano dalla realtà esterna, ma
dalla nostra ragione. In altre parole, non vediamo il mondo come è in sé, ma attraverso le strutture
della nostra mente. Per questo, noi esseri umani percepiamo la realtà in modo diverso dagli
animali, perché la nostra ragione ci permette di ordinare il mondo secondo le nostre categorie
mentali.
Quindi, la matematica e la sica sono valide, perché si basano su queste strutture a priori della
nostra ragione. La meta sica, invece, cerca di andare oltre i fenomeni e per questo non può
essere una scienza valida.
Nell’intelletto, oltre alle dodici categorie, Kant introduce un principio uni cante fondamentale, che
chiama ‘’io penso’’. Questo concetto rappresenta l’attività di tutti noi e funge da principio unitario
delle categorie, un’attività che permette di uni care e integrare le diverse rappresentazioni del
mondo. L’“io penso” non è una sostanza o un ente concreto, ma piuttosto un’attività uni cante
dell’intelletto, che accompagna ogni atto di pensiero.
(non è un qualcosa come pensava Cartesio)
Tuttavia, questa attività uni cante ha dei limiti, che corrispondono anche alle nostre possibilità.
Kant utilizza due metafore per spiegare la sua concezione della conoscenza e della meta sica:
1. Prima Metafora: Kant paragona la nostra conoscenza a un’isola circondata da un mare
turbolento e minaccioso, che rappresenta la meta sica. L’isola simboleggia ciò che possiamo
conoscere attraverso la scienza e l’esperienza, mentre il mare rappresenta le illusioni e le
speculazioni che non possiamo veramente a errare.
2. Seconda Metafora: L’essere umano è, per natura, un navigatore che non si accontenta della
terra ferma della verità. Tuttavia, prima di intraprendere una navigazione rischiosa e spesso
senza scopo, sarebbe meglio esplorare l’isola della scienza, dove possiamo realmente
comprendere i fenomeni. Navigare nel mare della meta sica può risultare pericoloso perché
non possiamo rispondere a domande fondamentali su Dio, l’anima e il cosmo.
Kant distingue due concetti fondamentali:
1. Fenomeno: si riferisce a ciò che conosciamo, cioè le cose così come appaiono a noi
attraverso i sensi.
2. Noumeno: si riferisce alle “cose in sé”, ovvero ciò che non possiamo conoscere direttamente.
Quando navighiamo nel mare meta sico, cerchiamo i noumeni, ma, secondo Kant, non possiamo
mai trovarli. Le domande meta siche riguardano principalmente l’esistenza di Dio, la mortalità
dell’anima e la natura del cosmo. Queste idee rappresentano costruzioni illusorie tipiche della
meta sica classica.
I noumeni rappresentano i limiti oltre i quali l’intelletto umano non può spingersi. Nella metafora, il
noumeno è come il mare verso cui l’uomo cerca di navigare. Kant suggerisce che sia più saggio
esplorare l’isola della scienza, invece di avventurarsi nel mare ignoto della meta sica.
Andare oltre i dati sensibili implica porre domande esistenziali come se Dio esista, se l’anima è
immortale e com’è strutturato il cosmo. Queste tre idee ci portano a confrontarci con le antinomie
della ragione, ovvero le contraddizioni inevitabili che sorgono quando cerchiamo di rispondere a
queste domande.
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