catechesi
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La vita di Paolo
3 Un percorso di discernimento
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indice
La vita di Paolo. Un percorso di discernimento ............ 7
1. Sulla via di Damasco
(At 9; 22; 26) ................................................................... 15
2. La conoscenza di Gesù
(Fil 3,1-11; 1Tm 1,12-16; Gal 1,11-24; 1Cor 15,3-10) ..... 25
3. Le tenebre dell’uomo Paolo
(At 9,8-18; 22,11-13) ...................................................... 39
4. Conversione e delusione
(At 9,19-31; Gal 1,15-2,1; 2Cor 12,1-5)........................... 53
5. L’umiltà di Paolo
(At 20,17-24) ................................................................... 67
6. Conversione e rottura
(At 11,19-26; 13,1-3; 15,36-40) ...................................... 79
7. La trasfigurazione di Paolo
(2Cor 4, 7-11; Rm 5,1-11) ............................................... 95
8. Passio Pauli, Passio Christi
(At 21,27-36) ................................................................... 109
9. Dio è misericordia
(At 20,17-24) ................................................................... 125
Esame di coscienza ........................................................ 139
La vita di Paolo
Un percorso di discernimento
Il percorso di catechesi che proponiamo per accompagnare il cammino
dei capi e delle Comunità capi nell’impegno di far entrare nell’ordinaria
vita personale e di comunità lo stile e la pratica del discernimento, sono
state proposte dal Cardinal Carlo Maria Martini in un corso di esercizi spi-
rituali per sacerdoti tenuto nel 1981. Opportunamente modificate nei ri-
ferimenti al ministero sacerdotale, esse costituiscono un riferimento mol-
to significativo per la vita di tutti i cristiani. In particolare ci è sembrato
che rappresentino un valido aiuto per radicare tutti noi nello stile e nella
pratica del discernimento evangelico. Siamo convinti che il confronto con
l’esperienza umana e spirituale di un grande discepolo di Gesù, Paolo di
Tarso, possa giovare a tutti noi.
Mentre proponiamo all’Associazione questo percorso di catechesi siamo
consapevoli che un certo numero di Comunità capi ed anche di capi sin-
goli sta già (forse da tempo) lavorando sul testo di Amoris Laetitia in ambi-
to parrocchiale o diocesano, o per altre vie localmente disponibili. Anche
a loro potrebbe risultare utile questo percorso spirituale che, se da una
parte non vuole sostituirsi ai cammini già in corso, dall’altra intende offri-
re un punto di vista più ampio, valido non solo per le tematiche connesse
alla famiglia (a cui più s’indirizza Amoris Laetitia) ma per il discernimen-
to come tale. Proprio in quest’ottica ci sembra significativo che – recente-
mente – Papa Francesco abbia detto ai nuovi Vescovi che «il discernimen-
to del Vescovo è sempre un’azione comunitaria, che non prescinde dalla
ricchezza del parere dei suoi presbiteri e diaconi, del Popolo di Dio e di tut-
ti coloro che possono offrirgli un contributo utile, anche attraverso gli ap-
porti concreti e non meramente formali. […] Nel dialogo sereno, egli non
Pagina Meditazione
ha paura di condividere, e anche talvolta modificare, il proprio discerni- Contenuto documento Discernimento
documento Martini
mento con gli altri. […] Vi invito pertanto a coltivare un atteggiamento 6 1° Parte. In cammino nella Chiesa. introduzione 1
di ascolto, crescendo nella libertà di rinunciare al proprio punto di vista
7 1. L’essenza del discernimento 2
(quando si mostra parziale e insufficiente), per assumere quello di Dio».
10 2. Discernimento personale e discernimento pastorale 4; 8
Se questi atteggiamenti valgono per i Vescovi, potranno essere non meno
utili anche per qualunque capo scout e, più ancora, Comunità capi. 11 3. La specificità dell’AGESCI [scout] no-Paolo
13 2° Parte. 1. Accompagnare 9
Il cammino che vi proponiamo è stato pensato per offrire un concreto 14 2° Parte. 2. Discernere 2
supporto alla riflessione delle Comunità capi attraverso due differenti mo- 17 2° Parte. 2.1 La forma cristiana del discernimento 7
dalità a loro scelta: 18 [continua 17] 7
1) quella che dal documento rimanda alla catechesi;
21 Le strutture del discernimento cristiano 3
2) quella che dalla catechesi rimanda al documento sul discernimento.
24 Disposizioni interiori per il discernimento 5
Le nove meditazioni del Card. Martini sono presentate in altrettante 24 Elementi di riflessione all’interno del discernimento cristiano 5
“schede tematiche”, ciascuna delle quali porta l’indicazione delle 32 pagi- 25 Esito del discernimento cristiano 3
ne del documento sul discernimento (box esclusi) alle quali la riflessione 25 L’accompagnamento dei Vescovi… 4; 6; 7
biblico-teologica può dar luce. 26 Alcune specificità … del capo scout cattolico [scout] no-Paolo
- Nella prima modalità, la Comunità capi potrà partire dalla lettura del do- 26 Il Patto associativo [scout] no-Paolo
cumento e, passo per passo, affidarsi alla riflessione biblico-teologica con 27 [continua 26] no-Paolo
la stessa logica di chi mette la testa oltre le quinte di un palcoscenico per
28 2.2 La scelta di annunciare il Vangelo 5
vedere “cosa ci sta dietro”.
28 L’impegno di servizio educativo [scout] no-Paolo
- Nella seconda modalità invece, la Comunità capi potrà seguire passo
passo la proposta biblico-teologica in modo che il documento risulti pun- 29 Le nostre Comunità capi: situazioni particolari 6
to d’arrivo di una riflessione e consapevolezza spirituale già fondata. 30 2.3 Il discernimento nella vita scout cattolica 6; 8
30 3. Integrare 5; 8
Il percorso si conclude con la proposta di celebrare il Sacramento della Ri- 31 [continua] 5; 8
conciliazione come punto di efficace partenza per ognuno che voglia “di- 32 Lo scautismo dell’AGESCI e l’integrazione delle fragilità 6
scernere” la propria vita alla luce del Vangelo.
Catechesi di C.M. Martini su Paolo Catechesi di C.M. Martini su Paolo
1. Sulla via di Damasco (At 9; 22; 26) Documento Papa Francesco in Amoris Laetitia insiste con forza e ripetutamente sulla
discernimento pag. 6 necessità di entrare nel discernimento con l’atteggiamento dell’umiltà
Il discernimento cristiano ha la sua origine nella relazione fra l’uomo e (n. 300). In alcuni passaggi sembra quasi che sia l’unico vero criterio di
Dio. La presente meditazione interroga la vita di Paolo nel momento in verità del discernimento stesso. La meditazione sull’umiltà di Paolo ci dà
cui la relazione con Gesù ha il suo inizio: l’evento di Damasco. Ci interro- la possibilità di entrare in una comprensione più profonda dell’umiltà
ghiamo anche noi: quando siamo diventati cristiani, quando la nostra vita evangelica.
è cambiata, quando ci siamo convertiti?
6. Conversione e rottura Documento discerni-
2. La conoscenza di Gesù Documento discerni- (At 11,19-26; 13,1-3; 15,36-40) mento pagg. 25; 29;
(Fil 3,1-11; 1Tm 1,12-16; Gal 1,11-24; 1Cor 15,3-10) mento pagg. 7; 14 30; 32
Cercare di comprendere cosa fare in una situazione concreta mantenendo La storia dei burrascosi e intensi rapporti fra Paolo e Barnaba ci offre la
forte il legame con Gesù e il suo Vangelo rimanda a che cosa ‘conosciamo’ possibilità di riflettere sulla qualità dei rapporti personali e comunitari
di Lui. Una scarsa familiarità con Gesù e il suo Vangelo impoverisce il di- che devono accompagnare il discernimento. Tutto fra i due è lontano dal
scernimento cristiano. Che cosa ha conosciuto Paolo di Gesù a Damasco? quieto vivere e tutto animato da una ricerca piena di passione di che
Questa meditazione ci offre la possibilità di rileggere la nostra conoscenza cosa è giusto fare. Ma per capire il senso di quel rapporto sarà necessario
di Gesù confrontandola con quella di Paolo. rileggerlo dopo molto tempo. Un ammaestramento per noi.
3. Le tenebre dell'uomo Paolo Documento discer- 7. La trasfigurazione di Paolo (2Cor 4, 7-11; Rm 5,1-11) Documento discerni-
(At 9,8-18; 22,11-13) nimento pagg. 21; 25 mento pagg. 17-18;
25
Appena dopo l’incontro con Gesù, Paolo fa l’esperienza della cecità. La
pratica del discernimento ci invita a immergere l’impegno del prendere Le scelte che Paolo ha fatto e le esperienze che ne sono derivate lo han-
decisioni nella vita liturgica e sacramentale; in particolare l’eucarestia e la no cambiato, ‘trasfigurato’. Anche il discernimento matura scelte che ‘ci
Riconciliazione. La meditazione che segue ci introduce alla cecità di Paolo cambiano’. Resta da interrogarci se si tratta di un semplice cambiamento
come cammino penitenziale. umano o di una trasfigurazione, cioè di un cambiamento nel segno del
Vangelo.
4. Conversione e delusione Documento discer-
(At 9,19-31; Gal 1,15-2,1; 2Cor 12,1-5; Fil 3,2-4) nimento pagg. 10; 25 8. Passio Pauli, Passio Christi Documento discerni-
(At 21,27-36) mento pagg. 30-31; 10
Il cammino di discernimento esige tempo. E anche le scelte maturate
esigono tempo per essere comprese nei propri limiti e nelle proprie po- Le scelte che maturano nel discernimento cristiano non di rado esigo-
tenzialità. Talvolta l’invito della comunità a prendere tempo non è visto no il passaggio dalla ‘porta stretta’. Si tratta di una difficoltà a capire
come positivo. L’esempio di Paolo e il percorso interiore da lui compiuto e della necessità di un abbandono fiducioso a Dio pur nel dubbio più
a Tarso sono un grande insegnamento. profondo. Ancora una volta Paolo ci offre un esempio vivo di questo
passaggio difficile.
5. L’umiltà di Paolo Documento discerni-
(At 20,17-24) mento pagg. 24; 28; 9. Dio è misericordia (At 20,17-24) Documento discer-
30-31 nimento pag. 13
L’ultima parola di Paolo ai presbiteri di Mileto è anche l’ultima parola sul
discernimento: quella che rimanda alla Parola della Grazia di Dio annun-
ciata ed accolta come strada di salvezza e che rimanda all’esempio di una
vita completamente attraversata e modellata da tale annuncio.
G. Bindi
1. Sulla via di Damasco
(At 9; 22; 26)
Documento discernimento – pag. 6
Il discernimento cristiano ha la sua origine nella relazione fra
l’uomo e Dio (p. 22). La presente meditazione interroga la vita di
14 Paolo nel momento in cui la relazione con Gesù ha il suo inizio:
l’evento di Damasco. Ci interroghiamo anche noi: quando siamo
diventati cristiani, quando la nostra vita è cambiata, quando ci
siamo convertiti?
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
Il primo episodio che vogliamo meditare è l’avvenimento di Da-
Daniele Tavani
masco. Infatti se domandassimo a Paolo che si prepara a subire il
martirio, quale fatto sia stato determinante per la sua vita, non c’è
dubbio che ci risponderebbe: l’incontro di Damasco.
Tutta la vita dell’Apostolo è segnata da quell’evento. È difficile zelo, la sua abilità oratoria, la sua instancabile attività, nel servizio
per noi capirlo, perché, in realtà, Paolo stesso comprende solo al della nuova bandiera di Cristo. Qui c’è solo cambiamento di og-
momento della morte che cosa abbia significato per lui quell’e- getto, cambiamento di chiesa: prima serviva la Sinagoga, dopo la
pisodio. Probabilmente anche noi capiremo che cosa è stato il Chiesa di Cristo che ha visto come il cammino vincente.
dono della fede e del battesimo soltanto al termine del nostro Anche nella storia cristiana si ripetono quelle che chiamiamo con-
cammino. versioni e che invece sono cambi di bandiera; alle volte, poi, han-
D’altra parte, se partire da Damasco è difficile, perché è l’episodio no anche un successivo passaggio ad un terza bandiera.
che racchiude tutto e che si può comprendere solo nell’esame
delle conversioni successive, tuttavia è certo che per Paolo tutto Se noi interpretiamo la conversione di Paolo in questo modo, la
comincia da lì. Prima era tutto diverso; dopo tutto sarà diverso. conseguenza è che applichiamo alla conversione nostra o altrui
16 False interpretazioni
questi modelli interpretativi, riducendo di molto l’azione di Dio.
2. Cerchiamo poi di sbarazzare il campo da ciò che pensiamo e che
1. Cominciamo ad abbattere innanzitutto alcune idee false che noi noi facciamo dire a Paolo o che abbia detto sulla sua conversione.
ci possiamo fare di questo episodio. È un racconto talmente trito e La prima è proprio la parola «conversione».
ripetuto nella catechesi, nella liturgia, nell’arte – i quadri su Paolo, Mi pongo il problema se sia corretto parlare di «conversione di
per lo più, raffigurano il cavallo, la caduta, la luce –, da essere facil- Paolo», anche perché lui non usa mai quel termine per l’evento di
mente banalizzato, frainteso, colto riduttivamente, con delle con- Damasco. Forse non abbiamo capito molto di ciò che gli è acca-
seguenze gravi per il nostro modo di capire la via di Dio nell’uomo. duto: l’abbiamo classificato in un certo modo, riducendolo ad una
categoria semplice ma non esaustiva.
- Una prima idea falsa, o incompleta, è di pensare a Damasco sola- Sappiamo che il termine «conversione» è tipico del Nuovo Testa-
mente nell’ ottica di una conversione morale: Paolo era un grande mento: oggi, nelle nostre traduzioni, leggiamo «conversione» là
peccatore e, a un certo punto, avendo capito il male che stava fa- dove le traduzioni più antiche parlavano di «penitenza». C’è stato
cendo, cambia il modo di vivere. La conversione a livello di muta- evidentemente un cambio di linguaggio.
mento etico, che denota la tenace volontà di Paolo, segna un pro- Un tempo il primo annuncio di Gesù riportato in Mc 1, 15 veniva
fondo rivolgimento e un cammino interiore. In questa ottica tutto tradotto: «Fate penitenza e credete al Vangelo». Oggi traduciamo
si concentra su ciò che Paolo era, su ciò che fa per cambiare, su «convertitevi». La parola conversione ha preso più esattamente il
ciò che Paolo diviene. posto di «pentitevi» o «fate penitenza».
- Un’altra interpretazione riduttiva è quella di pensare a Pao- Nel Nuovo Testamento c’è quindi un vocabolario specifico della
lo come all’uomo che cambia bandiera. Uno zelante osservatore conversione che è bene ricordare, perché ci fa capire cose non del
della Legge che, a partire da un certo punto in avanti, butta il suo tutto esatte.
Il termine «conversione» è tipico della Bibbia in cui si usa il verbo Paolo capiva bene ciò che era una conversione e sapeva che la sua
ebraico “sub” che vuol dire “ritornare”. aveva tutte le caratteristiche di una conversione. Tuttavia l’even-
Conversione è esattamente quella manovra per cui si va in una di- to da lui vissuto ha avuto modalità più grandi e più profonde. C’è
rezione, a un certo punto ci si blocca e si ritorna indietro. anche da dire che, mentre i sinottici e gli Atti usano di frequente
Nel Nuovo Testamento l’idea del ritorno è espressa soprattutto il vocabolario della conversione, Giovanni non lo usa mai. Questo
con due verbi che troviamo nei sinottici e negli Atti: «metanoéin», dimostra che ci sono, nel Nuovo Testamento, punti di vista diver-
che significa cambiamento di mentalità; «epistréfo», che più pro- si per cogliere la complessità del fenomeno del cammino dell’uo-
priamente indica il «ritornare». mo verso Dio.
In Mc 1, 15: «Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino, conver- Giovanni preferisce dire: venire a Gesù, venire a lui, andare a lui.
titevi e credete al Vangelo», il vocabolo è «metanoéite». Mentre in L’idea fondamentale della conversione – che è profondamente bi-
18 Atti 3, 19 (il secondo discorso di Pietro) troviamo sia «metanoéin»
sia «epistréfo»: «Pentitevi, dunque, e cambiate vita, perché siano
blica – è espressa nel quarto Vangelo in termini di rapporto perso-
nale con Gesù, di sequela. Questo è già più vicino alla lettura che
cancellati i vostri peccati». Ritorna la traduzione «pentitevi» per Paolo ha fatto della propria conversione.
avere una varietà di termini rispetto all’altra «cambiate vita», ma
il senso è questo: cambio di mentalità; è il ritorno.
Anche la parola «pentitevi» ha un suo significato preciso; si rife-
risce sia al dolore interiore per ciò che si è fatto, sia alle forme
penitenziali che si assumono come simbolo dell’avvenuto cam-
biamento. Tutti i vocaboli vanno quindi presi insieme e il tema
fondamentale è quello del «ritorno». Secondo gli Atti degli Apo-
stoli, Paolo stesso usa questo linguaggio quando deve riassumere
la sua predicazione: «io predicavo ai pagani di convertirsi e di ri-
volgersi a Dio compiendo opere di vera conversione» (At 26, 20);
i due verbi sono «metanoéin» ed «epistréfein»; e parla anche di
opere di «metanoias».
Proprio per questo dobbiamo stupirci anche di più che l’Apostolo
non abbia mai descritto il proprio evento con la parola «conver-
sione». Non dice di aver fatto un’azione che definisce con «meta-
noéin» o con «epistréfein».
Spianata la strada da interpretazioni false e riduttive, vediamo li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustifica-
come l’Apostolo descrive l’evento di Damasco. ti; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8, 29-30).
La prima sorpresa è che lo descrive poco. Quell’evento fondamen-
tale per lui e da lui sviluppato in tutte le sue lettere, quasi lo tace. c) Nella prima lettera ai Corinti c’è un brevissimo accenno, in un
È l’episodio che al momento della morte penso abbia in maniera contesto polemico: «Non sono forse libero, io? Non sono un Apo-
chiara davanti agli occhi; eppure lui, che è così autobiografico, di- stolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro?» (1Cor 9, 1): Dama-
rettamente non ne parla quasi mai. Forse per Paolo ha contato di sco è stato un: « vedere il Signore ». E più avanti, nella stessa let-
più l’integrazione di Damasco nella sua vita, come l’ha vissuto e tera: «Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. lo
come l’ha riespresso nella teologia. infatti sono l’infimo degli Apostoli, e non sono degno neppure di
essere chiamato Apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di
20 Quali sono i pochi testi in cui ne parla? Dio» (1Cor 15, 8-9). Da lui che perseguitava la Chiesa l’evento di
Damasco è definito come apparizione «a me indegno». Ci sono
a) Delle grandi lettere, l’unico testo fondamentale in cui descrive gli elementi di conversione morale; ma il fatto è: Gesù è apparso.
l’incontro di Damasco è la lettera ai Galati: «Ma quando colui che
mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia d) C’è un altro passo importante perché, pur non parlando dell’e-
si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in vento, descrive il modo in cui Paolo l’ha vissuto: «Se alcuno ritiene
mezzo ai pagani» (Gal 1, 15-16). I verbi che usa per parlarne sono di poter confidare nella carne, io più di lui: circonciso l’ottavo gior-
quattro: mi scelse… mi chiamò… si compiacque di rivelare… per- no, della stirpe di Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da Ebrei,
ché lo annunziassi. fariseo quanto alla legge; quanto a zelo, persecutore della Chiesa;
Di questi verbi soltanto il terzo (rivelare) si riferisce direttamen- irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza del-
te alla conversione. Gli altri collocano la conversione in un qua- la Legge. Ma quello che poteva essere per me un guadagno l’ho
dro di provvidenza: mi scelse, si compiacque, cioè decise, volle ri- considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io re-
velare a me. L’esperienza è quindi descritta essenzialmente come puto una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cri-
rivelazione del Figlio a lui (secondo il testo greco «in» lui) e come sto Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste
missione. cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo
e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dal-
b) In un passo della lettera ai Romani Paolo trasferisce in un qua- la Legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la
dro di descrizione generale ciò che lui stesso ha sperimentato: giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede» (Fil 3, 4-9).
«Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche prede- Il prima e il dopo è in termini di possesso e povertà (nuovo pos-
stinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sesso di Cristo). Ma la descrizione di tutte le cose che aveva pri-
sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati ma ci deve far pensare. Nella lettera ai Corinti ha scritto: «Sono
l’infimo» (noi diremmo peccatore); ora si definisce «irreprensibile Prosegue: «Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo sen-
quanto alla osservanza della legge». Ecco perché non è facile usa- za saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha
re la categoria del peccatore e del bestemmiatore parlando di Pa- sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
olo. Se è irreprensibile, che cosa è cambiato? «Quello che poteva Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo
essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita a moti- Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il pri-
vo di Cristo». In lui è avvenuta una rivalutazione completa di tut- mo sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, per-
to il suo mondo; ciò che prima considerava importante, ora gli ap- ché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua
pare zero, non gliene importa più niente. Ciò che prima sarebbe magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per
stato per lui irrinunciabile, adesso è diventato spazzatura, perché avere la vita eterna» (1Tm 1, 13-16). Ecco tutto l’incomprensibile,
la conoscenza di Cristo ha assunto un primato assoluto, è la capa- ricchissimo mistero di questa conversione.
22 cità di riempire tutto. L’incontro, la conoscenza, la pienezza di Cri-
sto fa impallidire i suoi giudizi e le sue valutazioni.
L’evento di Damasco è dunque molto più complesso di un sempli-
ce episodio di una conversione morale, di un cambio di mentalità.
È qualcosa di talmente ricco che dobbiamo accostarci ad esso con
e) Un altro testo importante: «E Dio che disse: Rifulga la luce nelle
tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza
della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo» (2Cor 4, 6). Qui il
riferimento è ad ogni Apostolo, ma ha una forza particolare se lo
applichiamo alla conversione di Paolo. Il Dio della creazione riful-
ge nel suo cuore e lo illumina per fargli comprendere la ricchezza
di Cristo, sua vita.
f) L’ultimo passo è quello che più facilmente ci fa interpretare mo-
ralmente la conversione di Paolo. Sarebbe ingiusto trascurarlo,
anche se presenta dei problemi dal punto di vista del linguaggio:
«Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signo-
re nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi
al ministero: io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un
persecutore e un violento» (1 Tim 1, 12-13).
Ma allora, era un bestemmiatore e un violento? Era irreprensibi-
le – come scrive ai Filippesi –, o era un peccatore anche moral-
mente?
Camilla Lupatelli
grande umiltà e riverenza, convinti che ne capiamo poco, che ne
sappiamo poco ma che ne potremo conoscere molto di più per
2. La conoscenza di Gesù
grazia di Dio. Allora capiremo meglio noi stessi, il cammino della
nostra vita e le nostre conversioni.
(Fil 3,1-11; 1Tm 1,12-16;
Gal 1,11-24; 1Cor 15,3-10)
Le domande per noi
Documento discernimento – pagg. 7; 14
Terminiamo facendoci una domanda fondamentale, in consonan-
za con la meditazione: quando mi sono convertito io?
C’è nella mia vita un «quando» della conversione, a cui posso
24 fare riferimento come momento storico? Anche se non c’è stato
un «quando» temporale, certamente sono avvenuti momenti di
Cercare di comprendere cosa fare in una situazione concreta
mantenendo forte il legame con Gesù e il suo Vangelo rimanda
cambio, di rivolgimento, di crisi, che ci hanno portato a una nuo- a che cosa conosciamo’ di Lui. Una scarsa familiarità con Gesù e
va comprensione del mistero di Dio. il suo Vangelo impoverisce il discernimento cristiano. Che cosa
Se non abbiamo mai realizzato fino in fondo questo cambio di ha conosciuto Paolo di Gesù a Damasco? Questa meditazione ci
mentalità che è essenziale per la vita cristiana, noi non abbiamo offre la possibilità di rileggere la nostra conoscenza di Gesù con-
ancora colto che cosa è la novità del cammino cristiano, il ritorna- frontandola con quella di Paolo.
re indietro. Se non capisco bene le cose dette su Paolo, probabil-
mente è difficile che capisca che cosa è avvenuto in me. Preghiera iniziale
Preghiera finale Grazie Padre per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È lui che ci
ha portato qui. Noi abbiamo obbedito alla voce del suo Spirito, più
Signore, fammi conoscere la mia via. Fa’ che, come dice Geremia, profonda di tutte le ragioni umane. Siamo davanti a Te per dire la
io possa mettere nel mio passato dei paletti: «Rivedete le vie del tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un autentico Spirito di
passato, mettete dei paletti di riferimento». Aiutami a capire le ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo e della cresima,
tappe del tuo disegno, i momenti di luce e i momenti di ombra, di risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condotto fino a questo
prova, magari fino al limite della tolleranza. Donami di conoscere momento perché, ringraziandoti nella gioia, possiamo conoscere
a che punto sono in questo cammino e dove mi trovo. Te lo chiedo la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
per Cristo Signore nostro. Amen.
Vogliamo cercare di approfondire l’episodio di Damasco così come
Paolo stesso lo approfondisce in alcune lettere. Confessiamo la
nostra titubanza nel penetrare il mistero di Dio in un’altra perso- Qui si pongono dei problemi di critica storica. Non sembra che il
na, anche se Paolo è figura emblematica per tutto il cristianesimo. sinedrio, a quel tempo, avesse il potere di andare aldilà delle si-
Confessiamo volentieri anche la nostra incapacità di cogliere il nagoghe della Palestina e nelle sinagoghe stesse aveva un potere
senso dei testi. Il Signore ci usi misericordia e ci faccia cogliere limitato, non certo quello di uccidere. La stessa uccisione di Ste-
qualcosa di quella indescrivibile luce che ha avvolto e trasforma- fano è probabilmente un atto inconsulto, frutto di sommossa po-
to la vita dell’Apostolo. polare e al di fuori del diritto. Le sinagoghe potevano interrogare,
flagellare, imporre alcune penalità ed è in questo ambito che Pao-
Per comprendere la ricchezza dell’azione divina in Paolo, per ca- lo aveva operato all’inizio. Gli storici sono quindi dubbiosi davanti
pire ciò che lui ha detto della sua esperienza a cui fanno riferi- alla dizione «città straniere». Forse Paolo si è fatto dare delle let-
mento milioni di uomini, occorre aggiungere ai testi già citati le tere di raccomandazione e poi, con uno zelo superiore a quello di
26 tre descrizioni della sua conversione che si trovano negli Atti de-
gli Apostoli al cap. 9 (in terza persona) e ai capitoli 22 e 26 in for-
quasi tutti gli altri, si è recato in queste città per convincerle a per-
seguitare i cristiani. È un uomo dotato di grande inventiva nel per-
ma autobiografica. La descrizione del cap. 26 è la più ricca di spunti seguire ciò che gli sembra giusto: «In tali circostanze, mentre sta-
autobiografici, la più distesa e diffusa. Essa può servire come pun- vo andando a Damasco con autorizzazione e pieni poteri da parte
to di partenza per chiarire quali domande fare a Paolo, ascoltare dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una
le risposte che ci dà, sulla base del testo degli Atti e di quelli delle luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei com-
lettere già evocate. È l’ultimo discorso che Paolo fa in sua difesa di pagni di viaggio» (At 26, 12-13).
fronte ad Agrippa, a Cesarea. Le parole sono da considerare con attenzione: «una luce dal cie-
Recentemente sono stati scoperti i resti del palazzo imperiale: ed lo». Su questo Paolo ha molto riflettuto e ci ritornerà scrivendo ai
è proprio là, presso il mare, dove oggi le onde si infrangono sui ru- Corinti: «Quel Dio che ha detto: Sia la luce, è lo stesso che ha riful-
deri delle costruzioni romane, che Paolo ha parlato di sé: «Anch’io so nei nostri cuori» (2Cor 4, 6).
credevo un tempo mio dovere – avevo un forte senso del dovere – Il Dio della creazione che ha creato ogni luce gli si è manifestato
di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno, come con una luce ancora più grande: Paolo collega tutte le grandi opere
in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigio- creative di Dio nell’Antico Testamento con ciò che in lui è avvenu-
ne con l’autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti, e quando veni- to. Una profonda illuminazione la cui sorgente è la gloria del Cristo
vano condannati a morte, anch’io ho votato contro di loro – il caso stesso, alla luce del quale tutto il resto impallidisce.
cui si riferisce è evidentemente quello di Stefano e l’approvazione «Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in
da lui data alla sua morte, anche se non ha buttato le pietre –. In ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te recalci-
tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestem- trare contro il pungolo. E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore ri-
miare e, infuriando all’eccesso contro di loro, davo loro la caccia spose: lo sono Gesù, che tu perseguiti. Su, alzati e rimettiti in piedi;
fin nelle città straniere» (At 26, 9-11). ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle
cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo legame che mi riporta al figlio di Giacobbe;
ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprir loro - ebreo da ebrei: i possessi ricevuti, cioè padre, madre, nonni, tut-
gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di Sata- ti di questa gloriosa generazione;
na a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo - fariseo quanto alla legge: cioè ebreo della stretta osservanza, del
a coloro che sono stati santificati per la fede in me» (At 26, 14-18). rigore morale più assoluto, che più conosce la legge, che più vive
le tensioni spirituali profonde del giudaismo. Fariseo era nome
Mettendo insieme questo testo con gli altri, possiamo fare a Pao- glorioso che sottolineava l’impegno di vita vissuta nell’ambito del-
lo alcune domande: la legge, con una grande carica morale interiore.
- Da dove ti ha fatto uscire il Signore a Damasco, e dove eri quan- - Quanto a zelo, persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto
do la Parola di Dio ti ha raggiunto? alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge. È la stessa pa-
28 - Verso quale direzione ti ha portato questo avvenimento fonda-
mentale della tua vita?
rola di lode che viene applicata a Giuseppe: uomo giusto. Così
vengono anche descritti i genitori di Giovanni Battista, Zaccaria ed
- Come è avvenuto questo passaggio, cioè la tua pasqua dalla Elisabetta: erano entrambi giusti. La massima lode che si può fare
morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla non-conoscenza di dal punto di vista biblico, Paolo la applicava a sé.
Dio alla conoscenza di Dio?
Suggerisco qualche risposta.
Dove eri quando la Parola ti ha raggiunto?
La risposta è nel testo autobiografico della lettera ai Filippesi,
dove Paolo afferma che la Parola di Dio lo ha colto mentre era in
pieno possesso di valori fondamentali, a lui cari, e conquistati, in
parte, a caro prezzo: «sebbene io possa confidare anche nella car-
ne» (Fil 3, 4). Sono le realtà che vengono all’uomo dalla sua natu-
ra, dalla sua storia, dalla forza delle sue mani: «io più di lui». Ap-
partengono alla storia gloriosa di Paolo:
- circonciso l’ottavo giorno: non come i pagani, chiamati con di-
sprezzo incirconcisi, nel senso di maledetti, abbandonati, quelli di
cui Dio non sembra curarsi;
- della stirpe di Israele: del popolo eletto, luce delle nazioni;
della tribù di Beniamino: conosco il mio passato, i miei antenati, il
Giulia Jachemet
- Irreprensibile: «Chi di voi mi convincerà di peccato?», avrebbe come oggetto di possesso avido, da tenersi con bramosia. Così Pa-
potuto dire; olo viveva la sua realtà: un tesoro geloso che non poteva conse-
- Non c’era in me niente che mi si potesse rimproverare dal punto gnare a nessuno. La risultanza di questo possesso era la grande
di vista della legge: noi sappiamo quanto fossero minuziosi i co- cura nel difenderlo, il grande zelo nel promuoverlo, la grande vio-
mandamenti, le prescrizioni cerimoniali, e complicati i rituali. An- lenza contro tutti quelli che potevano attentare al tesoro.
che oggi il pasto ebraico è molto complicato, con prescrizioni di Ciò spiega la sua intolleranza verso i cristiani e il bisogno di ster-
cibi, mescolanze da evitare, alcuni cibi da verificare all’origine. È minarli, perché coglieva, giustamente, che essi andavano proprio
tutta un’attenzione che richiede una grande tensione spirituale. alla radice di quel tesoro.
Possiamo capire allora anche le autoaccuse che si farà e che ven-
Paolo è colto quindi in una situazione in cui possiede tradizioni, gono riferite nella prima lettera a Timoteo: «Ero stato un bestem-
30 impegno personale, zelo, giustizia: un insieme di grandi beni che
gli è immensamente caro, di cui fa l’elenco con profonda commo-
miatore, un persecutore e un violento» (1Tm 1, 13). Non un be-
stemmiatore nel senso che si rivolgeva contro Dio, ma nel senso
zione. Bisogna avere conosciuto gli ebrei per sentire con quanta che, senza saperlo, – ed è qui tutta la sua conversione, il dramma
intensità, anche oggi, dicono di essere ebrei, confessano la loro che lui vive – si rivolgeva contro Cristo, Figlio di Dio, per la difesa
stirpe e la loro tradizione. È qualcosa che entra nella carne come del suo tesoro. Ora è comprensibile che descriva la sua vita come
una seconda natura, un modo di essere irrinunciabile. Il caso più vissuta nel peccato perché, in realtà, – e se ne accorgerà sempre
tipico è quello di Simone Weil. Ella ha intuito in una maniera pro- più – il suo atteggiamento verso Dio era profondamente sbaglia-
fondissima i misteri del Battesimo, dell’Eucaristia, della preghiera, to. Non considerava Dio come Dio, autore e origine di ogni bene;
ha scritto delle pagine forse tra le più belle sulla vita cristiana, sul ma al centro di tutto c’era il suo possesso, la sua verità, i tesori che
lavoro, sulla contemplazione; ma non è mai giunta al Battesimo, gli erano stati affidati. Un atteggiamento esteriormente irrepren-
perché le sembrava di non poter rinunciare al suo essere ebrea. sibile ma che interiormente era di una possessività esasperata,
Pur intuendo profondamente la bellezza della realtà cristiana, tale da turbare in radice il suo rapporto con Dio, padre e creatore.
morendo dalla voglia di nutrirsi dell’Eucaristia, nella quale vedeva È lo stravolgimento che viveva senza saperlo e dal quale scaturirà
davvero il culmine della storia e della creazione, è stata fino all’ul- la sua comprensione nuova del Vangelo, della grazia, della mise-
timo bloccata dalla pienezza delle cose che le sembrava di pos- ricordia, dell’iniziativa divina, dell’attività di Dio. Egli viveva non il
sedere e dal bisogno di solidarietà con il suo popolo martoriato. Vangelo della grazia, ma la legge dell’autogiustificazione che gli
Paolo usa, sempre nella lettera ai Filippesi, una espressione che ri- faceva dimenticare di essere un pover’uomo, graziato da Dio non
ferisce a Gesù, ma che certamente, in questa luce, acquista un sa- perché fosse qualcosa in sé, ma perché Dio lo amava.
pore autobiografico: «Gesù Cristo, pur essendo di natura divina, Il dramma di Paolo è un dramma sottile, difficile, quale lo può vi-
non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Il te- vere un uomo profondamente religioso e minacciava di diventare
sto greco sembra voler dire « non considerò come preda», cioè distorsione radicale dell’immagine di Dio in lui.
Ecco da dove viene Paolo e la sua violenza ideologica. La violen- le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (Fil
za ideologica, frutto di fanatismo e dell’incapacità di capire gli al- 3, 7-8).
tri se non come sottomessi a se stessi, non è scomparsa ai nostri Lo ha portato verso la percezione che tutto questo non vale nien-
giorni. Ancora l’uomo cerca una salvezza propria, cerca una giu- te di fronte a Cristo: non in sé, ma di fronte a Cristo.
stizia e un’autogiustificazione che porta ad ogni genere di aberra- Lo ha portato ad una visione completamente nuova delle cose.
zioni, pago di un possesso in cui ci si crede totalmente padroni, e Non a un cambiamento morale immediato, ma ad una illumina-
non servi, della verità. zione: egli parla di rivelazione, perché mettendosi da un punto di
La situazione di Paolo è istruttiva a riguardo di alcune delle perver- vista nuovo, quello di Cristo, tutte le cose gli appaiono diverse.
sioni più profonde. Quelle che affronterà Gesù nel Vangelo quan- Egli giudica la sua vita in maniera così nuova che l’esclamazione
do dirà: «I peccatori vi precedono nel Regno di Dio». Vuol dire che che meglio riassume la sua risposta interiore alla parola di Gesù
34 chi commette dei peccati perché, ad esempio, si ubriaca o si lascia
vincere dalla sensualità, commette peccato, certo, ma è sempre,
sulla via di Damasco è: ho sbagliato tutto. Ho creduto valido ciò
che non lo era e mi sono lasciato trascinare ad un modo di agire
in qualche modo, conscio di fare il male: ha bisogno di compren- violento e, alla fine, ingiusto. lo che mi gloriavo della mia giustizia
sione, di aiuto e di misericordia per superare la propria debolez- sono diventato giustiziere degli innocenti.
za e confessa di essere fragile. Paolo invece non avrebbe mai con- Mentre Gesù gli chiede: «Perché mi perseguiti?», capisce, d’un
fessato di essere fragile e debole. Ed è questo il peccato che Gesù colpo, che ha confuso, miserevolmente, la verità delle cose. È
attacca nei farisei: quella perversione fondamentale per cui l’uo- comprensibile il terribile choc di Paolo che, non attraverso un ra-
mo si fa salvezza di se stesso e, credendo di essere giunto all’apice gionamento, ma attraverso una presa di contatto della verità, ca-
della perfezione, giunge alle più gravi aberrazioni della violenza. pisce che è tutto da rifare, da ribaltare dall’alto in basso. Analoga-
mente Matteo al cap. 13 descrive il mercante che, avendo trovato
Verso quale direzione ti ha portato il Signore? una perla preziosa, si accorge che tutto il resto non vale niente;
così come l’uomo che, avendo trovato il tesoro nascosto nel cam-
Paolo stesso ci fa comprendere nella lettera ai Filippesi e nella let- po, comprende che tutto il resto non ha alcun significato.
tera ai Galati il significato di questa direzione. Quello che è avvenuto in Paolo è una tale rivelazione dell’essere
di Gesù che gli ha fatto cambiare giudizio e atteggiamento su ciò
a) Prima di tutto il Signore lo ha portato verso un totale distac- che era e su ciò che faceva: una rivelazione che ha capovolto il suo
co da ciò che prima gli era sembrato sommamente importante: atteggiamento interiore.
«Quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considera- b) Il secondo modo che esprime «verso quale direzione» lo tro-
to una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ormai tutto io reputo una viamo soprattutto in un capitolo della lettera ai Galati: «Si com-
perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, piacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunzi assi in mez-
mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e zo ai pagani» (Gal 1, 15). È la missione che viene affidata a Paolo.
È sconvolgente per Paolo che le due cose avvengano insieme: nel- Questo è il primo aspetto del «come»: per grazia, per dono, per-
lo stesso momento in cui Gesù gli fa capire: «hai sbagliato tutto», ché piacque a Dio.
gli dice: «tutto ti affido», ti mando. - Tutto gli è stato dato, nella conoscenza di Gesù. Abbiamo già vi-
Il Dio del Vangelo e della misericordia è Colui che nell’istante in sto, infatti, che Paolo descrive la conversione in termini di incon-
cui mi fa capire che ho sbagliato tutto su di lui, perché ho messo tro (1Cor 15, 8). Cristo è la rivelazione dell’iniziativa divina e mise-
me stesso al suo posto, mi dimostra la sua misericordia nel perdo- ricordiosa per me. Cristo è l’incontro tra Paolo e Dio.
narmi e mi dà fiducia nel chiamarmi al suo servizio, affidandomi la
sua stessa Parola. Questo istante riassume per Paolo tutto ciò che Poniamoci anche noi alcune domande
egli sapeva di Dio in maniera sbagliata. L’oscuro diventa chiaro, il - Che cosa c’è in me di affine, di diverso o di analogo, all’esperien-
violento diventa misericordioso. za di Paolo?
36 Come è avvenuto questo passaggio?
- Come posso cogliere nella mia vita l’azione preveniente di Dio
che mi fa essere ciò che sono?
- Come e in quale maniera Gesù, che è stato per Paolo la rivela-
Vogliamo capire che cosa gli è stato rivelato e perché Paolo parla
di rivelazione, prima che di conversione.
- Tutto gli è stato donato: non c’è stato da parte sua sforzo, me-
ditazione, esercizi spirituali, lunghe preghiere, digiuni. Tutto gli
è stato donato, perché egli fosse per tutti i popoli segno del Dio
misericordioso, la cui iniziativa precede sempre la nostra ricerca.
Sarebbe bello rianalizzare il v. 15 del cap. 1 della lettera ai Galati
che usa un linguaggio antico testamentario per descrivere ciò che
è avvenuto in Paolo:
«Quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò
con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio». Il sog-
getto della conversione non è Paolo: è Dio. Tutto il peso è dalla
parte di Dio, lui è l’autore della conversione.
Come per la creazione «Dio disse e fu fatto», così per la conver-
sione l’iniziativa è Sua, al di là di ogni nostro merito, di ogni no-
stro desiderio o pensiero. Dio ci chiama e si compiace di manife-
stare a noi suo Figlio.
Daniele Tavani
zione della misericordia divina, è per me il punto di riferimento
fondamentale per comprendere chi sono, che cosa sono, da dove
3. Le tenebre dell’uomo Paolo
vengo, a che cosa sono chiamato?
- Quali sono i possessi che mi impediscono di cogliere con libertà
(At 9,8-18; 22,11-13)
l’iniziativa divina verso di me? Documento discernimento – pagg. 21; 25
Dobbiamo farci queste domande con amore: se le poniamo con
spirito possessivo o autogiustificativo, risponderemo in fretta e
non riusciremo a vedere in profondità la storia della nostra vita Appena dopo l’incontro con Gesù, Paolo fa l’esperienza della ce-
sotto lo sguardo di Dio. Ma se ci interroghiamo con amore e mise- cità. La pratica del discernimento (p. 23) ci invita a immergere
38 ricordia potrà emergere ciò che in noi è l’opera di Dio e ciò che in
noi è la resistenza di Paolo all’opera di Dio.
l’impegno del prendere decisioni nella vita liturgia e sacramen-
tale; in particolare l’Eucarestia e la Riconciliazione. La meditazio-
ne ci introduce alla cecità di Paolo come cammino penitenziale
(si veda Scheda a parte a fine sussidio)
Preghiera finale
Ci rivolgiamo direttamente a te, Apostolo Paolo. Tu vedi con quan-
Preghiera iniziale
ta presunzione pretendiamo di penetrare nel mistero della tua
vita che tu stesso hai ripensato in tanti anni. Se lo facciamo è per- Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
ché vogliamo conoscerti attraverso la conoscenza di ciò che Dio lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
ha fatto in te, conoscere chi è Dio, chi è Gesù Cristo, chi è Gesù per Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
noi. Noi sappiamo che tu, Apostolo Paolo, non sei indifferente di ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
fronte al nostro desiderio; anzi è il tuo desiderio. Tu hai vissuto per tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
questo, hai sofferto e sei morto per questo. È per la tua sofferenza e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
e per la tua morte che ora ti preghiamo. Apri i nostri occhi come il to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
Signore ha aperto i tuoi, perché comprendiamo la potenza di Dio siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
in te e la potenza di Dio in noi. Donaci di comprendere ciò che tu stro Signore. Amen.
eri prima della conversione, ciò che noi eravamo prima che Dio ci
chiamasse, ciò che noi siamo di fronte alla chiamata di Dio. Ci proponiamo in questa meditazione di approfondire un aspetto
Ascolta, o Padre, la preghiera che ti facciamo insieme con l’Apo- dell’evento di Damasco: «la cecità» che segue immediatamente la
stolo Paolo, insieme con Maria, Madre di Gesù. Per Cristo nostro conversione. Le tenebre non soltanto del Paolo storico, ma di Pao-
Signore. Amen. lo come uomo che vive questo momento di tenebra.
Il tema è difficile perché tocca le tenebre che sono in noi e che sconvolgere le vie diritte del Signore? Ecco, la mano del Signore è
non vorremmo mai affrontare. È un tema penitenziale. Chiedia- sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole”» (At
mo la grazia dello Spirito Santo per entrarvi con verità e con aper- 13, 9-11). Nel caso di Elimas però il significato simbolico della cecità
tura di cuore. è molto ben spiegato: egli deve smettere di sconvolgere le vie dirit-
te del Signore, di opporsi, con il suo modo di agire, alla vera imma-
È stato importante definire la conversione di Paolo come «rivela- gine di Dio. Quindi è il simbolo dell’uomo incapace di trovare la via
zione e illuminazione». Ora ci domandiamo come mai dopo la con- giusta, dell’uomo prigioniero delle forze di Satana, «figlio del dia-
versione Paolo è cieco. volo, nemico di ogni giustizia», «pieno di frode e di ogni malizia».
Questo fatto è sottolineato, con una certa enfasi, dal racconto de- È chiaramente l’immagine del peccato, di ciò che nel peccato par-
gli Atti: «Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva te dall’interno: «frode e malizia»; di ciò che parte dall’esterno: «fi-
40 nulla. Cosi, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove
rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevan-
glio del diavolo»; e nelle conseguenze: «nemico di ogni giustizia».
da» (At 9, 8-9). Si direbbe che l’illuminazione di Cristo, invece di ri- Per la cecità di Paolo non è facile invece rispondere, perché gli Atti
empirlo di gioia, di luce, di chiarezza, lo abbatte, quasi gli fosse ca- degli Apostoli non ce la spiegano, ma si limitano a descrivere il fat-
duta addosso una grave malattia; è incapace a vedere, a nutrirsi, è to a cui l’Apostolo non sembra mai accennare nelle sue lettere.
bisognoso di essere condotto. Cercando di riflettere e di entrare nel suo animo, possono emer-
La stessa cosa viene ripresa più avanti: «E poiché non ci vedevo più, gere due motivi.
a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei com-
pagni, giunsi a Damasco» (At 22, 11). E acquistò la vista quando La cecità come riflesso dello splendore di Dio
Anania gli si accostò dicendogli: «Saulo, fratello, torna a vedere! E
in quell’istante io guardai verso di lui e riebbi la vista» (At 22, 13). C’è anzitutto un motivo biblico ricorrente: «L’uomo non può vede-
re Dio senza morire». La visione di Dio è luce, ma per la carnalità
Perché Paolo è colpito da cecità dopo che gli è stato rivelato il mi- dell’uomo è motivo di spavento e fa percepire all’uomo tutta l’o-
stero luminoso di Cristo? scurità in cui si trova. A contatto con Dio che è luce, l’uomo si ri-
conosce tenebra. Paolo vive cosi il cammino penitenziale che non
La cecità nella Scrittura è chiaramente collegata col peccato, col di- era mai stato capace di vivere prima. La conoscenza della gloria di
sorientamento dell’uomo, con il suo barcollare incapace di trovare Cristo si riflette nella conoscenza della propria oscurità, vissuta da
una direzione. È un castigo: Elimas a Cipro viene colpito da cecità Paolo simbolicamente, con un simbolo reale, finché la parola del-
per castigo: «Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò la Chiesa, la parola di Anania, non interverrà a dargli il senso della
gli occhi su di lui e disse: “O uomo pieno di ogni frode e di ogni ma- sua accettazione nella Chiesa e della sicurezza di camminare nel-
lizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di la via di Dio.
La cecità è il riflesso negativo della gloria di Dio che gli è stata ma- terrorismo, la crudeltà stessa delle prigioni, con le uccisioni tra de-
nifestata. È tipico della conversione cristiana il fatto che l’uomo tenuti, dove si raggiunge una situazione da inferno e le persone si
venga a conoscere molto di più se stesso e a spaventarsi delle pro- odiano, pur essendo sottoposte alla stessa pena. Noi stessi rima-
prie tenebre quando conosce la luce di Dio, che non attraverso un niamo attoniti di fronte a certi omicidi barbari che succedono vi-
esame rigoroso, quasi una psicanalisi delle proprie profondità. È cino a noi, nel tempo e nello spazio. Dall’altra parte ci culliamo
al contatto col volto di Cristo che l’uomo si scopre tenebra! nell’idea degli uomini di buona volontà: tutti hanno buona volon-
tà, tutti sono abbastanza buoni.
La cecità come cammino penitenziale Non riusciamo mai a cogliere veramente il fondo di queste due
posizioni e ad accordarle tra loro: ci muoviamo un po’ in senso
Il secondo motivo che può spiegare la cecità è la partecipazione moralistico-deplorativo e un po’ in senso di bonaria comprensio-
42 di Paolo al peccato del mondo, la sua inserzione nell’umanità pec-
catrice.
ne per tutto. Spesso ci manca lo sguardo che sappia vedere il male
dell’uomo, ma con misericordia, e non soltanto in maniera deplo-
Ci chiediamo come l’ha vissuta e come gli si è presentata. rativa e pessimistica.
Non è necessario lavorare di fantasia, perché Paolo ha avuto modo Quali sono dunque le dimensioni delle tenebre e dell’oscurità di
di esprimere in diverse occasioni la propria visuale della peccami- cui Paolo ci parla nelle sue lettere, riflettendo su quanto gli è acca-
nosità di ogni uomo, dell’abisso di tenebre che è in agguato, sem- duto nel momento della conversione?
pre, in ciascuno di noi. Esso è vinto soltanto dalla forza di Dio, ma Possiamo esprimerle secondo tre livelli diversi:
potrebbe riemergere in ogni momento se Dio non fosse continua- a) il livello del peccato personale;
mente vincente. E quando la forza di Dio è da noi rifiutata o tra- b) il livello del peccato fondamentale;
scurata, allora torna a galla ciò che Paolo chiamerà il peccato per- c) il livello del peccato strutturale.
sonificato.
Riflettere sulle tenebre che sono nel cuore dell’uomo non è sem- Il peccato personale
plicemente fare una meditazione descrittiva di qualcosa che è lon-
tano da noi, ma è realtà che è in noi, anzi è in agguato dentro di A tal proposito i testi da segnalare sono due: «Del resto le ope-
noi. La dolorosa esperienza storica di ciascuno di noi sa che questo re della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio,
essere in agguato può trasformarsi, certe volte, rapidamente ed in idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisio-
maniera imprevista, in realtà. È questo un discorso impopolare e ni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste
difficile da tradurre in linguaggio quotidiano. cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non eredi-
Noi oscilliamo sempre fra due posizioni. Da una parte talora de- terà il regno di Dio» (Gal 5, 19-21). Siamo al livello dei peccati sin-
ploriamo la malizia dell’uomo, quando vediamo fatti sconcertan- goli, personali: è un elenco impressionante dei quattordici atteg-
ti. Intendo accennare alle violenze, a forme di crudeltà tipiche del giamenti negativi dell’uomo, che Paolo trae dalla esperienza sua e
del suo tempo. Una visuale molto realistica ed insieme pessimistica la parola fondamentale di Gesù nel cap. 7 di Marco ai vv. 21-22:
dell’uomo che si muove nell’ambito dei propri interessi. «Dal cuore dell’uomo nascono queste cose». E non soltanto dal
Sono le opere della carne. Sono le opere che nascono nell’uomo cuore di un uomo che per caso è nato in situazione disgraziata, ma
che vive nell’ambito del proprio puro tornaconto. L’uomo si rive- dal cuore di ogni uomo.
la allora come un essere pieno di «fornicazione, impurità, liberti- Confrontando la lista paolina con quella di Gesù, cogliamo l’inse-
naggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia». È uno sguardo gnamento fondamentale: tutte queste cose sono dentro di noi.
drammatico sulla società e la gente del suo tempo. Sapere che sono dentro di noi ci spinge a prenderle molto più sul
L’altro testo riprende questo quadro con nuove pennellate, facen- serio e a riflettere con attenzione. Pensiamo per esempio a un
do una lista di ventuno atteggiamenti negativi: «Poiché hanno di- tema che ricorre in tutte e due le liste: l’invidia. Oppure ai dissen-
sprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia d’una si, divisioni, fazioni. Com’è vero che sono sentimenti che albergano
44 intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi
come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di
nel nostro cuore! Clemente Romano scrive che Paolo è stato ucci-
so per invidia: non è stata la persecuzione, la cattiveria dei pagani,
malizia; pieni d’invidia, d’omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; ma l’invidia di alcuni che, essendo suoi rivali, lo hanno denuncia-
diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaro-
ni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuo-
re, senza misericordia» (Rm 1, 28-31). È una descrizione che sem-
bra persino retorica tanto è gonfiata nelle parole, ma reale, dei fatti
e della società del suo tempo.
Rileggendo queste due liste ci domandiamo che tipo di descrizio-
ne è. Sono peccati sociali, cioè peccati nel comportamento verso il
prossimo: tutto il modo distorto dell’uomo di agire verso il fratel-
lo, frutto di una errata cognizione di Dio, e in ultima analisi di una
sbagliata concezione della vita fondata sull’egoismo.
L’Apostolo vuole dimostrare alla gente del suo tempo – che era or-
gogliosa tanto quanto la nostra, che pensava di avere cultura, civil-
tà, diritto, leggi, di essere infinitamente superiore ai barbari – che
sono dei poveri uomini in preda ad ogni forma di depravazione
perché cercano il proprio tornaconto personale.
Paolo fa una descrizione delle cose così come le vive e le vede, ma
sa benissimo che ciò che descrive ha radice anche in lui. Secondo
Camilla Lupatelli
to. Ciò vuol dire che la comunità cristiana era soggetta a dissen- bandonati in balia d’una intelligenza depravata, sicché commetto-
si, rivalità, divisioni, fazioni che ad un certo punto si avvalevano no ciò che è indegno» (Rm 1, 28).
dei pagani per le proprie manovre e le proprie vendette. C’era cer- È questo uno degli aspetti del peccato radicale a cui l’uomo è in-
tamente l’autorità pagana che portava avanti la persecuzione ma clinato e a cui ciascuno di noi è profondamente proteso e inevita-
non sarebbe arrivata a tanto, nei riguardi di Paolo, se i cristiani fos- bilmente attratto, se la forza di Dio non venisse in nostro soccorso.
sero stati più uniti. Qual è questo peccato fondamentale?
La stessa morte di Pietro viene attribuita ad invidia, a delazioni e a Si può esprimerlo in tanti modi e ciascuno a partire dalla propria
spinte venute dall’interno del gruppo dei credenti giudeo-cristia- esperienza. È «il peccato» di cui Giovanni parla nel quarto Vange-
ni, o di gruppi rivali. Pensiamo ad altre parole di quella lista: diffa- lo usando quasi sempre il singolare. È, sostanzialmente, il non vo-
matori e maldicenti, e ci accorgiamo che spesso lo siamo anche noi ler riconoscere Dio come Dio, è il peccato che sta alla radice della
46 nel modo di parlare degli altri.
Se continuiamo a rileggere l’elenco, scopriamo come esso è vici-
rivolta di Satana: non riconoscere che la nostra vita è determinata
solo dall’ascolto di Dio.
no all’esperienza nostra di ogni giorno e che talora questi atteggia- La radice nascosta, e quindi non facilmente esplicitabile, di tut-
menti emergono in maniera clamorosa, proprio perché è mancata to ciò che è chiamato laicismo sta proprio qui. Non si tratta di
la vigilanza e l’attenzione a cogliere il male dentro di noi e a sotto- una propensione cattiva, come ad esempio nella scelta del furto,
porlo continuamente alla luce di Dio. Non c’è niente di più danno- dell’ingiustizia, della menzogna. Il peccato sta nel dire che non c’è
so come il venir meno alla vigilanza evangelica che è una delle vir- bisogno dell’ascolto di Dio, che non è la Parola di Dio a determi-
tù fondamentali. nare la vita ma, ultimamente, la nostra sola scelta. Ecco il peccato
Queste opere della carne che troviamo nelle lettere dell’Aposto- fondamentale da cui tutto il resto deriva, al quale sono sottese tut-
lo servivano da liste penitenziali sulle quali si esaminavano i cate- te le mancanze personali. Per Paolo la distorsione fondamentale è
cumeni e su cui si confrontavano i cristiani nella loro esperienza di quella di non riconoscere il Dio del Vangelo; è la tendenza a negare
penitenza. Questo livello del peccato personale ci tocca tutti, per- che l’uomo è fatto per l’ascolto di Dio, a vivere della sua Parola; è
ché sono cose immediatamente percepibili nei loro effetti di in- il rifiuto istintivo e diabolico in sé, perché irragionevole, di lasciar-
giustizia e sono in noi con le loro radici, nelle propensioni negati- si amare e salvare da Dio e di vivere del suo amore. Questo rifiuto
ve che abbiamo. può assumere, come in Paolo, persino il colore dello zelo: vantan-
dosi della sua tradizione, della sua onorabilità, egli di fatto rifiutava
Il peccato fondamentale la misericordia di Dio come determinante per la sua vita.
È il peccato che veramente ha bisogno di essere curato nell’uomo,
Paolo va ancora in profondità e, seguendo l’insegnamento di Gesù, perché sia curata la radice delle opere della carne. Ingiustizia, mal-
denuncia il peccato fondamentale che sta alla radice di tutti gli al- vagità, cupidigia, malizia, invidia non sono semplici fragilità e de-
tri: «E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha ab- bolezze ma derivano da un’origine più profonda.
L’uomo è maledettamente scontento di sé e la sua scontentezza dosi, si rinchiude in sé, si arriccia contro le difficoltà, si rinchiude
è venuta fuori in forme paradossali, abnormi. Questa scontentez- nel possesso e nell’autodifesa e così rifiuta la dipendenza da Dio,
za di sé è, in radice, il rifiuto di essere amato, di lasciarsi amare; il dalla sua Parola e dalla sua misericordia.
fissarsi talmente nella propria autonomia da farsene un idolo, con Nei casi peggiori resta travolto e nega la trascendenza di Dio. Nei
tutte le reazioni di tristezza o di disperazione che ne seguono e con casi migliori, l’uomo arriva a vivere il dualismo per cui nei momen-
tutte le conseguenze di crudeltà, di ingiustizia che sono l’apice del- ti buoni gli sembra di essere teso all’ascolto della Parola, e poi,
la malvagità umana. Solo così possiamo spiegare i grandi massacri, nell’incalzare delle circostanze, specialmente avverse – amarezze,
anche recenti, della storia, le uccisioni spietate che sono avvenute delusioni, odi, contrasti, ingiustizie che subisce e che ha voglia di
e che avvengono in momenti di rivolgimenti politici, sociali, in cui ritorcere – si difende ad ogni costo, si oppone agli altri e soprattut-
si sfoga un’interiore disperazione dell’uomo. Chi è scontento di sé to non fa più riferimento alla Parola di Dio.
48 infierisce sugli altri.
Grazie a Dio solo raramente noi incontriamo nella vita questi casi
Paolo ha toccato con quel «peccato che abita in me» la profonda
miseria dell’uomo, difficile a capirsi, però sperimentabile negli ef-
limite: però li incontriamo, ci sono e fanno la storia. Ciò che è av- fetti, nelle conseguenze, nelle situazioni storiche.
venuto infatti nei campi di concentramento al tempo di Hitler non
si può spiegare se non con questo sorgere del demoniaco rifiu- Il peccato strutturale
to di Dio.
Paolo parlando di questo peccato ci sconcerta perché, riferendolo È la condizione dell’uomo storico per cui, di fatto, nelle durezze
a se stesso e ad ogni uomo, sottolinea che è invincibile. della vita si restringe in se stesso e, senza volerlo, diventa avido,
«Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di car- ingiusto, difensore del proprio bene ad ogni costo. Non è eviden-
ne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire nep- temente soltanto il frutto della malizia individuale ma è la condi-
pure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quel- zione culturale nel senso vasto della parola, sociale, dell’uomo sto-
lo che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco rico. È il peccato inserito nei sistemi di vita, nella mentalità, nelle
che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il pecca- idee ricevute; è un modo di essere e di vivere che la Scrittura chia-
to che abita in me. lo so infatti che in me, cioè nella mia carne, non ma «mondo», in senso negativo, in cui, aldilà delle belle parole,
abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di prevale il tornaconto, il bisogno di sopraffare gli altri, di contrattac-
attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che care, di polemizzare per primo per non essere sottomesso. Questa
non voglio» (Rm 7, 14-19). realtà conflittuale noi non l’abbiamo scelta e potremmo, come don
È una impotenza umana storica, misteriosa, paradossale fino a Abbondio, pensare di esserne a lato. Resta però il fatto che ci ac-
sfiorare l’assurdo. L’uomo desidera il bene, ma si accorge che non corgiamo di non poterla sfuggire.
lo realizza. Condizionato dalle vicende, dalle tensioni, dalle diffi- La condizione umana che lo stesso Paolo analizza in modo mol-
coltà, dalle opposizioni che deve superare, si indurisce e, induren- to drammatico, non possiamo dire che non sia vera; se riflettiamo
con attenzione vediamo che noi stessi ne siamo condizionati. Non profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di ala-
poche delle idee ricevute come ovvie sono frutto di questa men- bastro e versò l’unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sde-
talità, non poche delle nostre scelte istintive sono dovute a questa gnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco di olio profuma-
mentalità. Quando esaminiamo la storia del passato e ci meravi- to? Si poteva benissimo vendere quest’olio a più di trecento denari
gliamo che si siano compiute alcune scelte, anche nella storia della e darli ai poveri!” Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse:
Chiesa – come la tortura o la guerra – dovremmo capire che quella “Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di
gente viveva secondo le idee ricevute. Era praticamente impossi- me un’opera buona”» (Mc 14, 3-6).
bile per loro sottrarsi ad una certa mentalità, che poteva portare a Si tratta di un giudizio su un’azione particolare. Gesù e la donna si
commettere ingiustizie. Fa parte del cammino storico dell’uomo il trovano soli e coloro che li circondano, agendo per motivi istintivi,
vivere sottomessi alla mentalità del proprio tempo e compiere del- condannano quel gesto, non lo sanno capire. È un caso tipico della
50 le scelte inavvertite che forse fra uno o due secoli appariranno sba-
gliate ma che oggi, istintivamente, compiamo.
forza della mentalità che si comunica dall’uno all’altro e non per-
mette l’apertura alla verità di un gesto che ha un significato profe-
Questo peccato strutturale, inserito nella vita sociale, economica tico. Agendo con le convinzioni ordinarie, con quello che sembra il
e nella mentalità, Paolo lo denuncia, ed è un aspetto della realtà
perché, mentre lo denuncia, afferma che nel più profondo del cuo-
re dell’uomo c’è una mentalità opposta: l’apertura a Dio.
L’uomo è prima aperto a Dio che chiuso; però storicamente la
chiusura a Dio è quella che scoppia e si manifesta in determina-
te circostanze.
La salvezza che Dio offre all’uomo è il ritrovare, il rivivere per gra-
zia e per misericordia, nella pienezza dell’incontro con Cristo, la
potenzialità di quell’apertura originaria che crea la mentalità del
bene, la cultura positiva.
L’uomo non può riconoscere tutto questo se prima non ha la per-
cezione del male. Tale conoscenza del male non dev’essere fon-
te di pessimismo sistematico; essa è un fatto che ci permette un
giudizio vero sulla realtà. Può spiegare meglio ciò che ho detto sul
peccato strutturale e sul modo con cui ci avvolge, un esempio del-
la vita di Gesù. È l’episodio che prelude alla passione: «Gesù si tro-
vava a Betania nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a
mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio
Daniele Tavani
comune buon senso, tutti si mettono contro Gesù che rimane solo.
Paolo vive in sé, e con il mondo con cui si sente solidale, tutta la re-
4. Conversione e delusione
altà di questa mentalità comune quando dice: «lo sono uno sven-
turato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,
(At 9,19-31; Gal 1,15-2,1;
24). In altri termini: non c’è scampo per me di fronte alla realtà di 2Cor 12,1-5)
questa situazione. E subito aggiunge: «Siano rese grazie a Dio per
mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (Rm 7, 25). Documento discernimento – pagg. 10; 25
Nella sua cecità l’Apostolo è penetrato, fino in fondo, al di là di
quello che è dato all’uomo normale nel mistero delle tenebre
dell’uomo e ha così potuto comprendere la potenza della luce di
52 Cristo e delle sue capacità di rifare un mondo nuovo.
Nell’esperienza delle tenebre ha percepito la potenza dell’illumi-
Il cammino di discernimento esige tempo. E anche le scelte
maturate esigono tempo per essere comprese nei propri limi-
nazione battesimale a cui, allora, si è sottoposto volentieri per ti e nelle proprie potenzialità. Talvolta l’invito della comunità a
mano di Anania, ricevendo nella Chiesa e dalla Chiesa la poten- prendere tempo non è visto come positivo. L’esempio di Paolo e
za di salvezza. il percorso interiore da lui compiuto a Tarso sono un grande in-
segnamento.
Preghiera finale
Preghiera iniziale
O Signore, tu ci scruti e ci conosci, sai quanto siamo incapaci di
comprendere il tuo e il nostro mistero. Conosci la nostra incapa- Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
cità a parlare di queste cose con verità. Ti chiediamo, o Padre, nel lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
nome di Gesù: manda a noi il tuo Spirito che scruta le profondità Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
dell’uomo, che sa ciò che c’è dentro di noi, perché ci renda capa- ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
ci di conoscerci come siamo conosciuti da te nelle profondità del tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
nostro male, con amore e con misericordia. Fa’ che noi guardiamo e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
con occhio vero ciò che c’è in noi di peso, opacità e opposizione a to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
te; fa’ che sappiamo guardarlo nella luce misericordiosa che vie- siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
ne dalla morte e risurrezione del tuo Figlio, Gesù Cristo nostro Si- stro Signore. Amen.
gnore, che con lo Spirito vive e regna con te per tutti i secoli. Amen.
Ci proponiamo di riflettere su come Paolo ha vissuto il periodo
che comprende circa dieci anni dall’evento di Damasco. Se collo-
chiamo l’incontro di Damasco verso l’anno 34-35 arriviamo fino al ne io possa confidare anche nella carne» (Fil 3, 2-4). Ritornano al-
45-46, che segna l’inizio della prima missione dell’ Apostolo vera- cune frasi della lettera ai Galati che fanno pensare ad un collega-
mente riuscita, a Cipro ed in Asia Minore. mento delle emozioni di quel tempo.
Sono dieci anni di esistenza oscura e difficile.
Paolo non ne parla molto, forse anche per un certo pudore, per- La storia dei fatti
ché dovrebbe dire delle cose spiacevoli verso la comunità che l’ha
accolto: qua e là, però, qualcosa trapela. Cosa è avvenuto in realtà? Alcuni fatti sono abbastanza evidenti.
Teniamo poi presente che egli incomincia a scrivere dopo 13-14 Dopo la conversione, Paolo comincia a predicare, probabilmente
anni dall’esperienza di Damasco, quando ha ormai raggiunto la non abitando sempre a Damasco; e qui c’è la sua permanenza in
maturità e la pienezza del Mistero di Cristo che aveva visto. Arabia, forse nei dintorni delle città presso popolazioni arabe, per-
56 Vogliamo capire cosa è successo, perché rappresenta un tipico ap-
profondimento doloroso e insieme costruttivo della conversione
ché la sua presenza non era tanto gradita.
Ad un certo punto le autorità si preoccupano e suscitano una tale
fondamentale. opposizione che deve fuggire. Non si legge che la comunità lo ab-
I testi importanti per inquadrare la tematica sono sparsi in vari
punti del Nuovo Testamento:
- At 9, 19-31: in cui si potrebbe notare, un po’ maliziosamente, an-
che se non è nell’intenzione del testo, che, partito Paolo per Tar-
so, la Chiesa è in pace; si è tolta di mezzo una persona che creava
scompiglio e disturbo.
Un altro testo interessante lo troviamo in Gal 1, 15-2, 1 in cui si
narra un’altra serie di fatti.
Per analogia con questi quattordici anni, aggiungiamo un altro te-
sto: 2Cor 12, 1-5.
Paolo è molto rispettoso nel descrivere l’atmosfera di questi anni,
ma qualche volta si scatena. Come, ad esempio, nella lettera ai
Filippesi, là dove, ritrovandosi in situazione analoga a quelle già
vissute, dice: «Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai,
guardatevi da quelli che si fanno circoncidere! Siamo infatti noi i
veri circoncisi, noi che rendiamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e
ci gloriamo in Gesù Cristo, senza avere fiducia nella carne, sebbe-
Daniele Tavani
bia né sostenuto né richiamato: rappresentava un fattore di di- Dopo ventotto anni dalla conversione, Paolo ha imparato a calco-
sturbo, anche se lo ammiravano per il suo zelo. lare la vita secondo un ritmo sacro: ha già visto in una luce provvi-
Dopo questa fuga non si ricorda più che sia ritornato a Damasco o denziale ciò che gli è avvenuto e si è addirittura accorto che que-
abbia di nuovo coltivato quel gruppo di discepoli. sto coincideva con il computo sacro del tempo. Ma mentre viveva
A Gerusalemme succede un po’ la stessa cosa: non dei pericoli quei periodi intermedi, non aveva ancora la chiarezza del perché
clamorosi come quelli di Damasco, e quindi non una fuga cosi av- la sua vita si svolgesse così.
venturosa. Però la sua predicazione diventa via via troppo vistosa, La storia dei dieci anni dopo Damasco (che copre l’arco dell’età di
i fratelli si preoccupano di lui e lo riportano in patria. In altre paro- Paolo dai 25-30 anni ai 35-40 anni) possiamo ricostruirla, dunque,
le, viene ringraziato e rimandato. come disagio a Damasco, incomprensione a Gerusalemme, mo-
Ai due eventi di Damasco e di Gerusalemme segue un periodo di menti di solitudine e di sconforto.
58 assoluta solitudine in patria e di sconforto. Lo si deduce dal fatto
che questo tempo termina con la grande visione di cui parla la se- Le motivazioni dei fatti
conda lettera ai Corinti, che si può considerare come una ripresa
che il Signore fa della prima apparizione di Damasco. La nuova vi- Ci chiediamo: durante questo tempo c’è in Paolo qualcosa che
sione della gloria di Dio, della quale forse era stato tentato di du- non ha girato bene, oppure tutta la colpa è degli altri che non
bitare, chiude: un periodo di solitudine e di amarezza. l’hanno capito, l’hanno osteggiato, non l’hanno difeso, hanno pre-
Riassumendo, i dieci anni dalla prima conversione sono stati anni ferito disfarsi di lui, non l’hanno saputo valorizzare? Probabilmen-
di difficoltà, di scontri, di disagi provocati dal suo modo troppo fo- te, come in ogni cosa umana, il torto sta da entrambe le parti.
coso di predicare, dal suo esporsi eccessivamente. Sono stati an- È vero che soprattutto i giudeo-cristiani, legati ad una visione an-
che anni di solitudine, di silenzio, di sconforto. gusta dell’apostolato, con molte paure e molte riserve, non l’han-
Quando Paolo racconta queste cose, le vive ormai nella pienezza no capito, non l’hanno saputo valorizzare nel timore che il suo
del suo secondo ministero, e quindi non vi indugia più. modo di agire producesse più danno che vantaggio. Gli avversari
È interessante notare questa sequenza dei quattordici anni che poi si sono scagliati contro di lui perché intuivano che era un uo-
viene ripetuta due volte. Il primo doppio settenario va dalla con- mo-chiave. Dai primi e dai secondi, con quegli accordi taciti che
versione alla seconda visita a Gerusalemme. talora avvengono, Paolo è stato eliminato.
L’altro doppio settenario è quello indicato nella seconda lettera ai Al di là di questo, però, io penso che Paolo stesso, interrogato,
Corinti: tra il momento della visione e il momento in cui scrive la confesserebbe che qualcosa anche in lui non ha girato del tutto
lettera. Mentre scrive, la sua vita gli appare come due periodi sab- bene. Gli è accaduto ciò che avviene nelle conversioni grandi e ra-
batici. Gli Ebrei, infatti, solevano, a quel tempo, calcolare anche gli pide, in cui tutto appare nella luce migliore e più pura, e il moti-
eventi e la vita secondo un ciclo settenario che corrispondeva al vo della conversione non è un cambiamento di bandiera o di cam-
periodo che si concludeva con l’anno sabbatico. po, ma è la nuova visione della vita che in Gesù gli si presenta: è
il totalmente altro, è l’opera di Dio. Ma quando poi si tratta di ri- si l’idea che tutto fosse stato un sogno? Come hai vissuto questa
prendere la vita quotidiana, l’uomo si ritrova se stesso, e Paolo si esperienza drammatica?
butta nella nuova missione con lo stesso entusiasmo con cui si era Paolo ci ricorda innanzi tutto che non è stato il primo a vivere que-
buttato in quella precedente, trasferisce il suo zelo da un campo sta esperienza.
all’altro e ritorna ad appassionarsi dell’opera come se fosse sua. Mosè, cacciato dall’Egitto e dimenticato dal suo popolo, molti se-
Allora il Signore permette un periodo di durissima prova di purifi- coli prima di lui ha vissuto nel deserto una simile esperienza. An-
cazione perché impari che la conversione non gli ha fatto cambiare che Elia si è sentito abbandonato da tutti, è fuggito nel deserto,
oggetto di attività, ma ha formato in lui un altro modo di essere, di tremendamente solo.
vedere le cose, che deve macerare lentamente prima di integrarsi Parlandoci dei suoi sentimenti, Paolo ci può dire che la prima re-
nella sua personalità. Le idee erano chiare, le parole anche; però il azione è stata certamente di indignazione, di rivalsa ed anche di
60 modo istintivo di agire ritornava ad essere quello di prima.
Facendo queste reinterpretazioni stiamo forse parlando più di noi
risentimento. Perché perdere le forze e la vita per gente che trat-
ta male, per una Chiesa e per dei cosiddetti fratelli che non ne vo-
che di Paolo. Nel cammino della ricerca di Dio noi desideriamo gliono sapere? È un risentimento che cova dentro, che non lascia
chiarire sempre meglio le nostre motivazioni, ma sappiamo bene
che ciò non va d’accordo con l’immediato cambiamento del nostro
modo istintivo e possessivo di collocarci in rapporto alle cose e alle
situazioni. Questa possessività si trasferisce dal campo materiale al
campo spirituale, dal campo degli interessi economici a quello degli
interessi dello spirito e ci ritroviamo sempre un po’ noi stessi, sem-
pre bisognosi di purificazione continua, al di là delle parole che di-
ciamo o dei bei concetti che formuliamo.
L’esperienza vissuta da Paolo
Possiamo, a questo punto, chiedere a Paolo: Come hai vissuto
questi dieci anni? Che cosa è stata per te questa prova di solitu-
dine e di emarginazione rispetto alla comunità? Che cosa pensa-
vi a Tarso la sera, in riva al fiume,’ quando andavi a passeggiare là,
solo, e nessuno ti conosceva e riandavi alla via di Damasco? Che
cosa sono state le prime prediche a Gerusalemme mentre ti senti-
vi tanto lontano da quel mondo, e a un certo punto ti veniva qua-
Chiara Panizzi
in pace e che alla fine – come sempre accade – diventa anche ri- sco. Vi rientra secondo due linee che appaiono dalle sue lettere.
sentimento contro Dio. Perché Cristo mi ha chiamato con tante a) Una linea è una riflessione escatologica che svilupperà nella
parole per poi ridurmi a lavorare nella mia bottega di Tarso senza 1 Corinti: «Fratelli, il tempo ormai si è fatto breve; d’ora innan-
prospettive? C’è veramente un disegno di Dio sulla mia vita oppu- zi quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro
re sono sogni del passato? Che cosa volevano dire quelle parole che piangono come se non piangessero e quelli che godono come
che mi erano risuonate all’orecchio (le parole che riprenderà nel se non godessero; quelli che comprano come se non possedesse-
discorso ad Agrippa: «Ti sono apparso per costituirti ministro e te- ro; quelli che usano del mondo come se non ne usassero appieno»
stimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò (1Cor 7, 29 ss.). Paolo ridimensiona il suo zelo appassionato, ac-
ancora. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani» At 26, 16- corgendosi che si era legato a progetti immediati, mentre il Regno
17)? Il risentimento contro Dio è la difficoltà ad accettare la prov- di Dio è al di là e al di sopra di tutto; che le cose per buone e inte-
62 videnza e il modo misterioso e incomprensibile dell’azione divina.
Paolo è passato – possiamo dire con certezza – per questi momen-
ressanti che siano, passano, “ma è il Signore che rimane”.
b) Una seconda linea è una illuminazione: l’opera è di Dio: è Dio
ti. Sono momenti attraverso i quali passano i santi. Nessun santo che pone tempi e condizioni.
è stato risparmiato da questo travaglio interiore e quindi nemme- Si attua: per Paolo una seconda espropriazione di sé. La prima,
no l’Apostolo. Ma dopo l’indignazione e il risentimento, come suc- quando aveva buttato dietro di sé i suoi privilegi di fariseo, di
cede con la grazia di Dio quando la prova viene macerata dentro, ebreo figlio di ebrei. La seconda espropriazione sta nel dover per-
emerge la riflessione e nasce una domanda piccola ma capace di dere ciò di cui poteva giustamente vantarsi: Apostolo dalla parola
squarciare il nero di un cielo che non presenta aperture: e se ci fos- facile, dal linguaggio persuasivo, focoso, violento, molto superiore
se anche qui una parola provvidenziale di Dio per me? Ascoltando alla timida espressione degli altri di Gerusalemme.
il brano biblico da Giobbe 5, 17-20, mi veniva in mente che una pa- Paolo capisce che tutto questo è importante, ma l’opera è del Si-
rola come questa può essere penetrata adagio adagio, quasi come gnore: «Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in pie-
una medicina, nel cuore di Paolo. «Felice l’uomo che è corretto da di o cada, ciò riguarda il suo padrone» (Rm 14, 4). Nelle nostre ipo-
Dio: perciò tu non sdegnare la correzione dell’Onnipotente, perché tesi le cose dovevano andare in un certo modo, però è il Signore
egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana. Da sei tri- che ha in mano l’opera: «Che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo?»
bolazioni ti libererà e alla settima non ti toccherà il male; nella ca- (1Cor 3, 5). E prosegue: «Siamo ministri attraverso i quali siete ve-
restia ti scamperà dalla morte e in guerra dal colpo della spada». nuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. lo
Lui che certamente leggeva e rileggeva la Scrittura, viene medica- ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Non
to dalla Parola di Dio che anche qui attua la sua funzione di balsa- c’è differenza tra chi pianta e chi irriga, ma ciascuno riceverà la sua
mo, di liberazione e di consolazione. mercede secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di
Riascoltandola, la riflessione diventa illuminazione e Paolo rientra Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio» (1Cor 3, 5-9). Non
in quella luminosa rivelazione che era stato l’incontro di Dama- siete il «mio» campo, il «mio» edificio: è l’edificio di Dio.
Attraverso le esperienze dolorose Paolo giunge alla percezione - Ci sono stati, nella nostra vita, momenti nei quali la prima con-
molto semplice che Dio è il Signore e che il ministro di Dio si pre- versione, la prima integrazione tranquilla della fede e delle real-
para liberando il cuore da tutto ciò che poteva essere successo tà battesimali è stata rimessa alla prova, magari in un’esperien-
proprio, divenendo strumento sempre più adatto nelle mani di za nella quale alcuni aspetti della nostra possessività di impegno
Dio. sono stati vagliati, passati attraverso il setaccio e forse attraverso
Nella visione del terzo cielo descritta nella seconda lettera ai Co- difficoltà che ci hanno notevolmente colpito?
rinti, l’Apostolo comprende cose che non sappiamo perché non le - A prescindere da quando il Signore ci ha chiamati alla seconda
abbia volute descrivere. Certamente riprende coscienza dell’asso- conversione, qual è la qualità del nostro zelo, di slancio cristiano?
lutezza e della trascendenza indescrivibile del mistero di Dio che
gli era diventato così vicino nell’apparizione del Cristo da sembrar-
Preghiera finale
64 gli suo, mentre in realtà è al di là di ogni capacità umana di parlar-
ne e di disporne. Signore, tu tieni in mano ogni cosa. Tu hai tenuto in mano la vita di
È a questo punto che giunge a Tarso la notizia che è arrivato Bar- Paolo in maniera aperta e grandiosa dal momento della sua con-
naba per dire a Paolo che, se vuole, ad Antiochia c’è una comuni- versione. Tu non l’hai mai abbandonato anche nei momenti diffi-
tà giovane che lo desidera. Gli propone di andare con lui per co- cili in cui egli forse non sapeva che cosa gli stava succedendo. Tu
minciare a lavorare. È il secondo momento dell’attività apostolica. ti sei manifestato a lui con amore misericordioso forse proprio là
Egli riprende, in forma nuova, ciò che già dieci anni prima aveva dove stava per abbandonare il ministero. Donaci di comprendere
iniziato con tanto zelo ma mettendoci dentro non poco di sé. Nel la tua misericordia su di noi perché possiamo, con fiducia, accet-
misterioso disegno di Dio, tutto questo aveva dovuto passare per tare la tua guida, credere nel significato provvidenziale di ciò che
il fuoco purificatore. è avvenuto e avviene nella nostra esistenza cristiana e sacerdota-
le. A gloria tua, nella forza dello Spirito, per intercessione di Maria
Una domanda per noi e di tutti i Santi. Amen.
Dopo aver cercato di interpretare la vicenda di Paolo nel suo esi-
lio di Tarso, ci facciamo l’ultima domanda: il nostro zelo – il nostro
slancio – per chi è?
È difficile rispondere perché lo zelo è fondamentale nella vita cri-
stiana; la parola stessa indica qualcosa che divora, che coinvolge.
Proprio perché ci coinvolge tanto, corriamo il rischio della pos-
sessività.
- Quando ci siamo convertiti nella seconda maniera?
5. L’umiltà di Paolo
(At 20,17-24)
Documento discernimento – pagg. 24; 28; 30-31
Papa Francesco in Amoris Laetitia insiste con forza e ripetuta-
mente sulla necessità di entrare nel discernimento con l’atteg-
66 giamento dell’umiltà.
In alcuni passaggi sembra quasi che sia l’unico vero criterio di ve-
rità del discernimento stesso. La meditazione sull’umiltà di Pao-
lo ci dà la possibilità di entrare in una comprensione più profon-
da dell’umiltà evangelica.
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
Paolo DI Bari
Partiamo dalle prime battute del discorso di Paolo a Mileto. Molto
prima di noi l’evangelista Luca, nel libro degli Atti, riferendo le pa-
role di Paolo a Mileto, ha cercato di richiamare i punti che l’Apo-
stolo avrebbe avuto maggiormente a cuore ricordando il suo pas- «Essere con»
sato in relazione ad una comunità.
Questo discorso che si chiama anche il «testamento pastorale di Con le parole introduttive del discorso Paolo abbraccia in sinte-
Paolo», oppure il «discorso di addio», è un capolavoro insuperato. si il suo ministero di circa tre anni ad Efeso: «Voi sapete come mi
Come discorso di addio si colloca nella linea di tanti simili discor- sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia
si di addio che la Scrittura ci presenta: il cap. 49 della Genesi con e per tutto questo tempo» (v. 18). E lo abbraccia con una formu-
il discorso di addio di Giacobbe ai suoi figli; il Deuteronomio con i la che rimanda immediatamente il gioco agli uditori. Non ha biso-
discorsi di addio di Mosè; gli ultimi due capitoli di Giosuè, 23 e 24, gno di descrivere prima di tutto se stesso; si riferisce all’esperien-
con il testamento di Giosuè; e così via per Samuele, Davide, To- za che gli altri hanno fatto.
bia, Mattia. Gesù stesso, nell’ultima cena (Gv 13-17), fa un lungo Fin da questa battuta introduttiva, comprendiamo che Paolo si
68 discorso di addio che è anche uno sguardo retrospettivo alla sua
vita. Il discorso di Paolo si colloca in questa linea.
sente uno con la sua comunità, si sente conosciuto, familiare. Non
deve raccontare niente perché: «Voi sapete, mi avete visto, sono
È interessante notare che il Nuovo Testamento ci dà soltanto due stato con voi». La sua presenza si può riassumere con: «è uno che
discorsi conclusivi: di Gesù e di Paolo. In tal modo sottolinea l’im- è stato fra la gente», uno che la gente conosce, di cui sa tutto, e
portanza di queste due figure. può renderne testimonianza.
Il testamento di Paolo è impostato, dal punto di vista di analisi lo- È una presenza fondata sull’«essere con», sul comunicare, sul
gica, sul rapporto io-voi: io mi sono comportato…; voi sapete…; io convivere. Paolo sa benissimo che guardavano a lui come ad un
vado a Gerusalemme…; voi non vedrete più il mio volto… esempio e sente perfettamente la responsabilità non soltanto
Un linguaggio come questo non gli è abituale: nel discorso ad An- delle parole che ha detto, ma di ciò che ha fatto. Non: «voi ricor-
tiochia di Pisidia, il soggetto è sempre Dio, ciò che Dio ha fatto. date ciò che vi ho detto in questi anni…», ma: «voi sapete come
Per questo, appunto, il discorso di Mileto è un discorso pastorale mi sono comportato». La gente ha guardato a ciò che lui era, a
in cui Paolo riflette sui rapporti fra sé e coloro che per tre anni egli come viveva, prima ancora di giudicare se le sue parole erano in-
ha guidato nella via di Dio. teressanti, belle, vere, pratiche.
È quindi adattissimo per un esame di coscienza pastorale. Qui E lui si è comportato servendo.
scorgiamo le cose che a Paolo sono sembrate importanti, quel-
le che più hanno caratterizzato la sua azione verso la comunità. «Ho servito il Signore»
Con questo spirito cerchiamo di approfondire il discorso. Non po-
tendo meditarlo tutto, mi limito all’analisi del primo versetto. Il suo modo di essere nella comunità è definito con: «Ho servito il
Il versetto su cui ci soffermeremo: «Ho servito il Signore con tutta Signore, tra le lacrime, in tutta umiltà». Servire il Signore è la prima
umiltà, tra le lacrime» (At 20, 19). realtà. Paolo si vede, e sa che gli altri lo vedono prima di tutto come
un servitore di Cristo e non come un servitore della comunità.
Questa qualifica caratterizza il suo attaccamento a Cristo e la sua l’esperienza di Paolo, che nella sua vita risaltavano umiltà, lacri-
libertà verso la comunità. Talora, noi parliamo del nostro impegno me, prove, insidie, difficoltà. Si presenta come si sente: l’Apostolo
cristiano come un «servizio» e lo intendiamo come un servire i ra- mentirebbe, in questo caso, se sottolineasse elementi che non gli
gazzi, la gente, «servire la Chiesa». Il Nuovo Testamento parla di sono così presenti al cuore e allo spirito.
servizio e di servo in rapporto a Cristo Gesù. È vero che in qualche Proviamo a pensare attentamente alla sua azione apostolica ad
occasione Paolo dice: «Sono servo vostro per Cristo» (Gal 5, 13), Efeso, per meglio capire il senso della sua umiltà e delle lacrime.
ma ordinariamente è «servitore di Cristo». Di lacrime parla molte altre volte: è un tema che ricorre sia nel
Quindi il cristiano deve vivere primariamente a servizio della per- discorso di Mileto, che nelle lettere. Ritorna nel testo degli Atti:
sona di Cristo. Soltanto così può servire la Chiesa, la gente, il po- «Vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho
polo. cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi» (v. 31). Sono la-
70 Stupenda questa libertà che Paolo vive: non deve niente a nessu-
no se non a Cristo; e attraverso lui, poi, a tutti. Non deve piacere a
crime versate nello sforzo affettuoso, amoroso e insistente di con-
vincere qualcuno.
nessuno, non deve rispondere a nessuno, se non a Cristo e la co- Dalle lettere possiamo citare: «Vi ho scritto in un momento di
munità sa benissimo che lui non è lì per piacere, per accontenta- grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime» (2Cor
re, per rispondere alle attese, ma è lì per servire Cristo. 2, 4). È un’esperienza-limite quella delle lacrime, per Paolo. Non
sembra che fosse un uomo facile al pianto, eppure si trovava in si-
«Tra le lacrime» tuazioni di tale tensione, di tali violente difficoltà, di tali amarez-
ze e delusioni che scoppiava in pianto sia parlando con la gente,
Se avessimo dovuto completare noi la frase, avremmo aggiunto: sia scrivendo.
con zelo, con fervore, con intelligenza, con coraggio, con compe- Tutto questo fa vedere l’intensità emotiva con cui Paolo viveva la
tenza, con perseveranza. sua missione. Esattamente l’opposto del funzionario, del burocra-
La sua esperienza gliene fa dire altre: «tra le lacrime, con tutta te, del programmatore intelligente.
umiltà». Rimaniamo stupiti davanti ad una sottolineatura che ap- Paolo è un uomo di intensissima partecipazione emotiva, che ha
pare negativa e ce ne chiediamo il perché. evidentemente riscontro nelle profondissime gioie. Proprio per-
Indubbiamente c’è da considerare che è un discorso di addio. Ed ché partecipava cosi emotivamente alle sofferenze del suo mini-
è un addio che non lo porta verso una nuova missione importan- stero poteva avere delle gioie e degli entusiasmi grandiosi di cui
te. Ciò che lo attende è chiaramente la persecuzione e le sofferen- parla ancora più spesso nelle sue lettere.
ze. È un saluto pieno di nostalgia e che giustamente fa emergere Scriveva: «Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguar-
elementi di sofferenze già vissuti e che preludono a quelle future. do a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al
Al di là di questo bisogna però dire che, se emergono l’umiltà e le nostro Dio?» (1Ts 3, 9). Le intense sofferenze sono compensate da
lacrime come modo di servire il Signore, vuol dire che questa era gioie profondissime, da entusiasmi straordinari: «Sono molto fran-
co con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazio- voi stessi» (Rm 12, 16). L’atteggiamento umile è quello di chi non
ne, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7, 4). Sono si gonfia e non si illude.
così contento di voi che le sofferenze non le sento più se penso È importante riflettere su questo atteggiamento di non-sapere:
alla vostra corrispondenza, al vostro affetto e alla vostra fede. Tutti esso è utile sempre, ma è indispensabile soprattutto nel rapporto
sappiamo cosa significano queste esperienze: chi ama molto, sof- con Dio. Infatti «noi non sappiamo neanche pregare, non sappia-
fre molto, gode molto; chi ama poco, soffre meno e gioisce meno. mo neanche cosa chiedere» (Rm 8, 26).
L’immagine del pastore che Paolo ci dà, in queste prime battute, è Spesso non riusciamo a pregare bene perché incominciamo con
di un uomo profondamente, affettivamente, emotivamente coin- la presunzione di saper pregare, mentre dovremmo partire sem-
volto in ciò che fa. Ama moltissimo la gente e non con un amore pre confessando: «Signore, non so pregare; so di non sapere pre-
generico: ha presente i nomi, le situazioni personali, di famiglia, di gare». Già questa è preghiera, perché fa posto allo Spirito che dob-
72 lavoro, di malattia. Uno per uno quei cristiani gli stanno davanti,
conosciuti, uno per uno sono fonte di amarezza, di tristezza, di la-
biamo chiedere.
L’umiltà come atteggiamento che qualifica l’attività di Paolo si può
crime oppure di gioia intensa. descrivere secondo tre aspetti:
Ecco il senso del suo aver servito il Signore tra le lacrime.
«Con tutta umiltà»
Anche qui vogliamo capire come mai tra le mille altre qualifiche
del suo impegno Paolo sceglie questa, sottolineandola come atteg-
giamento fondamentale.
Paolo qui si riferisce all’atteggiamento di umiltà con cui ha servito
il Signore nell’attività concreta.
In senso generale si potrebbe dire che l’umiltà è l’opposto di ciò
che è detto nel Magnificat: «Dio ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore». I superbi sono quelli che credono di essere qual-
cuno, che hanno di sé un concetto così alto da farne quasi una
ragione di vita, per cui gli altri devono piegarsi al loro servizio, e
neppure vanno ringraziati perché fanno ciò che è dovuto. È l’at-
teggiamento che Paolo stigmatizza altre volte nelle sue lettere. Ad
esempio scrivendo ai Romani: «Non aspirate a cose troppo alte,
piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di
F. Mastrella
- aspetto sociale: un modo di comportarsi; ginare cosa volesse dire per loro sentirsi rispettati e sinceramen-
- aspetto personale: una certa coscienza di sé; te amati. Come doveva sconvolgerli il metodo apostolico di Paolo!
- aspetto teologale: un certo rapporto verso Dio.
b) L’aspetto personale è un giudizio di valore semplice dato su di
a) L’aspetto sociale è da una parte assenza di pretese e, dall’altra, sé. Paolo ritorna diverse volte su questa capacità di valutarsi giu-
attenzione agli altri. «Ho cercato di essere tra voi senza pretese, stamente e secondo ciò che le nostre debolezze e fragilità ci fan-
non pretendendo per me niente di speciale, ma stando molto at- no comprendere.
tento a ciascuno di voi», direbbe Paolo. Nella prima lettera ai Corinti parla della apparizione di Gesù a lui:
Si descrive così anche nella prima lettera ai Tessalonicesi, dan- «Ultimo fra tutti apparve anche a me. lo sono l’infimo degli Apo-
do uno sguardo retrospettivo al suo rapporto con la comunità: stoli, non sono degno di essere chiamato Apostolo» (1Cor 15,
74 «Come Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo, così lo predi-
chiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova
8-9). Lo dice con verità e con sincerità: non è affettazione, è chia-
rezza di giudizio su di sé.
i nostri cuori. Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazio- E questo giudizio, è una maniera di comportamento che ha acqui-
ne, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimo- sito attraverso la scuola della vita, che gli ha fatto conoscere la sua
ne. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da fragilità e povertà. Ha imparato a pensare di sé in maniera umi-
altri, pur potendo far valere la nostra autorità di Apostoli di Cristo. le, distaccata, tranquilla, senza colpevolizzarsi, con pace. «Non vo-
Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nu- glio infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è ca-
tre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avrem- pitata in Asia ci ha colpito oltre misura, aldilà delle nostre forze,
mo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stes- si da dubitare anche della vita. Abbiamo addirittura ricevuto su
sa vita, perché ci siete diventati cari» (1Ts 2, 4-8). di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in
L’umiltà è socievolezza senza pretese, colma di affetto, di atten- noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti» (2Cor 1, 8-9). Ci stupi-
zione, amorevolezza, prevenienza. Paolo sente che, per grazia di sce un Apostolo che parla di sé in questo modo, a rischio quasi di
Dio, è stato così e che il suo modo di essere è modello discepo- scandalizzare.
lo. L’umiltà come virtù sociale comporta anche distinzione, corret- L’umiltà personale, venendo da una storia vissuta, difficilmen-
tezza, un certo riserbo, un’educazione profonda, finezza d’animo te può averla un giovane. Magari avrà meditato queste cose, ma
che conquista il cuore, perché non è espressione semplicemen- non potrà sentirle come naturali, perché non è passato per quella
te di un’affettazione esteriore. Niente commuove di più le perso- scuola di prove e di esperienza della propria debolezza che ci met-
ne che sanno di contare poco nella società, che il vedersi trattate tono al posto giusto e ci liberano da ogni presunzione.
con estremo rispetto e con grande valorizzazione di ciò che sono. È doloroso vedere come a volte passiamo per queste prove senza
I cristiani di Paolo erano in gran parte schiavi, abituati ad essere saperle vivere. Se Paolo di fronte alle tribolazioni che gli sono ve-
maltrattati, presi in giro, disprezzati, trascurati, e possiamo imma- nute in Asia si fosse messo ad imprecare contro tutto e tutti, in-
vece di riconoscere la propria debolezza e fragilità, non avrebbe nalismo interviene tutte le volte che è in gioco il potere e noi sia-
tratto alcun profitto dalla prova. Invece si è formato come vero mo continuamente tentati di inserire nel servizio del Signore il no-
pastore perché ha saputo accogliere dal dolore quella umiltà vis- stro prestigio personale.
suta, che poi espresse nella sua vita.
Preghiera finale
c) Aspetto teologale. Paolo si esprime cosi perché vive profonda-
mente la sua verità davanti a Dio: «Chi dunque ti ha dato questo Signore, anche noi abbiamo bisogno di essere purificati sull’esem-
privilegio? Che cosa mai possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E pio e dall’esempio dell’Apostolo Paolo e, più ancora, di essere pu-
se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?» rificati dalla forza di Cristo che abita ed opera in noi ed in noi vuo-
(1Cor 4, 7). Al fondo dell’atteggiamento di umiltà stava un senso le abitare ed operare sempre più.
76 profondo di Dio creatore, padrone, signore, misericordioso, dato-
re di ogni bene. Di fronte a Lui Paolo è un povero peccatore che
Ti chiediamo, anche sull’esempio di Maria della quale Tu hai guar-
dato innanzi tutto l’umiltà, di saper seguire Cristo come Paolo lo
riceve grazia, misericordia, salvezza. La stessa Parola è Parola di ha saputo seguire, con la coscienza che è un compito arduo e che
Dio, non di Paolo: a lui è stata data nella misura del dono di Cristo. siamo sempre lontani da questa meta.
Lo stesso zelo apostolico non è di Paolo, ma gli è stato dato da Cri- Con la Tua grazia vogliamo metterci di fronte a questi grandi mo-
sto che vive in lui. delli per riconoscere le nostre mancanze e chiedere che la potenza
Questa umiltà è trasparenza del divino che vive in lui, una traspa- di Cristo, che vive in noi, ci renda simili a lui che non ha avuto altra
renza cristologica, di Cristo come lui l’ha conosciuto e capito, di volontà che la tua. Te lo chiediamo per Lui stesso che vive e regna
Cristo Servo di Jahvè, di Cristo umile, umiliato, che non ha scelto nei secoli dei secoli. Amen.
di primeggiare, di buttarsi dal pinnacolo del tempio per fare scal-
pore, di cambiare le pietre in pane, di dominare sui regni della ter-
ra, ma che ha scelto di essere servo di tutti.
L’umiltà di Paolo è quella di Cristo che egli ha recepito e che espri-
me lasciandolo vivere in sé.
Per questo egli può presentarla come l’atteggiamento fondamen-
tale di chi serve il Signore, così come il Signore ha servito. Cristo
ha servito con tutta umiltà e il suo servo sceglie la sua stessa via
esercitando l’autorità con l’umiltà, la mansuetudine e la mitezza
del Maestro.
Ciascuno di noi deve meditare profondamente, con la coscienza
che siamo molto lontani da questo ideale. Istintivamente il perso-
6. Conversione e rottura
(At 11,19-26; 13,1-3; 15,36-40)
Documento discernimento – pagg. 25; 29; 30; 32
La storia dei burrascosi e intensi rapporti fra Paolo e Barnaba ci
offre la possibilità di riflettere sulla qualità dei rapporti persona-
78 li e comunitari che devono accompagnare il discernimento. Tut-
to fra i due è lontano dal quieto vivere e tutto animato da una ri-
cerca piena di passione di che cosa è giusto fare. Ma per capire
il senso di quel rapporto sarà necessario rileggerlo dopo molto
tempo. Un ammaestramento anche per noi.
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
Rifletteremo sopra un altro episodio fortemente drammatico e
oscuro della vita di Paolo: la rottura con Barnaba.
Negli ultimi istanti della sua vita Paolo, ripensando ai momenti che
più l’hanno scosso, non avrà dato probabilmente molto peso alla Infatti lo vediamo adoperato in missioni di somma importanza. Ri-
prigionia, alle percosse, ai naufragi, ai trentatré colpi di flagello, torna il suo nome nel cap. 11 degli Atti: quando si tratta di verifi-
insomma alla lista della 2Cor 11. Niente pare l’abbia segnato più care quello che sta succedendo ad Antiochia, da Gerusalemme in-
di questo evento. Paolo non ne parla mai nelle sue lettere. Que- viano Barnaba. Barnaba va ad Antiochia e «quando questi giunse
sto episodio difficile anche per la nostra interpretazione fa parte di e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, da uomo virtuoso qual
quelle oscurità dell’esistenza attraverso le quali l’uomo di Dio pas- era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare
sa, si raffina e si purifica. con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condot-
Chiediamo al Signore, nella preghiera, di aprirci gli occhi del cuore ta al Signore» (At 11, 23-24).
per capire il significato di questi eventi oscuri nella vita della Chiesa Barnaba è l’uomo che ha saputo riconoscere l’autenticità del cri-
primitiva, nella vita della Chiesa di tutti i tempi e della nostra vita. stianesimo di Antiochia da cui è nato tutto il cristianesimo dell’oc-
82 Chi era Barnaba
cidente greco e dell’Asia Minore. Senza di lui la Chiesa sarebbe
rimasta ancora chissà quanto tempo prigioniera delle pastoie giu-
deo-cristiane di Gerusalemme. Barnaba ha una intuizione profon-
Uno dei giganti della Chiesa primitiva, uno dei primissimi che ave- da, è libero da pregiudizi, da paure, e capisce che ad Antiochia sta
va preso sul serio il Vangelo. Non aveva probabilmente conosciuto operando lo Spirito. È capace anche di mediare: di rassicurare Ge-
il Signore, ma era tanto meritevole che Pietro, Andrea, Giacomo rusalemme e di incoraggiare Antiochia, evitando le rotture. Uomo,
e Giovanni, che erano stati col Signore, gli avevano dato fiducia. perciò, prezioso per la primitiva cristianità.
È uno dei primi a credere alla parola degli Apostoli, uno dei pri-
mi che si butta, il primo che vende tutto. Ci viene presentato ne- Chi è stato Barnaba per Paolo
gli Atti: «Giuseppe, soprannominato dagli Apostoli Barnaba, che
significa” figlio dell’esortazione”, un levita originario di Cipro, che È stato d’importanza fondamentale: dopo Anania è l’uomo a cui
era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo de- Paolo deve di più. Anzi ad Anania deve il primo ingresso, la pri-
ponendolo ai piedi degli Apostoli» (At 4, 36). In un momento in ma accoglienza, ma poi tutto il resto lo deve a Barnaba. Egli è sta-
cui la comunità ancora non significava quasi niente, era un grup- to per Paolo colui che l’ha cercato (l’abbiamo accennato parlando
po sparuto di uomini, che potevano apparire fanatici, lui ha cre- del periodo doloroso di Tarso), l’ha capito, l’ha sostenuto. È stato
duto, si è sbarazzato di tutto e si è messo totalmente dalla parte l’amico, il padre spirituale, il maestro di apostolato, quello che l’ha
degli Apostoli e di Cristo. Per questo è chiamato «figlio dell’esor- introdotto nell’esperienza apostolica.
tazione, figlio della consolazione». Vediamo qualche testo. Dopo essere fuggito da Damasco, Saulo
Come personalità, Barnaba, era un uomo ricco di sapienza, di otti- va a Gerusalemme: «Cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti ave-
mismo, irradiava fiducia, e volentieri gli altri camminavano con lui vano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo»
e facevano affidamento su di lui. (At 9, 26). Le diffidenze che c’erano state tra Gerusalemme ed An-
tiochia, ci sono ora, a Gerusalemme, verso questo nuovo arrivato tica, quella da cui nasce una cristianità, che si impone talmente
che non si sa bene cosa voglia. che il nome di cristiani deriva da lì. È la comunità che ha comin-
Il testo continua: «Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli Apo- ciato veramente a farsi notare nella storia.
stoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signo- Barnaba è stato tutto questo per Paolo.
re che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con Barnaba è anche il primo scelto dallo Spirito per la missione. È
coraggio nel nome di Gesù» (At 9, 27). descritto l’inizio della missione che poi diventerà la grande mis-
È molto bello poter commentare questo testo parola per paro- sione ai pagani: «Mentre essi – questi profeti – stavano celebran-
la. «Barnaba lo prese con sé»: il verbo greco è «epilabòmenos», do il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: Riser-
lo stesso che viene usato per Gesù che prende per mano Pietro vate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati»
che sta per affondare nel lago durante la tempesta (Mt 14, 31). (At 13, 2). Barnaba è il primo e Saulo è l’aggiunto. Barnaba è il
84 L’immagine che possiamo avere davanti è quella di Paolo smar-
rito a Gerusalemme: tutti gli chiudono la porta in faccia, non ha
capo della nuova spedizione; descrivendola, l’autore menziona
per primo sempre Barnaba. L’ordine non è mai indifferente: Bar-
neanche dove dormire, e Barnaba va, gli tende la mano e gli dice: naba è colui che viene riconosciuto ufficialmente capo della mis-
«Vieni con me, ti accompagno, ti presento io». sione: al v. 7 dice che arrivarono dal Proconsole, persona di sen-
Per Paolo, attraverso Barnaba, le porte si riaprono. Dicono gli no, «che aveva fatto chiamare a sé Barnaba e Saulo e desiderava
Atti: «Così egli poté stare con loro e andava e veniva a Gerusa- ascoltare la parola di Dio».
lemme parlando apertamente nel nome del Signore» (At 9, 28). Ed ecco che, molto rapidamente, in questa missione la personali-
Anche in seguito, quando si tratta della comunità di Antiochia, tà di Paolo comincia ad emergere. Pochi versetti dopo, noi vedia-
Barnaba è il primo dei profeti: «C’erano nella comunità di Antio- mo che l’attore principale della situazione in cui il mago Elìmas
chia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, viene accecato è Saulo: «Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spi-
Lucio di Cirene, Manaen, compagno di infanzia di Erode tetrarca, rito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse: O uomo pieno di ogni
e Saulo» (At 13, 1). Dunque la gente di Antiochia riconosce i pro- frode e di ogni malizia» (At 13, 9); e più avanti: «Salpati da Pafo,
feti, ma il primo è Barnaba e Saulo è l’ultimo venuto, e sappiamo Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia» (13, 13).
come: «Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e Barnaba è già ridotto al rango di «compagno».
trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno in- Possiamo qui cogliere lentamente il cambiamento psicologico
tero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per che è avvenuto e la mutazione di ruoli in questa primitiva spe-
la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani» (At 11, 25-26). dizione.
Dietro a questo versetto c’è l’immagine di una meravigliosa colla- E purtroppo, proprio poco dopo, quando la mutazione di ruoli è
borazione tra Barnaba e Paolo: Barnaba è il primo dei profeti, Pa- ormai quasi codificata – il primo discorso di missione del cap. 13
olo è l’ultimo venuto, ma Barnaba lo sa valorizzare e lo introduce degli Atti è attribuito a Paolo e non a Barnaba: «Si alzò Paolo e,
in una attività che diventa la più fruttuosa di tutta la Chiesa an- fatto cenno con la mano, disse: Uomini di Israele…» (At 13, 16)
– accade che Giovanni-Marco se ne va e la spedizione si restrin- Che cosa è accaduto
ge di numero.
Durante tutta la prima missione noi assistiamo ad una alternanza Verso la fine del capitolo 15 viene presentato il dramma della rot-
di primato tra Barnaba e Paolo. tura.
Nell’episodio di Listra, quando i pagani vedono la guarigione C’è stato il Concilio di Gerusalemme. La lettera è stata consegna-
dell’uomo paralizzato e scambiano i due missionari per esseri di- ta a Paolo, a Barnaba e ad altri due fratelli, Giuda-Barsabba e Sila,
vini, il testo dice: «Chiamavano Barnaba Zeus e Paolo Hermes» perché la portassero ad Antiochia. Scendono ad Antiochia, ri-
(At 14, 12). In questo caso Barnaba era l’anziano, l’uomo dalla lun- mangono là ad insegnare, ad annunciare la Parola di Dio e poi Pa-
ga barba che si imponeva come figura di vecchio, Paolo era l’uo- olo decide di riprendere la missione. Leggiamo il testo:
mo attivo, intraprendente, che sapeva parlare. Quindi i ruoli era- «Dopo alcuni giorni Paolo disse a Barnaba: “Ritorniamo a far visi-
86 no divisi e la gente oscillava nel riconoscere l’uno o l’altro come
principale: «Sentendo ciò gli Apostoli Barnaba e Paolo si strappa-
ta ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la Pa-
rola del Signore, per vedere come stanno”» (At 15, 36). Non è più
rono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: Cittadini, per- la comunità che manda Barnaba e Saulo, ma è Paolo che si sen-
ché fate questo?» (At 14, 14-15). Barnaba torna ad essere primo
nell’ordine.
Poco dopo, nasce un’opposizione radicale alla loro missione ed è
Paolo – come dice il testo – ad essere preso a sassate e trascina-
to fuori dalla città. È chiaro che pur essendo ancora un po’ incer-
ta la designazione di chi era il capo reale della missione, gradual-
mente Paolo prende importanza di fronte agli occhi della gente.
La missione termina senza rotture, a parte l’incidente dell’allonta-
namento di Marco che lascia amareggiati i due missionari, ma non
causa, per il momento, difficoltà.
Il capitolo seguente, il 15 degli Atti, mostra Paolo e Barnaba in
strettissima collaborazione, ormai però sempre nell’ordine, prima
Paolo e poi Barnaba. I due sono pienamente d’accordo, agiscono
con piena concertazione e condivisione di scopi là dove si tratta
di resistere all’ingiunzione dei giudaizzanti di circoncidere i paga-
ni convertiti. Tutto il cap. 15 è presentato ancora sotto il segno di
una precisa collaborazione fra i due.
Paolo Di Bari
te responsabile di tutta l’attività dell’Asia Minore e vuole rivisitare È naturale chiederci se un punto di vista diverso a proposito di
i fratelli. «Barnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, det- un collaboratore possa giustificare una rottura così drammatica;
to Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che o se in realtà sia stato solo un pretesto. Non c’era dietro qualcosa
si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto parte- di più? Non ci poteva essere, dal punto di vista psicologico, quel
cipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l’uno crescente imbarazzo su chi doveva essere il capo missione tra Pa-
dall’altro; Barnaba, prendendo con sé Marco, s’imbarcò per Cipro. olo e Barnaba? Barnaba era l’uomo di grande autorità, che fin dai
Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla gra- tempi di Gerusalemme era noto a tutta la Chiesa. Come poteva
zia del Signore» (At 15, 37-40). lasciare il posto a un uomo nuovo, che ancora molti non conosce-
Che cosa è successo? Dal punto di vista immediato il racconto è vano, che a Gerusalemme era inviso, e per questo avrebbe ma-
evidente: un dissenso su un collaboratore. Per Barnaba andava gari screditato la figura della missione? Oppure motivi psicologici
88 bene, per Paolo no. Si aggiungeva il fatto imbarazzante che Barna-
ba era cugino di Giovanni-Marco, e probabilmente difende anche
più profondi: Barnaba era a disagio nell’avere da una parte la re-
sponsabilità e accorgersi, d’altra parte, che in fondo era Paolo a
un po’ se stesso, l’immagine di famiglia. prendere le decisioni. Paolo dal canto suo aveva l’imbarazzo op-
Paolo si irrigidisce su una questione di principio: «Il dissenso fu posto. Non possiamo sapere quanto questi elementi abbiano gio-
tale che si separarono» (At 15, 39). Discutono forse per parecchi cato nella decisione finale.
giorni, forse la comunità cerca di riconciliarli, di convincerli; ma la C’è un altro fatto: Paolo stava tirando la corda per la rottura con
discussione raggiunge un punto tale di tensione che pare davve- i giudaizzanti e Barnaba invece era l’uomo delle grandi amicizie
ro meglio che ciascuno se ne vada per conto proprio. Questo cul- con la Chiesa giudeo-cristiana e vedeva più opportuno non tira-
mine è indicato nel greco con la parola «paraxusmòs», «paros- re troppo la corda, perché le conseguenze sarebbero state gra-
sismo», anche se, in altri casi, ha un significato più blando, cioè vi. Barnaba già intravedeva la spaccatura con la Chiesa giudeocri-
provocazione o stimolo. stiana, che poi è avvenuta, e avrebbe voluto a tutti i costi evitarla.
Ma in At 17, 16 questo termine viene usato per dire che Paolo fre- Anche Paolo diceva a parole di volerla evitare, ma in realtà agiva
meva nel suo spirito, al vedere la città piena di idoli. Possiamo im- in maniera da irritare ed esasperare gli avversari.
maginare come fosse il fremito di Paolo e a quale incandescenza Pensiamo ancora al fatto di Pietro ad Antiochia: Paolo scriverà
fosse giunta la discussione con Barnaba. che Barnaba si è lasciato attirare dalla ipocrisia dei Giudei (Gal
C’è anche un altro uso del verbo, là dove Paolo, nella prima lettera 2, 11-14).
ai Corinti, descrive le qualità della carità: la carità «ou paroxunetai» È impossibile storicamente determinare cosa sia stato. Tuttavia,
(1Cor 13, 5), non si adira, non giunge a questi eccessi di irritazione. dobbiamo concludere che quella lacerazione è stata molto dolo-
È interessante pensare che forse Paolo fa qui un giudizio su se rosa e drammatica per entrambi.
stesso perché lui stesso è arrivato a quell’eccesso e non era stato
capace di frenarsi nella discussione con Barnaba.
Con quali conseguenze? È difficile fare delle ipotesi su ciò che non è avvenuto. Tuttavia è
probabile che, in seguito, Paolo abbia più volte rimpianto la capa-
Una conseguenza paradossale, dal punto di vista dell’incontro tra le cità mediatrice, l’affabilità, il senso della misura di Barnaba, che in
persone. Paolo che aveva goduto della fiducia di Barnaba e, grazie parecchie situazioni avrebbe contribuito a chiarire le cose. Eppu-
a questa fiducia, si era salvato ed era stato rimesso in circolazione, re l’Apostolo ha dovuto camminare per questa via, in fondo sen-
non riesce a dare fiducia a Barnaba per Marco. za aver nulla da rimproverarsi, oppure ben poco, perché era ve-
La sofferenza di Barnaba è assai dolorosa: si sente respinto forse nuta fuori un’esasperazione senza che nessuno capisse bene cosa
anche come amico, non per una volontà cattiva di Paolo, ma come stesse accadendo.
conseguenza delle cose che stavano accadendo. Negli anni successivi Paolo imparerà a convivere con queste diffi-
Barnaba, dopo questo episodio, scompare. Un gigante della Chie- coltà e con questi problemi.
90 sa primitiva, ad un certo punto, non lascia quasi più traccia di sé.
Lo ricorda ancora Paolo come una persona che si conosceva e che Come Paolo ha vissuto la rottura
aveva buona reputazione (1Cor 9,6), e un’altra volta, in modo in-
diretto che sembra riparatorio: «Vi salutano Aristarco, mio com- Paolo ha vissuto questa rottura certamente con sofferenza, sen-
pagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale tendo il peso della solitudine. E anche questo evento gli ha fatto
avete ricevuto istruzioni; se verrà da voi, fategli buona accoglien- approfondire sempre meglio l’intuizione fondamentale della pri-
za» (Col 4, 10). Paolo si è riconciliato con Marco e, menzionandolo ma visione di Damasco. Il Signore è il solo amico perfetto, di sem-
come cugino di Barnaba, pare voler dire: «quello che io non ave- pre, il solo fedele, il solo che capisce fino in fondo, che non ci ab-
vo accolto un tempo». bandona mai.
Al di fuori di questi brevissimi ricordi, di Barnaba sappiamo solo Comprendendo l’animo affettuoso e vulcanico di Paolo, possiamo
quel poco che ci dice la tradizione. Rinchiusosi a Cipro, non ha più intuire come si sia chiarito in lui quell’amore personale per Cristo,
fatto grandi viaggi missionari, ma, ritornato in patria, vi è rimasto. amato fino in fondo, in maniera tenerissima, ardente, che lo caratte-
Tutta la sua enorme capacità si è ridotta entro un limite ristretto. rizzerà sempre più. Ancora oggi leggiamo con stupore le frasi mera-
vigliose delle sue lettere che non possono essere nate se non da un
Chi aveva ragione? Il tempo ha dato ragione a Barnaba; tuttavia gli travaglio di sofferenza, dall’aver capito che il Signore è davvero tut-
eventi si sono svolti così e, da un certo punto, ciascuno ha dovuto to. Lui ci ha fatto e ci conosce fino in fondo; le amicizie umane, per
adattarsi alla nuova situazione. belle e grandi che siano, impallidiscono di fronte alla forza della «co-
Potremmo fare ancora una riflessione e dire cosa sarebbe stato noscenza di Cristo nostro Signore».
per la Chiesa primitiva se i due non si fossero separati. Forse Bar- «Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità del-
naba avrebbe operato da mediatore e da moderatore e le Chiese la conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lascia-
giudeo-cristiane non sarebbero giunte alla rottura a cui giunsero. to perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al
fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una peva anche collaborare, pur avendo momenti così difficili. Ma ri-
mia giustizia derivante dalla Legge, ma con quella che deriva dalla troverà sempre meglio questa bontà profonda a partire dall’espe-
fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla rienza che non delude: l’amicizia piena col Cristo che è la sua vita.
fede. E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua Chiediamo anche noi che, attraverso le vicende del cammino di
risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli discepoli, la nostra esperienza di servizio ci si chiarisca sempre più
conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezio- come dipendente dall’amicizia con Cristo nostra vita.
ne dai morti» (Fil 3, 8-11). «Per me vivere è Cristo» (Fil 1, 21). Cri-
sto è divenuto l’inseparabile e per questo potrà scrivere nella let-
Preghiera finale
tera ai Romani: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8, 35).
Di fronte a qualunque possibile infedeltà egli mi amerà ancora e Signore Gesù, tu sai che noi passiamo per tanti eventi difficili a ca-
92 mi chiamerà a sé.
Attraverso vicende diverse, non tutte chiare e limpide come noi
pirsi ed incontriamo intorno a noi, nella storia della Chiesa e dei
tuoi Santi, tanti avvenimenti di cui non comprendiamo bene il sen-
vorremmo, Paolo gradualmente viene condotto dalla misericordia so. Signore, non ti chiediamo di capire, vorremmo invece saper
di Dio a concentrare sempre di più la sua attenzione dall’impresa amare di più, vorremmo trarre da ciò che possiamo comprendere
apostolica come impresa sua, verso l’impresa apostolica come im- la capacità di amare, perché noi siamo certi che niente ci può se-
presa di Dio, dal Regno di Dio verso il Re Gesù Signore. parare dal tuo amore, niente ci può separare dalla forza dello Spi-
Matura in lui l’identificazione del Regno di Cristo con Cristo stes- rito diffusa nei nostri cuori.
so: era stato il faticoso cammino che Gesù aveva fatto seguire agli Che la forza dello Spirito sia ora presente in noi mentre leggiamo
Apostoli durante tutta la sua vita e che ci è presentato, in parti- la Scrittura.
colare, dal Vangelo di Marco. Nella prima parte, Gesù è il gran- Concedici, o Maria, Madre del Signore, che se non sappiamo ca-
de guaritore, il taumaturgo, l’uomo la cui opera entusiasma. Nel- pire, sappiamo almeno amare. E tutto questo chiediamo a Dio
la seconda parte si rivela il mistero messianico: Gesù stesso è il Padre, fonte dell’amore e della luce, che vince ogni oscurità per
Regno, Gesù nella sua morte e nella sua risurrezione è la pienez- mezzo di Cristo luce del mondo, nello Spirito fuoco che illumina la
za del Regno. nostra notte, per Cristo nostro Signore. Amen.
Paolo ha capito che l’essenziale per lui è Cristo: tutto il resto che
egli fa, opera, predica con tutto l’entusiasmo di cui è capace non
è se non Cristo che vive in lui. La sua inseparabilità da Cristo è la
radice di tutto.
Egli è colui nel quale ogni altra amicizia acquista senso, significa-
to, bellezza. L’Apostolo ritornerà spesso sul tema dell’amicizia con
i suoi, con la comunità, con i collaboratori, perché certamente sa-
7. La trasfigurazione di Paolo
(2Cor 4, 7-11; Rm 5,1-11)
Documento discernimento – pagg. 17-18; 25
Le scelte che Paolo ha fatto e le esperienze che ne sono deriva-
te lo hanno cambiato, ‘trasfigurato’. Anche il discernimento ma-
94 tura scelte che ‘ci cambiano’. Resta da interrogarci se si tratta di
un semplice cambiamento umano o di una trasfigurazione, cioè
di un cambiamento nel segno del Vangelo.
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
Camilla Lupatelli
Partendo dall’episodio storico della sofferenza nella vita di Paolo,
riflettiamo sulla trasfigurazione a cui l’ha portato l’interiore purifi-
cazione, per meditare poi sulla trasfigurazione del pastore.
Come grazia di questa meditazione chiediamo di potere, attraver-
so la conoscenza dell’Apostolo, giungere alla conoscenza di Cri- gorante» (Lc 9, 29). È interessante osservare che il verbo usato qui
sto, la cui gloria risplende sul suo volto e vuole risplendere in noi. è lo stesso che Luca userà nel descrivere la luce nella quale Paolo
entra nel momento dell’apparizione di Damasco: anche Paolo vive
Quanto abbiamo detto della sofferenza di Paolo per la rottura con il riflesso del Cristo trasfigurato.
Barnaba può essere esteso ad altri conflitti, che hanno segnato la Per descrivere la stessa scena il Vangelo di Marco parla di trasfor-
vita di quest’uomo straordinario: i conflitti con le comunità, so- mazione: «Si trasformò, si trasfigurò» (Mc 9, 2 ss). Il verbo greco
prattutto quelli a cui fanno riferimento la seconda lettera ai Co- è: «metamorfòthe: si trasformò», tradotto «si trasfigurò davanti
rinti e la lettera ai Galati. In esse Paolo ei appare chiaramente in a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime». Questo
contrasto con certi modi di agire e in situazioni di tensione, di do- verbo è il medesimo che Paolo usa nella lettera scritta ai Corinti
lore, di solitudine. Emblematico è il conflitto con Pietro ad Antio- per descrivere il processo di trasformazione che lui – e ogni Apo-
96 chia, in cui Paolo si trova in una situazione estremamente imba-
razzante e difficile.
stolo e pastore dietro di lui – sperimentano, riflettendo la gloria di
Cristo: «Noi tutti – è chiaro che esprime una sua esperienza che
Innanzitutto ciò che dobbiamo ricavare da queste considerazioni poi vuole condividere con noi – a viso scoperto, riflettendo come
è che non ci si deve stupire di queste cose: nella storia della Chie- in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quel-
sa questi conflitti nascono. la medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello
È una realtà sulla quale dobbiamo, come Paolo, continuamente ri- Spirito del Signore» (2Cor 3, 18). È la descrizione di quanto stiamo
flettere per purificarci e per trovarne la soluzione in un approfon- considerando: Paolo investito della gloria del Signore a Damasco,
dimento delle cose e non in una semplice rassegnazione. Non stu- si trasforma. Ma il verbo è al presente per indicare una azione di
pirci, ma crescere nella comprensione di noi stessi e degli altri. Se continua trasformazione, di gloria in gloria, per la forza dello Spi-
nella vita di Paolo sono entrati, in qualche momento, dei persona- rito di Dio. Si trasforma ad immagine di Gesù, acquista la lumino-
lismi, quanto più in noi. Bisogna sapersi conoscere, sapere com- sità di Cristo.
prendere come nei conflitti che viviamo non sempre è in gioco Non dimentichiamo che la festa e l’episodio della Trasfigurazione
soltanto l’onore e la gloria di Dio, ma qualche volta anche la no- è ampiamente usato nella liturgia della Chiesa greca per indicare
stra personalità. Bisogna saper crescere nella misericordia che è ciò che avviene nel cristiano attraverso l’integrazione progressiva
l’atteggiamento con cui Dio considera la storia e le realtà umane. che egli fa dei doni battesimali.
Parlando di «trasfigurazione» di Paolo voglio riferirmi al crescen-
Cosa si intende per trasfigurazione do di luminosità e di trasparenza che avviene in lui lungo il suo
cammino pastorale e che si riflette in maniera inimitabile nelle
Diamo alla meditazione il titolo di «trasfigurazione» perché il pun- grandi lettere.
to di riferimento è la Trasfigurazione di Cristo: «Mentre pregava, il Leggendole siamo affascinati dalla chiarezza e dallo splendore
suo volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfol- della sua anima e dopo duemila anni sentiamo che dietro alle pa-
role scritte c’è una persona viva, ricca, palpitante e illuminante. be averla. È tipica della trasfigurazione, non frutto di buon carat-
Il suo aspetto trasfigurato attraeva la gente e costituiva uno dei tere, non dote naturale, non umana. «Siamo infatti tribolati da
segreti della sua azione apostolica. Era il risultato del lungo cam- ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti ma non disperati;
mino di prova, di sofferenza, di preghiere incessanti, di confiden- perseguitati ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi, portando
za rinnovata. sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché an-
Anche il discepolo, come Paolo, è chiamato a diventare, attraver- che la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4, 8-10).
so l’esperienza, le sofferenze, le fatiche, i doni di Dio, luminoso e Non è una situazione di tranquillità; è una gioia vera che fa i conti
trasparente. con tutti i tipi di pesantezze, di difficoltà, di cose spiacevoli che gli
Nelle sue parole e nella sua azione la gente deve trovare quel sen- avvengono; coi malintesi, coi malumori nei quali vive la sua gior-
timento di pace, di serenità, di confidenza, che è indescrivibile ma nata. Come la viviamo noi. Paolo era un po’ nevrastenico di ca-
100 che si percepisce senza alcun ragionamento.
Ciascuno di noi ha avuto modo, per grazia di Dio, di conoscere
rattere e perciò soggetto a depressioni e a momenti di sconforto.
Egli sperimenta gradualmente nella sua vita che non c’è momento
persone che sono state così nella loro vita: irradiavano ciò che di sconforto in cui non appaia qualcosa di più forte dentro di lui.
Paolo lascia trasparire abbondantemente da tutto il suo modo di
parlare e di esprimersi.
Possiamo ricavarle da tre atteggiamenti interiori tipici di questa
trasfigurazione e da due più esteriori. Come raggiungere e mante-
nere in noi qualcosa di simile a questa trasfigurazione, che è dono
di Dio anche per noi?
Gli atteggiamenti interiori della trasfigurazione
a) Il primo atteggiamento, che troviamo in tutte le lettere, anche
le più conflittuali, è una grande gioia interiore e pace: «Sono pie-
no di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione»
(2Cor 7, 4). Paolo mette chiaramente insieme le sue moltissime
tribolazioni con la gioia, anzi con una gioia sovrabbondante. Che
non sia forzata o idealistica lo ricaviamo dalle stesse lettere: «Ab-
biamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza
straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4, 7). Paolo ricono-
sce che questa gioia straordinaria viene da Dio: da sé non potreb-
G. Bindi
Ancora, è una gioia che guarda intorno a sé, è per la sua comu- il rimprovero, non la rassegnata amarezza. Come dono di Dio, nel-
nità, non è privata; è gioia per ciò che succede intorno a lui, per la sua trasfigurazione apostolica ha la capacità di vedere sempre
le comunità che sta seguendo. «Siamo i collaboratori della vostra per prima cosa il bene. Cominciare ogni lettera col ringraziamen-
gioia» (2Cor 1, 24). E scrivendo ai Filippesi definisce le comunità to, vuol dire saper valutare innanzitutto il positivo che c’è nella co-
come «mia gioia e mia corona» (Fil 4, 1). munità a cui scrive, anche se poi ci saranno cose gravissime, ne-
Non illudiamoci che fosse una comunità ideale, perfetta: anzi dal- gative. All’inizio della prima lettera ai Corinti la comunità è lodata
la lettera sappiamo che Paolo deve scongiurarli, quasi in ginoc- come piena di ogni dono, di ogni sapienza; poi vengono i rimpro-
chio, di non litigare, di non mordersi, di non dividersi: «Non fate veri; ma non è un’incongruenza. Gli occhi della fede gli permetto-
nulla per spirito di rivalità, per vanagloria» (Fil 2, 3). Vuole dire che no di vedere che un briciolo di fede dei suoi poveri pagani conver-
c’erano rivalità e vanagloria, che la comunità non era facile, che titi è un dono talmente immenso da fargli lodare Dio senza fine.
102 gli creava problemi e molestie. Eppure riesce a considerarla come
la sua gioia perché gli è stata donata una visuale di fede che va al-
Il discepolo maturo ha la capacità di riconoscere il bene che c’è in-
torno e di esprimerlo con semplicità.
dilà della considerazione delle cose puramente pragmatica, abi-
tuale, di routine. c) Il terzo atteggiamento è la lode.
È un vero dono soprannaturale, potenza dello Spirito che era in lui In Paolo abbiamo quelle lodi meravigliose che continuano la tra-
ormai in grado eminente. dizione giudaica delle benedizioni. Egli le sa ampliare per tutto
quello che riguarda la vita della comunità, nel Cristo. Per esem-
b) Il secondo atteggiamento interiore conseguente al primo è la pio: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
capacità di riconoscenza. Esorta i suoi a ringraziare con gioia il Pa- che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cri-
dre (Col 1, 12). È tipico dell’Apostolo unire la gioia al ringrazia- sto» (Ef 1, 3). La preghiera di Paolo, così come la conosciamo nel-
mento. le lettere, è prima di tutto di lode: diventa anche di intercessione
Tutte le lettere cominciano con una preghiera di ringraziamento, ma spontaneamente la prima espressione che gli viene è di lode.
eccetto quella ai Galati perché è di rimprovero. Paolo sa ringrazia- Così può valorizzare i suoi momenti più oscuri: «Sia benedetto
re e le sue parole non sono un formulario vuoto ma esprimono Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e
ciò che sente. D’altra parte lo stesso Nuovo Testamento incomin- Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribola-
cia con una preghiera di ringraziamento: infatti, con ogni proba- zione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano
bilità, lo scritto più antico del Nuovo Testamento, quello che ha in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo
preceduto anche la stesura definitiva dei Vangeli, è la prima lette- consolati noi stessi da Dio» (2Cor 1, 3). Potremmo usare le sue
ra ai Tessalonicesi. Quindi, la prima parola del Nuovo Testamen- frasi come specchio per domandarci se possiamo dirle in prima
to è: «Grazia a voi e pace. Ringraziamo sempre Dio per tutti voi». persona come espressione di ciò che c’è in noi di più profondo (o
All’opposto, non troviamo mai in Paolo la deplorazione sterile. C’è se invece sentiamo la fatica di dire queste cose).
La grazia da chiedere a Dio è che questi atteggiamenti tipici del di- la carità di Dio: «La carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori
scepolo trasfigurato dal Cristo risorto, diventino nostra esperien- per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). Il suo
za abituale. modo di agire è riversato dall’alto, è un dono, ed è quello che fa
sì che la delusione non sia mai definitiva. «Siamo addirittura or-
Gli atteggiamenti esterni di Paolo trasfigurato nel Cristo gogliosi delle nostre sofferenze» (Rm 5, 3), «perché sappiamo che
la sofferenza produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la
a) Il primo atteggiamento esterno è l’instancabile ripresa che ha virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’a-
davvero del prodigioso. more di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spiri-
Fin dal primo giorno della sua conversione: predica a Damasco e to Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 3-5).
deve fuggire; va a Gerusalemme, predica e lo fanno partire; a Tar- Se queste parole fossero dette da un neo-convertito ai primi ini-
104 so rimane finché la provvidenza non lo richiama; quando lo richia-
ma, dimenticati i risentimenti passati, riparte. Nel suo viaggio mis-
zi dell’entusiasmo, potremmo pensare che parli senza esperienza.
Dette da un missionario che ha vissuto vent’anni di prove, acqui-
sionario praticamente ogni stazione è un ricominciare da capo; stano un suono diverso e ci fanno profondamente riflettere. Nes-
predica ad Antiochia di Pisidia, viene cacciato e va a Iconio; a Ico- suno sforzo umano può giungere a questo atteggiamento: è la ca-
nio minacciano un attentato contro di lui, tentano di lapidarlo e va rità di Dio diffusa nei nostri cuori per lo Spirito che ci è dato.
a Listra. A Listra è sottoposto a una gragnuola di sassi. È interes- La trasfigurazione di Paolo è, ancora una volta, la forza del Risorto
sante notare l’impassibilità con cui Luca descrive la scena: «Giun- che entra nella sua debolezza e vive in lui.
sero da Antiochia e da Iconio alcuni Giudei, i quali trassero dalla
loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trasci- b) Il secondo atteggiamento esterno è la libertà dello spirito. Sen-
narono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero at- te di avere raggiunto una situazione in cui non agisce più per co-
torno i discepoli ed egli, alzatosi, entrò in città. Il giorno dopo par- strizione o per conformazione volontaristica a modelli esterni:
tì con Barnaba alla volta di Derbe. Dopo aver predicato il Vangelo agisce perché è ricco dentro. Può allora assumere atteggiamen-
in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritor- ti arditi che sarebbe temerario imitare. Vediamo questa libertà di
narono a Listra, Iconio e Antiochia» (At 14, 19-21). spirito nella lettera ai Galati quando dice che umanamente sareb-
È così un po’ tutta la sua vita: da Atene esce umiliato, preso in giro be stato più prudente circoncidere Tito secondo le richieste dei
dai filosofi, eppure va a Corinto e ricomincia, anche se ha l’animo giudeo-cristiani: «Ad essi però non cedemmo per riguardo nep-
pieno di timore. pure un istante perché la verità del V angelo continuasse a rima-
Questa ripresa non è umana: un uomo dopo alcuni tentativi fal- nere salda tra di voi» (Gal 2, 5). Paolo è libero da ogni giudizio o
liti, umanamente resta fiaccato. Noi non possediamo la sua in- opinione corrente: è molto difficile perseverare isolati di fronte
stancabilità, nemmeno lui la possedeva: è un riflesso di quella che ad una mentalità comune, ad una cultura avversa. Lo fa con estre-
chiamerà «la carità». «La carità non si stanca mai» (1Cor 13, 7). È ma libertà, senza vittimismi, perché la ricchezza che sente dentro
non è paragonabile in peso all’opinione altrui. Questa sua forza gli libertà non divenga pretesto – e noi sappiamo che sotto la paro-
permette, a un certo punto, di opporsi addirittura a Cefa. È un ca- la libertà c’è molto spesso un pretesto – per vivere secondo la car-
so-limite di libertà: «(Ad Antiochia) anche gli altri Giudei imitaro- ne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,
no Pietro nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò 1-13). È uno dei pochi passi in cui essere a servizio – in greco esse-
attirare nella loro ipocrisia» (Gal 2, 13). Quella che chiama ipocri- re schiavi – si applica gli uni agli altri. L’assolutezza del servizio di
sia evidentemente per Barnaba era il desiderio di mediare tra le Cristo rende l’uomo libero al punto di non temere di farsi schiavo
parti. Paolo non accetta e di qui la sua resistenza che chiarisce la del fratello. Questa libertà quindi è fonte di servizio umilissimo ed
situazione. è la radice di quel «con tutta umiltà» che è la caratteristica dell’a-
Una libertà che non è arbitrio o presunzione ma senso di assolu- postolato di Paolo.
ta e totale appartenenza come schiavo, come servo di Cristo. Lui È difficile esprimere queste cose a parole perché si rimpicciolisco-
106 stesso mette talora in parallelo l’essere servo di Cristo con l’esse-
re libero da tutte le altre opinioni umane.
no, si banalizzano: il tentativo serve da invito a riprendere i testi
di Paolo e a lasciare che agiscano su di noi come parola ispirata,
In questa luce la libertà diventa una forma rigorosissima di ser- in tutta la loro forza.
vizio: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque
saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Preghiera finale
Ecco, io Paolo vi dico: Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà
a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere Ti ringraziamo, Padre, per il dono di gloria luminosa, affascinan-
che egli è obbligato a osservare tutta quanta la legge. Non ave- te, che hai posto sul volto del tuo Figlio Risorto. Questa gloria l’hai
te più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione mostrata alla tua Chiesa, nel tuo servo Paolo, come l’avevi mo-
nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi infatti pei virtù dello strata interiormente a Maria, Madre di Gesù, a Pietro e agli Apo-
Spirito attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. Poi- stoli.
ché in Cristo Gesù non è la circoncisione, ma la fede che opera per Ti ringraziamo perché continui a mostrare questa gloria nella sto-
mezzo della carità. Correvate così bene; chi vi ha tagliato la stra- ria della Chiesa attraverso i santi. Ti ringraziamo per i santi che
da che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non vie- abbiamo conosciuto, per tutti coloro i cui scritti, le cui parole ci
ne sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermen- edificano, per tutti coloro la cui vita ci è di sostegno. Manifesta
tare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore che non la gloria del volto di Cristo anche a noi, perché qualcosa di quello
penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, splendore risplenda in noi stessi e, interiormente trasformati, pos-
chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la cir- siamo conoscere il tuo Figlio Gesù e farlo conoscere come sorgen-
concisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque annulla- te di trasformazione della vita di ogni uomo. Te lo chiediamo, Pa-
to lo scandalo della croce? Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi dre, per Cristo nostro Signore. Amen.
turbano. Voi fratelli, siete stati chiamati a libertà... Purché questa
8. Passio Pauli, Passio Christi
(At 21,27-36)
Documento discernimento – pagg. 10; 30-31
Le scelte che maturano nel discernimento cristiano non di rado
esigono il passaggio dalla ‘porta stretta’. Si tratta della difficoltà
108 a capire e della necessità di un abbandono fiducioso a Dio pur
nel dubbio più profondo.
Ancora una volta Paolo ci offre un esempio vivo di questo pas-
saggio difficile.
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
La formula «passio Pauli», passione di Paolo, si usa comunemen-
Daniele Tavani
te per indicare i capitoli degli Atti degli Apostoli che vanno dal 21
al 28, cioè l’ultima parte del libro: dalla prigionia a Gerusalemme
alla prigionia a Roma.
Vogliamo estendere la «passione di Paolo» anche alle sofferenze L’arresto di Cristo e l’arresto di Paolo
successive che conosciamo in parte dagli accenni delle lettere e in
parte dalla tradizione. È singolare che gli Atti degli Apostoli non ci «Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precede-
narrino tutta la vita di Paolo, ma si fermino ad un certo punto, in- va colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù
troducendo poi i capitoli sulla sua «passione». L’attività apostolica per baciarlo. Gesù gli disse: “Giuda, con un bacio tradisci il Figlio
è descritta in tanti capitoli quanti sono quelli che descrivono l’im- dell’uomo?”. Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che sta-
prigionamento, il processo, fino alla prigionia a Roma. va per accadere, dissero: “Signore, dobbiamo colpire con la spa-
Anche nei Vangeli, la Passione di Cristo ha un trattamento amplis- da?”» (Lc 22, 47-49).
simo rispetto alla brevità della vita narrata in precedenza. L’evan- Paolo si trovava nel tempio, aspettando i giorni della Purificazio-
gelista corre per brevi note su due o tre anni della vita pubblica ne, «quando i Giudei della provincia di Asia, vistolo nel tempio,
110 di Cristo, mentre descrive la Passione quasi ora per ora, minuto
per minuto.
aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando: Uo-
mini di Israele, aiuto! Questo è l’uomo che va insegnando a tutti
Comprendiamo da questo fatto l’importanza che l’evangelista, la e dovunque contro il popolo, contro la legge e contro questo luo-
Chiesa primitiva, danno alla Passione di Cristo e alla passione di
Paolo.
Gli evangelisti hanno compreso che Cristo era Messia e rivelatore
del Padre soprattutto nella Passione.
Lo stesso accade per Paolo, testimone di Cristo non soltanto nei
discorsi travolgenti o dotti o pieni di tenerezza ma anche quando
viene imprigionato, portato davanti ai tribunali, trasferito da un
carcere all’altro, con sorte incerta, con limitazioni gravi della liber-
tà, con il timore della morte.
Come grazia specifica di questa meditazione possiamo chiedere di
comprendere la frase misteriosa della lettera ai Filippesi: «Perché
io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la parte-
cipazione alle sue sofferenze» (Fil 3,10). Paolo desidera conosce-
re Gesù entrando in misteriosa comunione anche fisica con le sue
sofferenze.
F. Mastrella
go; ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato e, ispirandosi alla vita del Maestro, vive le situazioni con propria re-
il luogo santo!» (At 21, 2727). Tutta la città è in subbuglio. Paolo è sponsabilità e si comporta con dignità e con fermezza. Imita Gesù
trascinato fuori del tempio, chiudono le porte, cercano di uccider- nella dignità, nel senso della giustizia, nella nobiltà d’animo; però
lo. Quando giunge il tribuno con la coorte, lo arrestano e lo lega- agisce in altro modo, nell’ampiezza e nel calore con cui difende se
no con due catene. Da questo momento, Paolo è in prigione per stesso, nel tentativo di confondere gli avversari; e riesce a dividere
lunghissimo tempo. Che cosa hanno in comune le due scene pur il Sinedrio facendo litigare fra loro i suoi accusatori.
nella loro diversità? Gesù testimonia in brevissime parole la perseveranza nell’affer-
In entrambi i casi, l’arresto è proditorio, ingiusto; è un arresto fat- mazione della propria missione e il coraggio della parola: «Tu lo
to alle spalle, con un agguato. Agguato per Gesù ed agguato an- dici, tu dici che io sono re; vedrete il Figlio dell’Uomo seduto alla
che per Paolo, suscitato ad arte dai suoi nemici. destra della potenza di Dio».
112 Per entrambi l’arresto avviene nel momento in cui si spendevano
per il loro popolo.
In tutti e due i processi, vediamo che dietro a una parvenza di giu-
stizia prevalgono interessi personali, paure, scontri di ambizioni
Per Gesù avviene nella notte della preghiera, per Paolo nel mo- individuali o di gruppi. Sia Gesù che Paolo sono sottoposti alle in-
mento dell’offerta quando, dopo aver portato doni per il suo po- certezze del giudizio umano; se Paolo poteva avere qualche spe-
polo, ha spinto la sua condiscendenza fino a volersi purificare nel ranza – l’aveva sempre fomentata nelle sue lettere, là dove insiste
tempio. Sono toccati nell’istante della loro dedicazione apostoli- sul rispetto dell’autorità –, si accorge che il tornaconto persona-
ca, del loro servizio. le, avido e meschino, prevale anche in chi dovrebbe garantire il
diritto.
Cristo e Paolo davanti ai tribunali Le sofferenze fisiche di Cristo e di Paolo
Gesù passa vari tribunali: il Sinedrio, il tribunale di Pilato, l’inter- Le sofferenze di Gesù sembrano molto più grandi perché sono
rogatorio con varie accuse alle quali prima risponde e, da un certo descritte ampiamente nel resoconto della Passione. Di Paolo si
momento in avanti, tace. Il processo di Paolo è descritto più am- può solo intuire la situazione pesante dell’essere in prigione: di
piamente ed è segnato da una lunga serie di discorsi: il discorso fatto ha già avuto in precedenza sofferenze notevoli nelle flagel-
fatto sui gradini del tempio al cap. 22 degli Atti, quello davanti al lazioni o nelle lapidazioni alle quali è stato sottoposto. Egli le ri-
Sinedrio nel cap. 23, davanti a Felice nel cap. 24, l’arringa davan- ferisce quasi considerandole come un avvenimento che si aspet-
ti a Festo nel cap. 25 e davanti al re Agrippa nel cap. 26. Una serie tava.
di apologie di Paolo che si difende, a differenza di Gesù che dice Paolo dà più rilievo alle sofferenze morali, soprattutto alla solitu-
solo brevi parole. dine. Questo aspetto è quello che maggiormente indica cosa ac-
È interessante notare la diversità delle situazioni: Paolo non è un comuna la nostra passione con la passione di Cristo e di Paolo.
pedissequo imitatore di Gesù. Sente di avere in sé lo Spirito di Dio Certamente le sofferenze morali più gravi che Cristo sopporta
Marco Paolucci
sono dovute all’abbandono totale in cui viene lasciato da parte Certamente ci danno l’immagine di un Paolo in parabola discen-
degli uomini. Tutti fuggono: solo Pietro lo segue da lontano e poi dente. Non è più l’entusiasta della lettera ai Galati, della lettera ai
lo rinnega. Gesù che in fondo si era abituato ad avere sempre Romani, con le grandi sintesi teologiche. È un uomo che lotta con-
qualcuno che lo sosteneva – e questa è un’abitudine che ci si fa – tro le difficoltà quotidiane, nella solitudine, e lascia trapelare an-
si vede rapidamente ridotto alla solitudine più estrema. La solitu- che un certo pessimismo. Denuncia ciò che sta avvenendo e pre-
dine è accresciuta dal misterioso abbandono di Dio che si espri- vede dei mali futuri; il tono oscuro e deplorativo ha preso il posto
me nel grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato». della speranza, della baldanza, dell’ardore.
Che cosa dire della sofferenza morale di Paolo? Questa prova attraverso cui Paolo è passato, è una prova reale,
Paolo sperimenta lungo la sua passio, intesa fino alla fine della nella quale riconosce che non ha più un possesso completo delle
sua vita, un abbandono progressivo dei discepoli. Lui, che è così sue forze, dell’ottimismo, dell’entusiasmo, ma deve fare i conti con
116 pieno di carica vitale, esce in affermazioni che non riescono a na-
scondere che è stanco e ha l’impressione di aver sofferto al limite
la fatica e l’accumularsi di pesi e delusioni. Dio ci vuole mostrare in
lui il segno che l’uomo viene purificato in tanti modi e questa è una
delle forze; dice: «Cerca di venire presto da me – sono parole di profonda forma di purificazione.
chi veramente non ne può più – perché Dema mi ha abbandona- Ci possiamo chiedere se Paolo abbia provato anche abbandono da
to avendo preferito il secolo presente ed è partito per Tessalonica; parte di Dio, le tenebre interiori, la desolazione, la notte dello spi-
Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia – come dire: ecco- rito. Autobiograficamente non è possibile determinarlo. Tuttavia,
mi qua solo –. Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, parla più volte delle forze oscure del male che cercano di ottene-
perché mi sarà utile per il ministero». E continua: «Alessandro, il brare l’uomo, che lo insidiano e non lo risparmiano. Egli conosce,
ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secon- quindi, queste potenze delle tenebre che insidiano continuamen-
do le sue opere; guardatene anche tu, perché è stato un accani- te l’intimo di ciascuno di noi.
to avversario della nostra predicazione. Nella mia difesa in tribu-
nale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se La passione del cristiano
ne tenga conto contro di loro» (2Tm 4, 9-11. 14-16). Quest’ultima
è la frase più dura. Mi ha colpito, qualche tempo fa, un libro che descrive la prova del-
È un Paolo diverso da quello che siamo abituati a conoscere; è la fede di Teresa di Lisieux. L’ultima parte della vita di questa santa
stanco anche fisicamente, prostrato dalla prigionia, come appa- è stata profondamente oscura e, dopo i doni meravigliosi che ave-
re anche nelle altre lettere «pastorali» a Timoteo e a Tito. A noi va avuto da Dio, è entrata in uno stato quasi incomprensibile. Ella
qui non interessa stabilire se questi scritti sono di sua mano, se ri- stessa dice che è una prova dell’anima indicibile ed ha quasi pau-
portano frasi sue; li prendiamo come la Chiesa ce li ha tramanda- ra di parlarne. Poi scrive: «Suppongo di essere nata in un paese cir-
ti, come espressione della figura dell’Apostolo così come la Chiesa condato da una bruma spessa, mai ho contemplato l’aspetto ri-
primitiva l’ha conosciuta e ce la trasmette. dente della natura inondata, trasfigurata dallo splendore del sole;
…d’un tratto le tenebre che mi circondano, divengono più spesse, mi sentivo impeti gagliardissimi di andarmene disperso e fuggia-
penetrano nell’anima mia e la avviluppano in tal modo che non ri- sco per queste selve, stimolato a gettarmi da una finestra – quin-
esco più a ritrovare in essa l’immagine così dolce della mia Patria: di tentazioni di suicidio –, e continue gagliardissime tentazioni di
tutto è scomparso! Quando voglio riposare il cuore stanco delle disperazione».
tenebre che lo circondano; ricordando il paese luminoso al qua- E ancora: «Un’anima che ha provato carezze celesti e poi si trova a
le aspiro, il mio tormento raddoppia; mi pare che le tenebre, as- dover stare del tempo spogliata di tutto, anzi, arrivare a segno di
sumendo la voce dei peccatori mi dicano facendosi beffe di me: Tu trovarsi, a suo parere, abbandonata da Dio, che Dio non la voglia
sogni la luce, una patria dai profumi più soavi, tu sogni di possede- più, non si curi più di lei e che sia molto sdegnato, onde le pare che
re eternamente il Creatore di tutte queste meraviglie, credi di usci- tutto ciò che fa una tal anima sia tutto malfatto. Ah, non so spie-
re un giorno dalle brume che ti circondano. Vai avanti! Vai avan- garmi come desidero! Le basti sapere che questa è una sorte qua-
118 ti! Rallegrati della morte che ti darà non già ciò che speri, ma una
notte più profonda, la notte del niente». E ancora: «Quando can-
si di pena di danno, pena che supera ogni pena».
E poi: «L’impressione di non avere più né fede né speranza né ca-
to la felicità del Cielo, il possesso eterno di Dio non provo gioia al- rità, di sentirsi come sperduto nel profondo di un mare in tempe-
cuna, perché canto semplicemente ciò che voglio credere. A volte,
è vero, un minimo raggio scende a illuminare la mia notte, allo-
ra la prova si interrompe per un attimo, ma subito dopo, il ricor-
do di questo raggio, invece di rallegrarmi, rende ancora più fitte le
mie tenebre». «È l’agonia pura – dice il 30 settembre, giorno della
morte – senza alcuna traccia di consolazione» .
Sono parole che ci colpiscono. Forse una delle più dure è quella
riferita al processo di beatificazione da una consorella che l’ave-
va sentita: «Se sapeste in quali tenebre sono immersa; non credo
nella vita eterna, mi sembra che dopo questa vita mortale non vi
sia più nulla. Tutto è scomparso per me, non mi rimane altro che
l’amore».
Ha l’impressione di non credere più, però sente che l’amore c’è:
non è una contraddizione, è la purificazione terribile della carità.
Sono esperienze che fanno parte del cammino cristiano.
Possiamo trovare anche in altri santi confessioni di questo tipo.
S. Paolo della Croce durante la sua ultima malattia esce in espres-
sioni che fanno davvero pensare. Confida a un confratello: «Oggi
Oscar Tosetti
sta senza avere chi gli porga una tavola per sfuggire al naufragio, di fede, valutandone il significato alla luce del piano salvifico. «…
né dall’alto né dalla terra. Non ha nessun lume di Dio, incapace il Salvatore nostro Gesù Cristo… del quale io sono stato costitui-
di un minimo buon pensiero, incapace di trattare alcun argomen- to araldo, Apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che sof-
to di vita spirituale, desolato come i monti di Gelboe e sepolto nel fro» (2Tm 1, 9-11). Se soffro, soffro per Cristo e «non me ne vergo-
ghiaccio. Nelle orazioni stesse vocali non so far altro che passare gno: so infatti a chi ho creduto e sono convinto che egli è capace
i grani della corona». di conservare fino a quel giorno il deposito che mi è stato affida-
Racconta un suo confratello: «Entrando nella sua camera quando to» (2Tm 1, 12).
stava infermo, con voce da muovere a compassione anche le tigri
disse per tre volte: “Sono abbandonato”». – Lo spirito di fede è intriso di senso ecclesiale per ciò che sof-
Certamente conta molto il carattere delle persone. Chi è molto fre. «Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato
120 sensibile in certi momenti di fatica, di depressione e di malattia
giunge a parlare così di sé. Comunque è vero che Dio permette
dai morti, secondo il mio Vangelo, a causa del quale io soffro fino
a portare le catene come un malfattore; ma la parola di Dio non
misteriosamente nei suoi santi la prova dell’abbandono. È una si- è incatenata! Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché an-
tuazione reale e quando avviene deve farci pensare che è il cam- ch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù insieme alla
mino percorso da Cristo sulla croce, percorso da Paolo e percor- gloria eterna» (2Tm 2, 8-10). Io soffro ma per gli altri, per tutta la
so da tanti santi. Chiesa, per l’opera di Cristo. «Sono lieto delle sofferenze che sop-
Paolo, scrivendo a Timoteo, subito dopo aver detto: «Tutti mi han- porto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai pati-
no abbandonato» aveva affermato: «Il Signore però mi è stato vi- menti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono
cino e mi ha dato forza… Il Signore mi libererà da ogni male e mi diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso
salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei seco- di voi: di realizzare la sua parola» (Col 1, 24-25).
li» (2Tm 4, 17-18). Il profondissimo senso di missione che è la molla interiore di tutto
La potenza dello Spirito in lui gli aveva permesso di superare un ciò che fa per la Chiesa, non lo abbandona neanche in questi mo-
momento in cui poteva essere tentato addirittura di disperazione. menti, ma gli dà la grazia di considerarli come il completamento
Non possiamo però sapere se l’ultimo quarto d’ora della sua vita del servizio che vuol compiere fino in fondo.
sia stato un tempo di luminosità, di chiarezza, oppure di tenebra.
Il mistero del cammino umano va verso l’esperienza della morte. Domande per noi
Come Paolo ha vissuto la comunione con la passione di Cristo Potremmo concludere chiedendoci qual è il nostro atteggiamento.
Innanzitutto dobbiamo riconoscerci estremamente fragili, suscet-
1– Dalle lettere in cui Paolo parla delle sue sofferenze ricaviamo, tibili di essere tentati, forse anche in cose da poco e di dover pas-
prima di tutto, che ha da Dio il dono di viverle con grande spirito sare per questi momenti difficili. Il senso della fragilità è impor-
tante perché, altrimenti, rischiamo di parlare di queste cose con ciascuno di noi a mancare di fede e di speranza, suggerendoci una
facilità, e quando ci troviamo a viverle reagiamo in modo del tut- visione rassegnata della vita, senza la luce interpretativa del piano
to contrario, cambiando, per così dire, mondo e linguaggio. La co- salvifico di Dio. Continuamente vuol distruggere la scintilla della
scienza della nostra fragilità ci permette di collegare meglio ciò fede che ci permette di vedere tutto come cammino di Dio in noi
che leggiamo con ciò che in realtà viviamo. e cammino nostro verso di lui.
Per questo è necessaria la vigilanza di cui abbiamo già parlato e Il Nuovo Testamento esorta alla vigilanza, alla lotta, perché conosce
che Paolo ricorda spesso: «E quando si dirà: pace e sicurezza, al- bene la condizione umana e sa che le prove sono per tutti; quando
lora d’improvviso vi colpirà la rovina, come le doglie di una don- pensiamo che sono passate, sono invece più vicine che mai.
na incinta; e nessuno scamperà. Ma voi, fratelli, non siete nelle te- Chiediamo al Signore che nella riflessione sulla passione di Cristo
nebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro; voi e sulla passione di Paolo, sia dato anche a noi di camminare nella
122 tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo del-
la notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri,
via di Dio e di resistere con coraggio nelle difficoltà, e di poter aiu-
tare altri, molti altri, affinché non soccombano nella prova.
ma restiamo svegli e siamo sobri» (1Ts 5, 3-6).
«Rivestitevi con la corazza della fede e della carità e avendo come
Preghiera finale
elmo la speranza della salvezza» (1 Ts 5, 8). «Rivestitevi dell’arma-
tura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra Tu conosci, Padre di misericordia, quanto è importante per noi la
battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, misteriosa comunione con le sofferenze del Cristo. Tu sai come ci è
ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo difficile, lontana dalla nostra mentalità, smentita continuamente
mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle re- dal linguaggio quotidiano. Per questo ti chiediamo umilmente, in-
gioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate sieme con Paolo, di aprirci gli occhi della mente e del cuore perché
resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver supera- conosciamo Cristo, la potenza della sua Risurrezione, la comunica-
to tutte le prove» (Ef 6, 11-13). zione alle sue prove, per potere con lui offrire la nostra vita per il
L’esistenza cristiana è una prova non da poco perché ci mette di corpo di Cristo. Illumina, o Signore, la nostra mente perché possia-
fronte ad un avversario implacabile che continuamente torna mo comprendere le parole della Scrittura, riscalda il nostro cuore
ad attaccarci. Quando consideriamo la realtà quotidiana, le cose perché avvertiamo che non sono lontane ma, in realtà, le stiamo
semplici di ogni giorno, questo linguaggio ci sembra eccessivo; ma vivendo e sono la chiave della nostra esperienza presente, della si-
se andiamo più a fondo nella nostra storia, nella storia degli altri tuazione di tante persone oggi nel mondo.
uomini, nelle prove dolorosissime che la gente vive, nei problemi Te lo chiediamo, Padre, insieme con Maria, Madre addolorata,
che portano all’angoscia e alla disperazione, allora vediamo molto con Paolo, per la gloria di Gesù, morto e risorto per noi, che vive e
più chiaramente che il nemico dell’uomo è all’opera. Esso cerca in regna nella Chiesa e nel mondo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
tutte le maniere più semplici, più coperte, più subdole, di portare
9. Dio è misericordia
(At 20,17-24)
Documento discernimento – pag. 13
L’ultima parola di Paolo ai presbiteri di Mileto è anche l’ultima
parola sul discernimento: quella che rimanda alla Parola della
124 Grazia di Dio che è stata annunciata ed accolta come strada di
salvezza; quella che rimanda all’esempio di una vita completa-
mente attraversata e modellata da tale annuncio (La ricchezza
del brano permette di leggerlo in modo anche molto diverso da
quanto già fatto considerando l’umiltà di Paolo)
Preghiera iniziale
Ti ringraziamo, Padre, per averci riuniti nel nome del tuo Figlio. È
lui che ci ha portato qui e noi abbiamo obbedito alla voce del suo
Spirito, più profonda di tutte le altre ragioni umane. Siamo davan-
ti a Te per dire la tua Parola e per ascoltarla. Risveglia in noi un au-
tentico Spirito di ricerca di Te, risveglia in noi il dono del battesimo
e della cresima, risveglia la pienezza dei doni che ci hanno condot-
to fino a questo momento perché, ringraziandoti nella gioia, pos-
siamo conoscere ora la tua volontà. Te lo chiediamo per Cristo no-
stro Signore. Amen.
Paolo a Mileto dice l’ultima parola della sua vita pubblica. Per que-
sto ha un significato particolare e riassuntivo di ciò che l’Apostolo
pensava e voleva, e di come la Chiesa primitiva se lo raffigurava.
Chiediamo, di fronte all’ultima parola di Paolo, di poterla com- Può essere utile il parallelo con la vita di Gesù. Secondo il Vange-
prendere nello spirito con cui l’ha pronunciata, dandole tutta la lo di Giovanni l’ultima parola di Gesù, riassuntiva di ciò che ha fat-
verità che essa ha oggi per noi, come Parola di Dio, viva ed effi- to, è: «E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conosce-
cace. re, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro»
(Gv 17, 26). Secondo il Vangelo di Luca, l’ultima parola è un invito
«E ora vi affido al Signore e alla Parola della sua grazia che ha il alla vigilanza: «Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbia-
potere di edificare e di concedere la eredità con tutti i santifica- te la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di compari-
ti» (At 20, 32). re davanti al Figlio dell’uomo» (Le 21, 36). Questo invito corre an-
È questa la conclusione solenne del discorso, sulla quale vogliamo che nella penultima parola del discorso di Mileto.
riflettere. Essa ha anche, come vedremo, un valore di preghiera li- Analoga è la finale in Marco, mentre in Matteo è il giudizio sulle
126 turgica, di benedizione. Faccio notare, però, che dopo c’è un’ag-
giunta, quasi che Paolo voglia insistere su un tema che gli sta a
opere di misericordia.
Ogni evangelista fa concludere la predicazione pubblica di Gesù
cuore: «Non ho desiderato né argento né oro, né la veste di nes- con ciò che è particolarmente significativo per ciascuno.
suno. Voi sapete che alle mie necessità e di quelli che erano con
me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho
dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricor-
dandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: “Vi è più gioia nel
dare che nel ricevere”» (At 20, 33-35).
Cronologicamente, quindi, l’ultima parola meravigliosa e riassun-
tiva dell’esperienza paolina è: «Vi è più gioia nel dare che nel ri-
cevere».
Tuttavia noi ci fermiamo sulla finale «ufficiale» che è ugualmen-
te significativa e conclusiva della sua vita pastorale, anche perché
corrisponde a ciò che si desidera al termine di un ritiro.
Che cosa rappresenta, infatti, questa parola nella struttura del di-
scorso di Mileto?
Paolo ha parlato ai presbiteri; ora deve abbandonarli e si preoc-
cupa di ciò che faranno, del loro avvenire. A loro volta, i presbite-
ri si chiedono come porteranno avanti il lavoro vissuto insieme.
Quella parola è, quindi, la risposta di Paolo, la sua raccomandazio-
ne, il suo ricordo finale alla comunità.
Così gli Atti fanno concludere la vita pubblica dell’Apostolo con vergli, di fare adunanze, di fargli sapere notizie, di tenere presen-
una frase che è significativa per tutto ciò che Paolo è, proclama, te la lettura della Scrittura.
crede, vive. Invece Paolo li affida a Dio, sottolineando così che l’avvenire e la
perseveranza sono nelle mani di Dio: è Lui che riceve e sostiene. È
L’ultima parola di Paolo una conclusione abbastanza comune per la Chiesa primitiva quan-
do si trova in situazioni analoghe. Alla fine del primo viaggio mis-
- «E ora»: il termine greco «kài tà nun» è abbastanza singolare e sionario, lungo la strada del ritorno, Barnaba e Paolo rianimarono
raro nel Nuovo Testamento. i discepoli esortandoli a restare saldi nella fede; designarono de-
Vuol dire: «Per quanto, dunque, concerne la presente situazio- gli anziani per ogni Chiesa e, dopo aver fatto preghiere e digiuni
ne». La vostra situazione di distacco da me, di incertezza per il fu- «li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto» (At 14, 23).
128 turo, di timore per ciò che vi capiterà.
Si tratta di una formula solenne e conclusiva che troviamo per
E poco dopo: «Fecero vela verso Antiochia da dove erano partiti
affidati alla grazia di Dio» (At 14, 26). Lo stile della comunità, dun-
esempio al termine della preghiera degli Apostoli, durante la pri- que, è quello di esprimere la parola definitiva come un affidarsi
ma persecuzione. Dopo aver detto: «Signore, tu che hai fatto il al Signore, alla sua grazia. L’affidare a Dio con preghiera e digiuno
cielo, la terra, il mare… tu che hai detto per bocca di Davide: è una forma liturgica solenne. Possiamo immaginare che avven-
Perché si agitarono le genti ga stendendo le mani e dicendo: «Ecco, vi affidiamo alla poten-
e i popoli tramarono cose vane? za di Dio».
Si sollevarono i re della terra Lo stesso verbo «affidare» ha una storia molto lunga. Nel Nuovo
e i principi si radunarono insieme, Testamento designa una realtà concreta, l’affidamento di un teso-
contro il Signore e contro il suo Cristo”; ro prezioso ad uno di cui ci si fida: ho un tesoro, devo partire e lo
davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo Santo do in mano a persona fidata. È vero che questo uso del termine
servo Gesù» (At 4, 24-27), conclude: «E ora (kài tà nun), Signore, che troviamo nel Nuovo Testamento, è un uso profano, però spie-
considera le loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con ga la mentalità che vi sta sotto e ha il suo culmine nella parola di
tutta franchezza la tua Parola» (At 4, 29). Analogamente l’espres- Gesù sulla croce: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito» (Lc
sione di Paolo suppone tutta la situazione precedente che ha de- 23, 46). È l’atto di suprema fiducia: Gesù consegna se stesso, la
lineato: il suo ministero nella comunità, il suo affetto per loro e la sua vita e la sua morte nelle mani di Dio sapendo che la custodirà
loro corrispondenza, i pericoli per l’avvenire e soprattutto il suo ti- e gliela renderà. Gioca tutto sulla certezza della potenza divina.
more per ciò che accadrà. Per questo conclude: «E ora…». Il salmo ripreso da Gesù: «Nelle tue mani affido il mio spirito, tu
mi libererai; liberami Signore, Dio fedele» (Sal 31, 6) è l’espressio-
- «Vi affido al Signore». È una parola che ci stupisce. Ci saremmo ne dell’uomo che dopo aver fatto tutti i calcoli, sa che l’unica cosa
aspettati che raccomandasse di essere fedeli, di stare uniti, di scri- che veramente conta è l’affidamento di sé alle mani di Dio. Per ri-
prendere l’immagine che abbiamo posto in una omelia tra il livel- nei riguardi dell’uomo. Ad essi contrappone: legge, peccato, van-
lo dell’operosità e quello dell’ascolto e della contemplazione, pos- to, carne, che indicano l’economia negativa o restrittiva in cui l’uo-
siamo dire che l’uomo, dopo aver messo in opera quanto può, mo tende a rinchiudersi per orgoglio, per autosufficienza, per de-
ritorna al suo livello fondamentale sapendo che è la realtà che lo bolezza o malvagità.
fa essere uomo. Per Paolo tutto l’impegno cristiano è proclamazione della grazia
Paolo, pur essendo preoccupato della comunità che gli è carissi- di Dio ricco in misericordia. «Poiché siamo suoi collaboratori, vi
ma, ha la certezza che Dio porterà avanti l’opera, la sosterrà, la il- esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio – questa è la
luminerà, la guiderà. Questa parola segna il culmine dell’affetto definizione dell’evangelizzatore! – Dio dice infatti: Al momento fa-
pastorale e insieme del distacco. Paolo ama molto quella comuni- vorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.
tà (il commiato avviene fra abbracci, pianti, preghiere sulla spiag- Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza»
130 gia presso la nave) ma sa che appartiene a Dio e che Dio è infini-
tamente più potente.
(2Cor 6, 1-2). È la sintesi dell’annuncio apostolico. L’aspetto rin-
novativo, trasformante della rivelazione di Dio che con la paro-
la «grazia» viene definito nella sua origine gratuita, libera, spon-
- «E alla Parola della sua grazia». L’espressione è inconsueta e tanea, al di là di ogni nostro merito o resistenza. Dio è più grande
dobbiamo cercare di chiarirla. del nostro cuore.
Il Vangelo di Luca la riporta come prima definizione del parlare di La definizione della seconda lettera ai Corinti è seguita dalla de-
Gesù. Nella Sinagoga di Nazareth, infatti, la gente, sentendolo, «gli scrizione della fisionomia dell’Apostolo modellato secondo le ca-
rendeva testimonianza ed era meravigliata davanti alle parole di ratteristiche di questa grazia: «In ogni cosa ci presentiamo come
grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4, 22). ministri di Dio, con fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità,
Possiamo allora dire che la Parola della grazia è un sinonimo del nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fa-
Vangelo, della manifestazione della iniziativa divina e gratuita di tiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, con pazien-
salvezza. Ecco il senso di questo termine «della grazia» – «chàrit- za, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di
os» –. Viene da «chàris», grazia, da cui deriva «charà», gioia e an- verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra
che la parola «gratis» usata da Paolo ad indicare l’azione di Dio che e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buo-
perdona il peccatore senza alcun suo merito. Maria sarà salutata na fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri, scono-
dall’angelo come «kecharitoméne» (Lc 1, 28), cioè graziata per ec- sciuti eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; pu-
cellenza, oggetto del favore pieno e illimitato di Dio. niti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma
È vocabolo tipico del Nuovo Testamento: ricorre 155 volte e circa facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possedia-
100 volte in Paolo. Paolo usa il termine «grazia» insieme con al- mo tutto!» (2Cor 6, 4-10).
tri: giustizia salvifica, fede, Vangelo, speranza, Spirito, tutte real- L’Apostolo, proclamando la grazia, vive un’esistenza in cui gli at-
tà che enuncia quando vuole parlare dell’economia positiva di Dio teggiamenti mondani – depressione, umiliazione, paura, ripiega-
Enrico Prenna
mento su di sé – lasciano il posto a serenità, gioia, fermezza, capa- Dio che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei se-
cità di arricchire altri: è il Vangelo vissuto. coli dei secoli. Amen» (Rm 16, 25-27); L’affidamento alla potenza
È significativo che, dopo essersi sfogato con quella lunga descrizio- divina diviene preghiera, dossologia e indica la solennità con cui
ne che è la sua esperienza, Paolo conclude: «La nostra bocca vi ha l’Apostolo intende la espressione.
parlato francamente, il nostro cuore si è tutto aperto per voi» (2Cor La Parola ha il potere di edificare tutta l’attività della comunità. La
6,11). Ha detto, cioè, tutto quello che aveva dentro: il mistero di es- comunità è un corpo che cresce secondo tutte le sue giunture ben
sere Apostolo della grazia e di vivere la contraddizione tra ciò che compatte, secondo una gerarchia interna, un ordine, una ricchez-
le circostanze tenderebbero ad ottenere soffocandolo e ciò che in- za di carismi. È un corpo che si sta formando ed è la Parola di Dio
vece, con estrema umiltà e modestia, sente che avviene in lui, l’ini- la forza edificatrice. Anche il contenuto e i messaggi di questa Pa-
ziativa divina che rovescia l’evidenza umana che lo schiaccerebbe. rola costruiscono l’edificio. E Paolo vede l’avvenire della comunità
134 L’Apostolo con la specificazione: «Vi affido alla Parola della gra-
zia», ricorda che Dio si manifesta loro nella Parola-Gesù. Paolo
che, restando fedele al primato della Parola, si costruisce nella ric-
chezza dei carismi, dei doni, dei servizi, dei ministeri.
non sarà più con la comunità, non parlerà più ma la Parola di Dio è
sempre con loro e la potenza di questa Parola rinnova con una ini- - «E di concedere l’eredità con tutti i santificati». La Parola di Dio
ziativa gratuita che previene e ripara ogni umana debolezza. opera anche 1’accrescimento della comunità, chiamando molti al-
Nel libro degli Atti torna spesso il riferimento alla Parola personi- tri a partecipare e a godere di questa eredità preziosa.
ficata, come persona che agisce e che ha potere. Luca, anche nel
Vangelo, scrive che «il fanciullo (Gesù) cresceva» (Lc 2, 40). La Pa- Conclusione
rola è vista come Gesù stesso che cresce nella comunità, che vive
e opera e, attraverso lo Spirito, permane nella Chiesa. Così Paolo ci lascia, testimoniando la totale dedizione apostolica e
il profondo distacco, segno della sua fedeltà all’originaria intuizio-
- «Che ha il potere di edificare». Vengono in mente alcuni testi ne: è Dio che salva, è Gesù che gli è apparso sulla via di Damasco
fondamentali del Nuovo Testamento, soprattutto la lettera ai Ro- e al quale deve tutto. Se Gesù gli è apparso con potenza quando
mani, dove viene enunciato più esplicitamente il potere di Dio at- era peccatore, questo vale anche per la comunità e per ogni al-
traverso il Vangelo. È anch’essa una parola di congedo e possiamo tro uomo. La comunità è quello che è, non perché Paolo ha fatto
leggerla come ampliamento liturgico della benedizione finale di qualche cosa, ma perché Gesù con potenza si manifesta e si mani-
Paolo alla comunità di Mileto: «A colui che ha il potere di confer- festerà nel cuore di ciascuno.
marvi secondo il Vangelo che io annunzio e il messaggio di Gesù Già Mosè aveva ascoltato sul monte questa Parola: «Farò passa-
Cristo, secondo la rivelazione del mistero taciuto per secoli, ma ri- re davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Si-
velato ora e annunziato mediante le Scritture profetiche, per ordi- gnore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò mi-
ne dell’eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede, a sericordia di chi vorrò avere misericordia» (Es 33, 18-19).
Nella comprensione neo testamentaria significa che Dio è l’origi-
ne e la fonte di ogni misericordia. Non è il nostro sforzo, la nostra
attenzione: quando avessimo fatto tutto, ancora la bilancia pende
dalla parte della misericordia di Dio.
È Lui che ci salva, Lui che ci ama.
Preghiera finale
Ti ringraziamo, Signore, perché questa Parola, pronunciata due-
mila anni fa, è viva ed efficace in mezzo a noi.
136 Riconosciamo la nostra impotenza e incapacità a comprenderla e
a lasciarla vivere in noi. Essa è più potente e più forte delle nostre
debolezze, più efficace delle nostre fragilità, più penetrante delle
nostre resistenze.
Per questo ti chiediamo di essere illuminati dalla Parola per pren-
derla sul serio ed aprire la nostra esperienza a ciò che ci manife-
sta, per darle fiducia nella nostra vita e permetterle di operare in
noi secondo la ricchezza della sua potenza.
Madre di Gesù, che ti sei affidata senza riserva, chiedendo che av-
venisse in te secondo la Parola che ti era detta, donaci lo spirito di
disponibilità perché possiamo ritrovare la verità di noi stessi. Do-
naci di aiutare ogni uomo a ritrovare la verità di Dio su di lui, fa’
che la ritrovi pienamente il mondo e la società in cui viviamo e che
vogliamo umilmente servire.
Te lo chiediamo, Padre, per Cristo Gesù, tua Parola incarnata, per
la sua Morte e Risurrezione, e per lo Spirito Santo che continua-
mente rinnova in noi la forza di questa Parola, ora e per tutti i se-
coli. Amen.
Angelo Tonin
Esame di coscienza
Il Cardinal Martini offre uno schema di esame di coscienza mol-
to bello e spiritualmente profondo. Il discernimento esce tra-
sformato dall’incontro con la Grazia del Signore. Solo un cuore
profondamente segnata dalla Grazia può giungere a maturare
decisione concrete di sequela del Signore libere e evangeliche.
È uno schema suddiviso in tre parti:
- Confessio laudis
- Confessio vitae
- Confessio fìdei
- Confessio laudis. Occorre iniziare la confessione con un atto di
ringraziamento, rispondendo alla domanda: di che cosa devo rin-
graziare Dio principalmente in questo tempo?
- Confessio vitae. Si tratta di rispondere alle domande: «Che cosa
in me vorrei che non fosse stato davanti a Dio? Che cosa mi pesa
maggiormente in questo momento?». La risposta va estesa dal-
le mancanze agli atteggiamenti interiori da cui le mancanze deri-
vano: antipatie, risentimenti, sospetti, delusioni, amarezze; cose
tutte che forse non costituiscono un peccato vero e proprio ma
sono la radice ordinaria dei peccati. Messe con umiltà davanti a
Dio e alla Chiesa, ci danno la possibilità di lasciarci medicare dal-
la grazia.
Confessio fidei. È la certezza che Dio, nel suo amore, mi acco-
glie e mi risana. L’atto di dolore diventa allora una manifestazio-
Davide Andreussi
ne di fede.
La meditazione che ha come titolo «Le tenebre dell’uomo Pao-
lo» (la n. 3), costituisce un’approfondita riflessione su come Pa-
olo ha vissuto i diciannove anni dopo la conversione. Avremo in
tal modo materia abbondante per prepararci alla confessione sa-
cramentale.
Preghiera finale
Signore Gesù, tu sai quanto desideriamo servirti e come ci sentia-
mo spinti dallo Spirito nell’impegno pastorale. Conosci che spes-
140 so, in questo servizio, siamo presi da dubbi, da timori e ci doman-
diamo se ciò che stiamo facendo è veramente importante, se lo
facciamo nel modo migliore. Ti chiediamo, Signore Gesù, pasto-
re supremo del gregge della Chiesa, Vescovo delle nostre anime,
di illuminarci perché in ogni cosa imitiamo te pastore, e imitiamo
Paolo pastore del tuo gregge.
Medica il nostro cuore da ciò che lo turba e gli impedisce di com-
prendere le parole dell’ Apostolo. Fa’ che, dimenticando le nostre
pesantezze, possiamo cogliere con animo libero il senso di quelle
parole e la verità di amore e di salvezza che racchiudono. Tu vedi
che non sappiamo esprimere queste realtà e non sappiamo com-
prenderle se tu non ci illumini nello spirito, nella mente e nella pa-
rola. Lo chiediamo a te, Signore Gesù, che con il Padre e lo Spiri-
to Santo vivi e regni in eterno per tutti i secoli dei secoli. Amen.