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STORIA

All'inizio del Novecento, la Belle Époque portò a una crescita economica e demografica, accompagnata da innovazioni scientifiche e tecnologiche. Tuttavia, emersero anche tensioni sociali e politiche, con l'aumento del nazionalismo e dell'antisemitismo in Europa. In Italia, il governo di Giovanni Giolitti promosse riforme sociali e un incremento delle opere pubbliche, mentre l'emigrazione verso l'America raggiunse picchi significativi, influenzando la società italiana.

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STORIA

All'inizio del Novecento, la Belle Époque portò a una crescita economica e demografica, accompagnata da innovazioni scientifiche e tecnologiche. Tuttavia, emersero anche tensioni sociali e politiche, con l'aumento del nazionalismo e dell'antisemitismo in Europa. In Italia, il governo di Giovanni Giolitti promosse riforme sociali e un incremento delle opere pubbliche, mentre l'emigrazione verso l'America raggiunse picchi significativi, influenzando la società italiana.

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(cap.

1) IL MONDO ALL’INIZIO DEL NOVECENTO


1.1 La Belle époque
Crescita Economica e Società
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, la forte crescita economica suscitò
grande euforia e fiducia in un progresso materiale illimitato.
La borghesia viveva un clima di spensieratezza e ottimismo, sentimenti che si
estendevano anche alle classi meno abbienti.
L'economia in espansione migliorò il benessere generale, portando alla nascita di
nuove occupazioni e all'ingresso delle donne nel mondo del lavoro.
→ Questo periodo, noto come Belle Époque (1885-1915), fu caratterizzato da grandi
consumi e innovazioni che sembravano garantire un futuro prospero.

Crescita Demografica e Medica


La popolazione mondiale aumentò notevolmente, grazie ai progressi della chimica e
della medicina, come i vaccini e gli antibiotici.
Le scoperte di Louis Pasteur e Robert Koch furono decisive per il miglioramento delle
condizioni igieniche, riducendo le epidemie e la mortalità infantile.

Innovazioni Scientifiche e Tecnologiche


Il periodo fu segnato da importanti scoperte scientifiche, come la radioattività di
Antoine Henri Becquerel e le ricerche di Pierre e Marie Curie. Le abitazioni urbane si
dotarono di nuovi servizi igienici ed elettrici. Le esposizioni universali mostrarono le
meraviglie tecnologiche e scientifiche dell'epoca, alimentando il senso di superiorità
occidentale.

Comunicazioni e Trasporti
Le comunicazioni migliorarono grazie all'invenzione del telefono e del radiotelegrafo. Il
motore a scoppio rivoluzionò i trasporti, portando alla creazione di automobili,
motociclette e aerei.
Questi progressi accelerarono gli spostamenti e la di usione delle merci.

Tempo Libero e Turismo


Il cinema, introdotto dai fratelli Lumière, divenne un'importante forma di
intrattenimento. Il turismo si sviluppò, con la creazione di stazioni balneari e guide di
viaggio. Lo sport di massa, inclusi calcio e ciclismo, si di use tra le classi popolari,
contribuendo anche all'emancipazione femminile.

Crisi e Innovazioni Culturali


Nonostante il clima di ottimismo, emersero segnali di crisi e inquietudine. La ricerca di
nuove identità e valori si manifestò attraverso comportamenti trasgressivi e
creatività culturale. Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud furono figure chiave nella
critica dei valori tradizionali e nell'esplorazione dell'inconscio. Albert Einstein
rivoluzionò la fisica con la teoria della relatività, contribuendo a una nuova
comprensione del mondo fisico.

1
1.2 Primato della nazione e mito della razza
Intolleranza e Violenza
A cavallo tra Ottocento e Novecento, si a ermò una visione politica aggressiva basata
su azioni violente e irrazionali.
Il patriottismo tradizionale fu sostituito da un fanatico nazionalismo e razzismo,
portando a una crescente ostilità verso le minoranze etniche e una xenofobia di usa.
Questo patriottismo estremo, noto come sciovinismo, negava i diritti di altre nazioni e
popoli.

Antisemitismo
L'antisemitismo si di use ampiamente in Francia, Germania, Austria e Russia,
alimentato da false accuse di complotti ebraici per dominare il mondo.
Questo pregiudizio era basato su convinzioni infondate riguardanti il controllo ebraico
su banche, industrie, stampa, massoneria e partiti politici.

Teorie della Superiorità Razziale


Il razzismo trovò giustificazione nelle teorie di Joseph-Arthur de Gobineau e Houston
Stewart Chamberlain, che sostenevano la superiorità della razza ariana, considerata
pura e originaria del ceppo germanico.
Queste idee alimentarono il pangermanesimo, che mirava a unire tutti i popoli
germanici in un solo Stato e a esaltare la superiorità della stirpe germanica.

Sionismo
In risposta all'intolleranza, gli ebrei europei svilupparono il sionismo, fondato da
Theodor Herzl, che mirava a creare uno Stato ebraico per proteggere gli ebrei dalle
persecuzioni.
La Palestina, allora una regione poco popolata dell'impero ottomano, fu individuata
come la patria storica degli ebrei. Già dai primi decenni del Novecento, migliaia di
ebrei emigrarono verso la Palestina, incontrando però l'ostilità del mondo arabo.

2
1.3 Il quadro politico europeo
La Francia tra Democrazia e Nazionalismo
A are Dreyfus e Ridefinizione Politica
All'inizio del XX secolo, la Francia era ancora segnata dall'a are Dreyfus, che
evidenziava la presenza di tendenze autoritarie e antisemite accanto a quelle
democratiche.
Lo scontro politico sul caso portò alla vittoria delle forze repubblicane, radicali e
socialiste nel 1899, che formarono un governo di coalizione durato fino al 1940.
I radicali, promotori di valori liberali e anticlericali, stabilirono leggi che ra orzarono
la laicità dello Stato.
Tuttavia, dal 1907, tensioni sociali portarono la coalizione a posizioni più moderate,
alimentando il nazionalismo e il desiderio di rivincita contro la Germania.

Il Ra orzamento della Democrazia Inglese


Governo Liberale e Riforme Sociali
Nel 1901, la morte della regina Vittoria segnò l'inizio del regno di Edoardo VII e una
nuova era politica. I liberali vinsero le elezioni del 1906, sostituendo i conservatori e
formando governi che implementarono riforme sociali e giustizia sociale.
Questo periodo vide anche l'emergere del Partito Laburista, che si alleò con i liberali.

Movimento Su ragista
Il movimento femminile, guidato da Emmeline Pankhurst dal 1903, lottò per il diritto di
voto delle donne. Nonostante le violente repressioni, le su ragiste ottennero il diritto
di voto politico solo nel 1918, dopo la Prima guerra mondiale.

La Questione Irlandese
Home Rule e Opposizione
L'Irlanda cercava l'autonomia, ma il tentativo del 1912 di istituire l'Home Rule incontrò
forte opposizione da nazionalisti irlandesi, protestanti dell'Ulster e conservatori
inglesi. Il progetto di legge fu modificato per includere un plebiscito nell'Ulster, ma
l'attuazione fu rinviata a causa della Prima guerra mondiale.

Germania tra Militarismo e Riformismo


Espansione Economica e Militare
Sotto Guglielmo II, la Germania adottò una politica espansionistica e militarista,
costruendo una potente flotta e riarmando l'esercito. Questo causò tensioni con altre
potenze europee, soprattutto l'Inghilterra.

Politica Interna ed Estera


Internamente, la Germania conobbe miglioramenti sociali ma anche un ritorno
all'assolutismo. Esteriormente, la mancata alleanza con la Russia portò a un
avvicinamento franco-russo.
La Francia e l'Inghilterra formarono l'Intesa cordiale nel 1904, consolidata con
l'accordo militare franco-russo del 1893, trasformato nella Triplice Intesa del 1907,
contrapposta alla Triplice Alleanza austro-germanica, preparando il terreno per la
Prima guerra mondiale.

3
1.4 Giappone e Russia dalla modernizzazione alla guerra
Il Rapido Sviluppo Economico e l'Espansionismo del Giappone
Nell'era Meiji e nei primi anni del Novecento, il Giappone ha conosciuto un notevole
sviluppo economico, accelerando ulteriormente il processo di modernizzazione del
paese. Questo periodo è stato caratterizzato dalla riorganizzazione del sistema
fiscale, dalla costruzione di una vasta rete ferroviaria e ciente, dall'istituzione della
Banca del Giappone e dall'introduzione dello yen come nuova valuta nazionale.
Inoltre, è stata implementata l'istruzione elementare obbligatoria per combattere
l'analfabetismo.
L'esercito giapponese è stato potenziato seguendo il modello occidentale, con
l'introduzione della coscrizione obbligatoria e l'adozione di armamenti moderni.

Impatti Sociali e Rivolte Agrarie


Nonostante questi progressi, la maggior parte della popolazione giapponese
continuava a essere composta da agricoltori.
L'imposizione di pesanti prelievi fiscali sugli agricoltori per sostenere
l'industrializzazione ha scatenato numerose rivolte, sebbene siano state represse
rapidamente grazie a misure autoritarie e illiberali.

Politica Espansionistica e Conflitti Internazionali


Simile alle potenze europee del XIX secolo, il Giappone ha intrapreso una politica
espansionistica per trovare nuovi mercati, spinto dalla necessità di compensare la
mancanza di un mercato interno su cientemente ampio.
Le prime espansioni territoriali verso Taiwan e la Corea sono avvenute già alla fine del
XIX secolo, seguite dall'interesse per la Manciuria.

→ La guerra con la Russia nel 1904-1905 ha consolidato ulteriormente la posizione


del Giappone in Asia orientale, con la conquista della Manciuria meridionale e il
protettorato sulla Corea.

La Situazione Sociale in Russia e l'Ascesa del Movimento Socialista


Nel frattempo, la Russia rimaneva un paese prevalentemente agricolo, sebbene
avesse conosciuto un significativo sviluppo industriale alla fine del XIX secolo grazie
all'intervento dello Stato, al protezionismo e al flusso di capitali stranieri.
Il fenomeno industriale ha portato alla formazione di un proletariato concentrato
principalmente nelle grandi città, alimentando il movimento socialista guidato dai
bolscevichi di Lenin, che miravano alla rivoluzione e alla dittatura del proletariato.

La Guerra Russo-Giapponese e le Sue Conseguenze


La sconfitta della Russia nella guerra russo-giapponese ha indebolito ulteriormente lo
zarismo, contribuendo allo scoppio della rivoluzione del 1905. Il massacro conosciuto
come la "Domenica di Sangue" a San Pietroburgo ha innescato una serie di proteste e
scioperi in tutto il paese, segnando un punto di svolta nella storia russa moderna.

4
1.5 Gli Stati Uniti tra crescita economica e imperialismo
Sviluppo Economico degli Stati Uniti all'inizio del XX secolo
Negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo si consolidò rapidamente un potere politico ed
economico grazie alla ricchezza delle risorse naturali come carbone, ferro e petrolio.
Questo favorì l'a ermazione di una forte economia industriale nei settori meccanico,
metallurgico e tessile.
Le estese praterie dell'Ovest permisero un significativo incremento dell'agricoltura,
grazie all'introduzione di macchinari avanzati, rendendo la produzione cerealicola
americana competitiva sui mercati internazionali e causando crisi nell'agricoltura
europea.

Taylorismo e Catena di Montaggio


Il progresso industriale negli Stati Uniti fu promosso anche dal Taylorismo, un metodo
di organizzazione del lavoro che mirava a migliorare l'e cienza tramite la
standardizzazione e la divisione del lavoro.
Frederick Taylor e Henry Ford furono figure chiave nell'introduzione di questi metodi,
con Ford che implementò con successo la catena di montaggio per produrre
automobili ad alta velocità.

Concentrazione della Ricchezza e Sindacati


L'assenza di regolamentazioni statali favorì la concentrazione della ricchezza tra
grandi gruppi industriali e finanziari, noti come trust, mentre la classe lavoratrice subì
danni significativi.
In risposta, i sindacati si ra orzarono e chiesero un maggiore intervento statale
nell'economia, inclusa un'imposta progressiva sul reddito e misure per controllare i
trust e l'immigrazione.

Leggi Antitrust e Legislazione Sociale


Le prime leggi antitrust, come il Sherman Antitrust Act del 1890, e successivamente
sotto i presidenti Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, mirarono a ridurre le
concentrazioni industriali.
Queste misure includevano anche la riduzione della giornata lavorativa e
l'introduzione di riforme fiscali progressiste.

Imperialismo Americano: Cuba, Panama e Messico


Gli Stati Uniti si orientarono verso un imperialismo espansionistico, occupando
territori come le Filippine, Porto Rico e stabilendo un protettorato su Cuba dopo la
guerra contro la Spagna nel 1898.
Inoltre, promossero l'indipendenza di Panama per completare e controllare il Canale
di Panama, inaugurato nel 1914.
Nel frattempo, gli interessi statunitensi nel Messico di Porfirio Díaz portarono a un
sostegno economico e politico che culminò nella rivoluzione messicana del 1910
guidata da Villa e Zapata.

5
(cap. 2) L’ETA’ GIOLITTIANA IN ITALIA
2.1 Le riforme sociali e lo sviluppo economico
Salito al trono nel 1900, Vittorio Emanuele III a dò il governo all'esponente della
Sinistra liberale Giuseppe Zanardelli.
Al suo ritiro nel 1903 divenne primo ministro Giovanni Giolitti, il quale, salvo brevi
interruzioni, mantenne la carica fino al 1914.
→ Convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori avrebbe
avvantaggiato tutto il corpo sociale, egli rese e ettivo il diritto di sciopero e attuò
un'avanzata legislazione sociale a tutela delle categorie più deboli.
La sua oculata amministrazione del bilancio statale incrementò il valore della moneta
italiana e agevolò il risparmio e l'attività industriale, la cui produttività raddoppiò.

Giolitti incrementò le opere pubbliche e istituì il monopolio statale nel settore delle
assicurazioni sulla vita, fino ad allora gestite da privati.

Il suo lungo governo lasciò comunque irrisolti alcuni gravi problemi, in particolare
l'analfabetismo e la miseria del Meridione e di alcune regioni del Nord, come il Veneto.

2.2 La “grande migrazione”: 1900 - 1915


Anche per queste ragioni nei primi quindici anni del Novecento l'emigrazione italiana,
rivolta soprattutto verso l'America, non solo non si arrestò ma superò le 600.000
persone all'anno.

A partire erano soprattutto gli uomini, nel pieno della loro capacità lavorativa. Sul
piano sociale il fenomeno migratorio provocò la disgregazione delle famiglie e rese più
di cile la formazione di nuovi nuclei, ma allo stesso tempo aumentò la possibilità per
chi rimase di trovare lavoro; la disoccupazione diminuì e i salari crebbero.

Inoltre le rimesse di valuta straniera garantirono allo Stato la liquidità con cui
acquistare all'estero le materie prime necessarie all'industria.

Fino al 1900 l'emigrazione fu totalmente libera e organizzata con il sistema del viaggio
prepagato: in pratica il biglietto di imbarco veniva acquistato dal datore di lavoro che
così vincolava a sé l'emigrante il quale, una volta giunto a destinazione, si ritrovava a
lavorare in condizioni di semischiavitù finché non aveva onorato il debito.
→ Solo con la legge Crispi del 1888 e poi con la legge del 1901 lo Stato italiano
interven- ne a regolamentare questa tratta, con norme a tutela degli emigranti sia in
porto sia durante la navigazione.

6
2.3 La politica interna tra socialisti e cattolici
Tra le iniziative politiche di Giolitti la più importante fu l'ampliamento del diritto di voto
(1912), che venne esteso a tutti i cittadini di sesso maschile di oltre 21 anni (di oltre 30
se analfabeti o se non avevano prestato il servizio militare): il numero degli elettori
passò così da 3 milioni e mezzo a 8 milioni e mezzo.
Allo scopo di allargare le basi della classe politica italiana, Giolitti cercò l'appoggio di
socialisti e cattolici, due forze che non si erano fino ad allora identificate con il
sistema parlamentare.

La partecipazione dei socialisti di Turati al primo governo Giolitti non fu però


possibile a causa dell'opposizione dell'ala massimalista del Partito socialista.
L'intesa con i cattolici sfociò in un accordo segreto (patto Gentiloni, 1913), in base al
quale i cattolici avrebbero sostenuto alle elezioni i deputati liberali in cambio
dell'abbandono della politica anticlericale.

All'interno del cattolicesimo italiano, intanto, si veniva precisando un orientamento


liberale, aperto a una più attiva partecipazione alla vita politica del paese.
→ Il principale esponente di questa linea fu il sacerdote Romolo Murri, fondatore di
un movimento che verrà poi chiamato Democrazia cristiana italiana.
Anche il sacerdote siciliano Luigi Sturzo cercava di qualificare la partecipazione
cattolica alla politica creando un partito di carattere democratico e popolare,
autonomo dall'autorità ecclesiastica e capace di aggregare i ceti più deboli sulla base
dei valori cristiani.

2.4 L’occupazione della Libia e la caduta di Giolitti


In politica estera Giolitti scelse di avvicinarsi a Francia e Inghilterra, il cui appoggio
avrebbe potuto favorire un ampliamento coloniale dell'Italia e un suo ra orzamento
nel contesto internazionale.
→ In tal modo egli poté preparare diplomaticamente la conquista della Libia (allora
parte dell'impero turco).

L'avventura coloniale, fortemente richiesta anche dai nazionalisti, iniziò il 29


settembre 1911 e si concluse nell'ottobre 1912 con la pace di Losanna, con cui
l'impero ottomano dovette riconoscere all'Italia il possesso di Tripolitania e Cirenaica.
L'impresa libica comportò una spaccatura nel Partito socialista tra i riformisti,
favorevoli al conflitto, e la maggioranza pacifista, contraria a ogni tipo di guerra
imperialistica.
Dopo il congresso di Reggio Emilia (1912) alcuni riformisti, guidati da Filippo Turati,
rimasero nel Psi; altri, guidati da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, dettero vita al
Partito socialista riformista italiano.

Nel 1914 Giolitti cedette il governo al liberale moderato Antonio Salandra, mentre la
situazione sociale si andava inasprendo sulla spinta di una forte protesta operaia e
contadina, culminata in uno sciopero generale che si protrasse, tra agitazioni e
tumulti, per sette giorni ("settimana rossa", 7-13 giugno 1914).

7
(cap. 3) LA PRIMA GUERRA MONDIALE
3.1 La rottura degli equilibri
Nel primo decennio del XX secolo, l'Europa era profondamente divisa da rivalità
economiche e nazionalistiche. Le tensioni internazionali erano accentuate dalla
Germania di Guglielmo II, che sfidava l'equilibrio di potere stabilito da Bismarck.

La Francia, desiderosa di rivincita dopo la guerra franco-prussiana, e l'Inghilterra,


preoccupata per la crescente potenza navale tedesca, erano ostili alla Germania.
La Russia, avvicinatasi a Francia e Inghilterra, formava con esse la Triplice Intesa,
contrapposta alla Triplice Alleanza di Germania, Austria e Italia.

La corsa coloniale esacerbò le tensioni, in particolare le crisi marocchine tra Francia


e Germania.
Contemporaneamente, l'instabilità dell'Impero Ottomano favorì l'espansionismo
austriaco nei Balcani, culminando nell'annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908 e
nelle guerre balcaniche (1912-1913).
→ Questi conflitti ra orzarono la Serbia, minacciando l'Austria e creando nuove
tensioni tra le potenze europee, trasformando i Balcani in una "polveriera" pronta a
esplodere.

3.2 L’inizio del conflitto e il fallimento della guerra lampo


Il 28 giugno 1914 l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria a
Sarajevo, ad opera del serbo Gavrilo Princip, innescò la Prima Guerra Mondiale.

L'Austria dichiarò guerra alla Serbia il 28 luglio, scatenando un e etto domino: la


Russia si schierò con la Serbia, la Germania con l'Austria, e poi Germania dichiarò
guerra alla Francia e invase il Belgio, portando l'Inghilterra in guerra contro la
Germania.

Nonostante la convinzione che il conflitto sarebbe stato breve, si trasformò in una


guerra di posizione e trincea, con enormi mobilitazioni e risorse impegnate.

Sul fronte occidentale, i tedeschi furono fermati sulla Marna, mentre sul fronte
orientale, i tedeschi vinsero a Tannenberg e ai laghi Masuri, ma gli austriaci dovettero
ritirarsi dalla Galizia.
La guerra si estese ai mari, con scontri navali e l'intervento di Giappone e paesi
africani.
L'impero ottomano entrò in guerra a fianco della Germania, rendendo il conflitto
davvero globale.

8
3.3 1915: l’Italia dalla neutralità alla guerra
Il governo italiano fu sorpreso dagli eventi del 1914, poiché l'Austria aveva inviato
l'ultimatum alla Serbia senza consultare l'Italia, violando il trattato della Triplice
Alleanza. Pertanto, il 2 agosto 1914, l'Italia dichiarò la propria neutralità.
Nei successivi dieci mesi, mentre il governo negoziava con Vienna per compensi
territoriali, si sviluppò un acceso dibattito tra neutralisti e interventisti.

I neutralisti, sostenuti da cattolici e socialisti, ritenevano che l'Italia potesse ottenere


maggiori vantaggi rimanendo fuori dal conflitto.

Gli interventisti, tra cui nazionalisti come Gabriele D'Annunzio, desideravano


completare l'unificazione italiana conquistando il Trentino e la Venezia Giulia.
Vi era anche un interventismo democratico, con esponenti come Leonida Bissolati e
Gaetano Salvemini, favorevoli a combattere l'autoritarismo di Germania e Austria.
Benito Mussolini, ex pacifista, supportava l'intervento sperando in una rivoluzione
sociale.

Le potenze dell'Intesa corteggiarono l'Italia, che il 26 aprile 1915 firmò il patto di


Londra, garantendo il suo intervento entro trenta giorni in cambio di territori
austriaci e compensi coloniali. Il patto rimase segreto fino al 1917.

Le manifestazioni interventiste, guidate da D'Annunzio, mobilitarono l'opinione


pubblica e il Parlamento, ancora a maggioranza neutralista.

Tuttavia, sotto la pressione delle piazze e con il supporto del re Vittorio Emanuele III e
del primo ministro Salandra, il Parlamento conferì i pieni poteri al governo.
Il 24 maggio 1915, l'Italia dichiarò guerra all'Austria.

9
3.4 1915 - 1916: la guerra di posizione
Il Fronte Occidentale
Stallo del Conflitto
Il piano tedesco di una guerra lampo fallì dopo la battaglia della Marna nel 1914. Il
fronte occidentale si stabilizzò lungo una linea dal mare del Nord ai confini della
Svizzera, che si estese fino al Trentino e alla Venezia-Giulia dopo l'entrata in guerra
dell'Italia. Ne risultò una guerra di posizione, combattuta nelle trincee, con linee
avversarie vicinissime e incapaci di sfondare.

Vita nelle Trincee


Le trincee, inizialmente rifugi provvisori, divennero sofisticate con strutture di
supporto come ospedali e ferrovie. La vita nelle trincee era dura, caratterizzata da
lunghi periodi di immobilità, esposizione ai tiri dell'artiglieria e minacce di cecchini. Gli
assalti erano mortali e frequenti, rendendo la guerra di posizione altrettanto
sanguinosa quanto una guerra di movimento.

Il Fronte Orientale
Ritirata Russa
Mentre il fronte occidentale si stabilizzava, le maggiori di coltà per l'Intesa
arrivarono dall'oriente. I russi furono sconfitti gravemente, ritirandosi dalla Galizia,
Polonia e Lituania.
Gli austro-tedeschi, con il supporto della Bulgaria, riuscirono a sconfiggere la Serbia e
creare un fronte continuo dal mar Baltico al mar Egeo.

Il Fronte Turco e il Genocidio Armeno


Spedizione nei Dardanelli
L'Intesa fallì una spedizione nei Dardanelli, ideata da Winston Churchill, per riaprire le
vie di rifornimento alla Russia. La resistenza turca costrinse gli Alleati a ritirarsi.

Genocidio Armeno
Durante il conflitto, il governo ottomano dei Giovani Turchi avviò il genocidio degli
armeni, accusati di collaborare con i russi. Circa un milione di armeni furono uccisi o
deportati.

Il Fronte Italiano
Prime Battaglie
L'Italia, entrata in guerra nel 1915, combatté le prime quattro battaglie dell'Isonzo con
gravi perdite ma senza significativi risultati. L'esercito italiano, male equipaggiato e
guidato, si fermò presso Gorizia.

Strafexpedition Austriaca
Nel maggio 1916, l'Austria lanciò una "spedizione punitiva" in Trentino, che
inizialmente ebbe successo. Tuttavia, l'intervento russo salvò l'Italia
dall'annientamento.

10
Governo Boselli e Dichiarazione di Guerra alla Germania
Dopo la crisi in Trentino, il governo Salandra si dimise e fu sostituito dal governo
Boselli, che dichiarò guerra alla Germania nell'agosto 1916. L'esercito italiano lanciò
una nuova o ensiva sull'Isonzo, conquistando Gorizia a caro prezzo.

La Guerra sul Mare e la Battaglia dello Jutland


Guerra Sottomarina
La Germania utilizzò sommergibili per rompere il blocco navale imposto dall'Intesa,
causando enormi di coltà nei rifornimenti. La battaglia dello Jutland nel maggio 1916
fu uno scontro significativo, con pesanti perdite per la flotta inglese, ma i tedeschi
furono costretti a ritirarsi nelle basi baltiche e intensificarono la guerra sottomarina.

Proposte di Pace e Crisi Socialista


Fallimento delle Proposte di Pace
Le proposte di pace avanzate attraverso il pontefice Benedetto XV furono respinte
dagli Alleati, sostenuti dal nuovo primo ministro britannico David Lloyd George.

Opposizione Socialista alla Guerra


Il movimento socialista internazionale, pur diviso, condannava la guerra come
dannosa per il proletariato. Emerse una minoranza radicale che promuoveva il
disfattismo rivoluzionario, auspicando una sconfitta del proprio paese per facilitare
una rivoluzione comunista, rappresentata da spartachisti tedeschi e bolscevichi russi.

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3.5 Il fronte interno e l’economia di guerra
Durante la Prima Guerra Mondiale, il conflitto si trasformò in una lunga guerra di
logoramento che richiese profonde trasformazioni economiche e sociali nei paesi
belligeranti.
Tutte le attività economiche furono orientate verso le necessità militari, mentre la
propaganda e il controllo ideologico divennero cruciali per mantenere alto il morale
nazionale.

I governi dovettero a rontare carenze di armi e materiali bellici, oltre a di coltà di


approvvigionamento di materie prime e viveri.
Fu necessaria una conversione industriale verso la produzione bellica e una
pianificazione agricola che ricorse al razionamento dei consumi e al controllo dei
prezzi.
Stati come la Germania crearono complessi apparati per gestire la produzione e il
razionamento alimentare.

Per finanziare la guerra, gli stati emisero prestiti di guerra, coinvolgendo la


popolazione civile. Questo comportò un accentramento di poteri nelle mani dello Stato
e l'esclusione delle minoranze contrarie al conflitto.
I grandi gruppi industriali beneficiarono delle massicce commesse statali.

La scarsità di manodopera fu a rontata con l'impiego di forza lavoro femminile, che


portò a significativi cambiamenti sociali e sindacali, come la parità di retribuzione in
Gran Bretagna.

La propaganda giocò un ruolo fondamentale nel mantenere il sostegno popolare,


dipingendo la guerra come una lotta per la civiltà e contro l'autoritarismo.
→ U ci di censura furono creati per so ocare proteste e dissensi.

Nel 1917, il morale dei soldati e della popolazione fu messo a dura prova, con episodi
di insubordinazione e malcontento dovuti alle enormi perdite e alle dure condizioni di
vita.
La crescente inso erenza fu accentuata dagli alti profitti degli industriali,
contrastanti con le privazioni della popolazione.

L'inflazione e il costo della vita portarono a proteste, come quella di Torino, dove una
rivolta per il pane fu repressa duramente.
Queste tensioni esplosero nuovamente al termine del conflitto.

12
3.6 1917 - 1918: verso la fine del conflitto
Il ritiro della Russia
La guerra prolungata creò gravi tensioni in Russia, culminate nella Rivoluzione di
Febbraio 1917 che portò all'abdicazione dello zar Nicola II e all'instaurazione di un
governo rivoluzionario comunista guidato da Lenin.
La Rivoluzione d'Ottobre determinò il ritiro della Russia dal conflitto con l'armistizio
di Brest-Litovsk nel dicembre 1917 e la pace del marzo 1918, non riconosciuta dalle
potenze vincitrici.

La disfatta di Caporetto
Il crollo del fronte russo permise agli austro-tedeschi di trasferire oltre quaranta
divisioni sul fronte occidentale.
Il 23-24 ottobre 1917, a Caporetto, una potente o ensiva austro-tedesca sfondò il
fronte italiano, causando una disastrosa ritirata.

La difesa sul fronte del Piave


L'Italia reagì alla disfatta formando un governo di unità nazionale e mobilitando
risorse per la resistenza. Le truppe italiane, guidate dal generale Armando Diaz, si
attestarono sul Piave e riuscirono a fermare gli attacchi nemici, preparandosi alla
riscossa.

L'intervento degli Stati Uniti


Nel 1917, gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dell'Intesa, inviando enormi
quantità di viveri, mezzi e soldati in Europa.
Questo intervento fu decisivo per colmare le lacune degli eserciti alleati e segnò un
forte indebitamento verso gli USA.

Le ultime o ensive
Nel 1918, Germania e Austria tentarono disperatamente di spezzare la resistenza
alleata. Tuttavia, le contro ensive francesi e anglo-americane, come la seconda
battaglia della Marna e la battaglia di Amiens, portarono alla ritirata tedesca.
L'Austria fallì nell'attacco sul Piave.

La battaglia di Vittorio Veneto e l'armistizio di Villa Giusti


L'o ensiva italiana a Vittorio Veneto nell'ottobre 1918 sfondò il fronte austriaco,
portando alla firma dell'armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918 e alla
disintegrazione dell'Impero austro-ungarico.

La fine della guerra e degli imperi centrali


In Germania, rivolte rivoluzionarie portarono all'abdicazione del Kaiser e alla
proclamazione della repubblica il 9 novembre.
L'armistizio fu firmato l'11 novembre 1918.
L'Impero austro-ungarico e il secondo Reich tedesco cessarono di esistere,
trasformandosi in repubbliche.

13
L’EUROPA E IL MONDO DOPO LA
(cap. 4)

PRIMA GUERRA MONDIALE


4.1 I trattati di pace e la società delle Nazione
Conferenza di Pace di Parigi (1919)
Partecipanti e Obiettivi
La conferenza di pace di Parigi iniziò il 18 gennaio 1919, con i rappresentanti delle
potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale.
I "Quattro Grandi" erano:
● il presidente americano Woodrow Wilson
● il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau
● il primo ministro inglese David Lloyd George
● il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando.

Tuttavia, l'Italia fu presto marginalizzata a causa di dissidi con Wilson riguardo alle
rivendicazioni territoriali sulla Dalmazia.

"Quattordici Punti" di Wilson e la Società delle Nazioni


Wilson propose i "Quattordici Punti", principi fondamentali per la pace, tra cui
l'autodeterminazione dei popoli e la creazione della Società delle Nazioni.
La Società delle Nazioni fu istituita il 28 aprile 1919 per risolvere pacificamente le
controversie internazionali, ma non ebbe successo principalmente a causa della
mancata adesione degli Stati Uniti e della necessità di unanimità per le decisioni.

Trattato di Versailles e Conseguenze per la Germania


Il trattato di Versailles, firmato il 28 giugno 1919, impose condizioni punitive alla
Germania, tra cui pesanti perdite territoriali, riduzioni militari e sanzioni economiche.
Le clausole umilianti del trattato alimentarono il risentimento tedesco, facilitando il
risorgere dello spirito di rivincita.

Conquiste Territoriali dell'Italia


Il trattato di Saint-Germain del 10 settembre 1919 assegnò all'Italia il Trentino, l'Alto
Adige, l'Istria e l'alto bacino dell'Isonzo.
Tuttavia, l'Italia non ottenne tutti i territori promessi, come la Dalmazia e Fiume,
provocando delusione e sentimenti nazionalistici di "vittoria mutilata".

Fine degli Imperi Multinazionali e Nuovi Stati


La guerra portò alla scomparsa degli imperi tedesco, austro-ungarico, russo e
ottomano. Nuovi stati indipendenti sorsero dall'ex impero austro-ungarico (Austria,
Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia) e dall'ex impero russo (Finlandia, Estonia,
Lettonia, Lituania). La Bulgaria, sconfitta, perse territori significativi. L'impero
ottomano fu ridotto alla penisola anatolica e, dopo la rivolta di Mustafà Kemal, nacque
la Turchia repubblicana.

14
La Turchia di Atatürk
Mustafà Kemal (Atatürk) guidò la trasformazione della Turchia in uno stato moderno e
laico.
Implementò riforme significative in ambito sociale, politico e religioso, ma con metodi
autoritari e nazionalistici, accentuando la repressione delle minoranze etniche come i
curdi.

4.2 Lo scenario extraeuropeo tra nazionalisto e colonialismo


La spartizione del Medio Oriente tra Francia e Inghilterra
Trattato di Losanna e il ruolo della Turchia
La resistenza di Atatürk portò all'annullamento delle clausole del trattato di Sèvres,
sostituite con il trattato di Losanna (24 luglio 1923), che ripristinava la sovranità turca
sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.

Aree di influenza
Durante la guerra, Francia e Inghilterra avevano segretamente spartito il Medio
Oriente in zone di influenza. Questa spartizione contrastava con le promesse fatte alle
popolazioni arabe di ottenere autonomia e indipendenza.

Promesse non mantenute e tensioni arabo-ebraiche


Nel 1917, la dichiarazione Balfour annunciava una "sede nazionale" per gli ebrei in
Palestina, generando tensioni tra arabi e inglesi. Le tensioni culminarono in scontri
violenti a partire dal 1921.

Creazione dei mandati


La Società delle Nazioni assegnò mandati su Libano e Siria alla Francia e su
Mesopotamia e Palestina all'Inghilterra. Questi mandati erano in realtà forme di
controllo coloniale.
→ Solo l'Arabia Saudita ottenne l'indipendenza nella penisola arabica.

Impero coloniale francese


La Francia estese il proprio impero coloniale, incorporando ex colonie tedesche e
ra orzando il controllo su Marocco, Libano e [Link] coloniale
ingleseL'Inghilterra espanse il proprio impero coloniale, ma la sua influenza era
indebolita dai movimenti nazionalisti. Concesse l'indipendenza a Canada, Australia,
Sud Africa e Nuova Zelanda, formando il Commonwealth. Nel 1922, l'Egitto ottenne la
piena indipendenza.

Lotta per l'indipendenza indiana


Sotto la guida di Gandhi, l'India avviò una lotta non violenta per l'indipendenza,
culminata con la marcia del sale tra il 1931 e il 1934.
Il Congresso Nazionale Indiano, guidato da Jawaharlal Nehru, proclamò l'obiettivo
della completa indipendenza nel 1929, che fu raggiunta nel 1947.

15
4.3 Le vicende della repubblica cinese e la guerra con il Giappone
La Nascita della Repubblica Cinese
Declino dell'Impero Cinese:
All'inizio del XX secolo, la Cina imperiale era in declino, caratterizzato da corruzione e
sommosse popolari.
La rivoluzione del febbraio 1912 portò all'abdicazione dell'imperatore bambino Pu Yi e
all'istituzione della Repubblica Cinese, guidata inizialmente da Sun Yat-sen, fondatore
del Kuomintang (Partito Nazionale del Popolo)

Caos e Signori della Guerra:


Sun Yat-sen fu presto sostituito dal generale Yuan Shih-k'ai, che tentò una
restaurazione imperiale. Dopo la sua morte nel 1916, la Cina cadde nel caos, con il
potere diviso tra i "signori della guerra". Sun Yat-sen e il Kuomintang mantennero il
controllo delle province meridionali fino alla morte di Sun nel 1925.

Partito Comunista Cinese


Nel 1921, il Partito Comunista Cinese (PCC) venne fondato, ispirato dalla Rivoluzione
d'Ottobre russa. Il PCC e il Kuomintang formarono un'alleanza contro i signori della
guerra, sostenuti dall'URSS.

Chiang Kai-shek e il Governo Nazionalista


Dopo la morte di Sun Yat-sen, Chiang Kai-shek prese il controllo del Kuomintang,
rompendo l'alleanza con i comunisti e instaurando un regime nazionalista a Nanchino
nel 1928, modernizzando il paese con l'aiuto di prestiti occidentali.

Mao Tse-tung e la Lunga Marcia


Mao Tse-tung, leader del PCC, organizzò i comunisti nelle campagne, formando
l'Armata Rossa. A seguito della repressione di Chiang, i comunisti intrapresero la
"Lunga Marcia" (1934-1935), ra orzando la loro determinazione nonostante le
pesanti perdite.

Espansione Giapponese e Guerra Cino-Giapponese


Il Giappone, diventato una potenza asiatica, occupò la Manciuria nel 1931 e
successivamente invase la Cina nel 1937.
→ Questo portò a una tregua tra Kuomintang e comunisti per fronteggiare l'invasione
giapponese, che si prolungò fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

16
(cap. 5) LE RIVOLUZIONI IN RUSSIA
5.1 La rivoluzione di febbraio
La Russia durante la Prima guerra mondiale
La partecipazione al conflitto mondiale mise in evidenza la crisi del regime zarista.
Nonostante alcune riforme economiche e la modernizzazione, la popolazione,
soprattutto contadina, viveva in estrema povertà.
La rivoluzione del 1905 aveva portato alla creazione della Duma, un parlamento con
poteri limitati.

Entrata in guerra e conseguenze


Nel 1914, lo zar Nicola II decise di entrare in guerra con l'Intesa, sperando in una
rapida vittoria.
Tuttavia, la guerra si rivelò logorante per la Russia, causando enormi perdite di
uomini e mezzi.
La crescente insoddisfazione popolare fu aggravata dalla propaganda socialista.
Dal 1915, scioperi e proteste per la carenza di beni di prima necessità e l'aumento dei
prezzi furono repressi dal governo.

La rivoluzione di febbraio
Nel febbraio 1917, una rivolta popolare a Pietrogrado contro la carestia dilagante
portò alla formazione di un governo provvisorio guidato dal principe Georgij L'vov.
Il 15 marzo, lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare e suo fratello Michele rifiutò la
corona. L'ex zar e la sua famiglia furono posti sotto sorveglianza.

Il dualismo tra governo e soviet


In parallelo al governo liberale, i soviet, assemblee di operai, soldati e contadini, si
ricostituirono come forza alternativa.
Il soviet di Pietrogrado divenne un'alternativa politica al potere centrale. Le posizioni
disfattiste, che propugnavano l'uscita dalla guerra, si di usero.

Le "Tesi di aprile" di Lenin


Nell'aprile 1917, Lenin rientrò in Russia e presentò le "Tesi di aprile", proponendo una
rivoluzione proletaria immediata e la fine della collaborazione con il governo L'vov.
→ Le tesi prevedevano la consegna delle terre ai contadini e delle fabbriche agli
operai, oltre a una pace immediata.
Lenin si pose in conflitto sia con il governo sia con menscevichi e socialisti
rivoluzionari, ottenendo comunque largo successo tra la popolazione.

17
5.2 Dalla rivoluzione d’ottobre al comunismo di guerra
Il governo Kerenskij
Nel maggio 1917, un nuovo governo si formò con la partecipazione di menscevichi e
socialisti rivoluzionari, con Kerenskij come ministro della Guerra. La Russia dichiarò
che avrebbe continuato il conflitto, ma gli insuccessi militari aumentarono il
malcontento popolare.
L'insurrezione della guarnigione di Pietrogrado nel luglio 1917 fu repressa, e Lenin fu
costretto all'esilio. L'vov si dimise e Kerenskij divenne presidente del governo,
confermando l'impegno a continuare la guerra e fissando le elezioni per l'assemblea
costituente al 28 novembre.

Un'estate di fermento
Durante l'estate del 1917, le agitazioni continuarono e si moltiplicarono le
organizzazioni sindacali e contadine, mentre la popolazione cercava di ottenere
migliori condizioni di vita. I soviet operai nelle città ricevettero migliaia di petizioni e
rivendicazioni.

Il tentativo di Kornilov
In settembre, il generale Kornilov tentò un colpo di Stato per ristabilire l'ordine, ma i
bolscevichi organizzarono la resistenza e lo sventarono, aumentando il loro
ascendente sui soviet.

La rivoluzione d'ottobre
A fine ottobre 1917, Lenin ritornò clandestinamente a Pietrogrado e organizzò la
rivoluzione d'ottobre. Nella notte tra il 6 e il 7 novembre, la Guardia rossa occupò i
centri nevralgici di Pietrogrado e il Palazzo d'Inverno. La rivoluzione mirava a formare
un governo rivoluzionario di operai e soldati e a cessare la guerra.

Il Consiglio dei commissari del popolo


Il nuovo governo bolscevico, guidato da Lenin, si insediò con il nome di Consiglio dei
commissari del popolo. Il primo problema a rontato fu l'Assemblea costituente,
sciolta da Lenin il 19 gennaio 1918.

La pace di Brest-Litovsk
Il 3 marzo 1918, il trattato di Brest-Litovsk impose condizioni durissime alla Russia,
che rinunciò a vaste aree territoriali. Questo sacrificio era considerato necessario da
Lenin per concentrare le energie sulla difesa del governo.

La guerra civile (1918-1921)


La guerra civile tra l'Armata rossa e l'Armata bianca, sostenuta dalle potenze
dell'Intesa, si concluse con la vittoria dei bolscevichi. Durante il conflitto, milioni di
persone morirono e la repressione fu feroce.

La Terza Internazionale
Nel marzo 1919, fu creata la Terza Internazionale per coordinare i partiti comunisti
nel mondo e di ondere la rivoluzione proletaria.

18
Il comunismo di guerra e le sue conseguenze
Durante la guerra civile, il governo di Lenin introdusse il comunismo di guerra,
controllando la produzione agricola e industriale, e sopprimendo la libertà d'opinione.
→ Questo sistema garantì i rifornimenti all'Armata rossa ma causò un crollo della
produzione agricola e la resistenza dei contadini.
Le rivolte contadine e dei marinai nel 1921 spinsero Lenin ad abbandonare il
comunismo di guerra.

5.3 La nuova politica economica e la nascita dell’Urss


Dal comunismo di guerra alla NEP
Dopo la vittoria dell'Armata rossa nella guerra civile, Lenin riconobbe i problemi
economici e sociali causati dal comunismo di guerra. Decise quindi di attenuare il
controllo statale e restaurare parzialmente il libero commercio e la proprietà privata,
introducendo la Nuova Politica Economica (NEP) come tappa di transizione tra
capitalismo e socialismo.

Le misure della NEP


1) Fine delle requisizioni forzate:
Le derrate alimentari non furono più requisite, sostituite da un'imposta fissa in
natura, che stimolò la produzione agricola e i commerci locali.

2) Benefici ai kulaki:
I kulaki beneficiarono particolarmente, migliorando il loro tenore di vita, mentre
l'intera economia vide una ripresa ai livelli pre-rivoluzionari.

3) Libertà d'azione per le industrie:


Pur sotto controllo statale, le industrie godettero di maggiore libertà, con retribuzioni
commisurate alle esigenze di mercato.

Politica estera e NEP


La NEP contribuì a migliorare i rapporti con le potenze occidentali. Lenin, constatando
l'isolamento politico della Russia dopo il fallimento delle insurrezioni in Europa, cercò
di ottenere il riconoscimento internazionale del suo governo.

Repressione religiosa e educazione


● Confisca dei beni ecclesiastici:
Durante il comunismo di guerra, i beni della Chiesa furono confiscati e al clero fu
vietato operare nell'educazione, con pene severe per i trasgressori.

● Lotta all'analfabetismo:
Il regime promosse l'educazione e la di usione della cultura secondo principi
marxisti.

19
Nascita dell'URSS (1922)
Nel primo congresso dell'Unione dei soviet a Mosca il 30 dicembre 1922, fu creata
l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), una federazione di
repubbliche governate da soviet locali, con capitale Mosca.
→ La federazione includeva Russia, Ucraina, Bielorussia e le repubbliche
transcaucasiche (Azerbaigian, Armenia, Georgia), formalmente paritarie ma dominate
dalla Russia.

Struttura dello Stato sovietico


La prima Costituzione dell'URSS fu adottata il 31 gennaio 1924.
Lo Stato era retto dal Soviet supremo dell'Unione (potere legislativo) e dal Consiglio
dei commissari del popolo (potere esecutivo), con il potere giudiziario a dato alla
Corte suprema dei soviet.
→ L'unico partito politico era il Partito Comunista (PCUS), il cui Comitato centrale
dirigeva lo Stato.

20
(cap. 6) DOPO LA GUERRA: SVILUPPO E CRISI
6.1 Crisi e ricostruzione economica
Il bilancio umano della guerra
La Prima guerra mondiale causò circa 17 milioni di morti e dispersi e oltre 20 milioni
di feriti gravi e mutilati.
Dei 65 milioni di uomini coinvolti, solo un terzo tornò illeso fisicamente, ma molti
so rirono di traumi psicologici. L'epidemia di influenza "spagnola" tra il 1918 e il
1920 colpì oltre 200 milioni di persone, causando dai 10 ai 50 milioni di morti.
La ridefinizione dei confini europei generò milioni di profughi e minoranze etniche
discriminate.

Di coltà economiche e riconversione industriale


Dopo la guerra, l'Europa era impoverita e indebitata. La riconversione industriale da
economia di guerra a economia di pace fu ostacolata dalla mancanza di risorse
pubbliche e dalla povertà generale.
La produzione agricola crollò e l'inflazione aumentò. Tutti i paesi europei furono
colpiti da una grave crisi economica e finanziaria.

Problemi specifici in Italia e Germania


In Italia, la crisi culminò nel 1921 con il fallimento di grandi aziende e banche.
In Germania, le riparazioni di guerra imposte dai vincitori aggravarono ulteriormente
l'economia. La Germania perse i mercati tradizionali e le colonie, e il bacino minerario
della Saar fu assegnato a Francia e Belgio.
La richiesta tedesca di dilazionare i pagamenti fu rifiutata.

Conseguenze della crisi


La crisi economica post bellica portò a:
● L'indebitamento verso gli Stati Uniti e la dipendenza dalle importazioni
extraeuropee.
● Maggiore intervento dello Stato nelle dinamiche economiche.
● Aumento della disoccupazione e delle tensioni sociali.

Ruolo degli Stati Uniti e isolazionismo


Gli Stati Uniti emersero dalla guerra come potenza dominante, con un'industria e
finanza forti. Tuttavia, il "wilsonismo" fallì e gli USA adottarono una politica
isolazionista sotto il presidente Warren G. Harding, che negoziò accordi bilaterali e
impose tari e doganali alte.

Piano Dawes e rilancio dell'economia mondiale


Il piano Dawes del 1924, ideato da Charles Dawes, ridusse le riparazioni richieste alla
Germania e favorì l'a usso di capitali statunitensi, rivitalizzando l'economia europea.
Questo aiutò i paesi vinti a pagare le riparazioni e i vincitori a estinguere i debiti con
gli Stati Uniti, stimolando un boom economico tra il 1925 e il 1926, con maggiori
vantaggi per gli Stati Uniti.

21
6.2 Trasformazioni sociali e ideologie
La Società Europea in Fermento
La crisi economica postbellica causò disoccupazione elevata e alti costi della vita,
colpendo principalmente i ceti popolari e i reduci di guerra. Questi problemi
generarono tensioni sociali e conflitti, con scioperi in aumento e proteste contadine.
Anche i ceti medi furono colpiti dall'inflazione e dalla svalutazione dei risparmi. Il
malcontento e la frustrazione dei reduci alimentarono le rivendicazioni economiche e
sociali.

Ideologie e Culture Contrapposte


L'instabilità sociale ed economica ra orzò sia le tendenze nazionaliste e autoritarie
che le ideologie socialiste e rivoluzionarie.
La rivoluzione bolscevica contribuì alla radicalizzazione dello scontro sociale e
ideologico, portando a un aumento delle tensioni tra movimenti operai e forze
conservatrici.

La Situazione negli Stati Uniti


Negli USA, l'isolazionismo adottato dal presidente Harding portò a una chiusura
economica, politica e sociale. Vennero introdotte quote massime per l'immigrazione e
crebbe la paura delle infiltrazioni comuniste (red scare).
Il Ku Klux Klan riemerse con violenze razziste contro neri e immigrati. Inoltre, il
proibizionismo del 1919, volto a limitare l'uso di alcolici, fallì e favorì il tra co illegale
e l'ascesa della criminalità organizzata.

Proibizionismo
L'emendamento 18 alla Costituzione degli Stati Uniti proibì la produzione e la vendita di
alcolici nel 1919. Sebbene il provvedimento mirasse a migliorare la morale pubblica e
la produttività lavorativa, finì per arricchire la criminalità organizzata e fu abolito nel
1933.

6.3 Gli anni Venti: benessere e nuovi stili di vita


Cambiamenti nei Costumi e nel Ruolo delle Donne
Dopo la Prima Guerra Mondiale, la società europea e americana subì profonde
trasformazioni. La guerra abbatté barriere sociali e culturali, portando a una società
più egualitaria e dinamica.
Le donne, che avevano assunto ruoli attivi durante il conflitto, videro crescere la loro
indipendenza e cambiarono il modo di vestire con abbigliamento più comodo e
disinvolto.

American Way of Life


Si sviluppò l'American way of life, caratterizzato da alto consumo e comfort. La
propaganda pubblicitaria promosse un ideale di vita accessibile a tutti grazie al
consumo di beni e all'uso delle vendite rateali.

22
6.4 La crisi del ‘29 e il New Deal di Roosevelt
Eccesso di ottimismo e speculazioni (1925-1929)
Negli anni 1925-1929, gli Stati Uniti sperimentarono un fervore produttivo che portò a
una corsa alla produzione industriale e agricola, alimentata da politiche di
agevolazione creditizia delle banche.
L'abbondanza di liquidità spinse molte imprese a investire in speculazioni finanziarie
piuttosto che in investimenti produttivi, infliggendo alla Borsa di New York movimenti
non supportati da reali basi di produzione economica.

Il ristagno del mercato internazionale


Verso la fine del decennio, l'equilibrio economico globale vacillò.
La ripresa economica in Europa intensificò la competizione internazionale e portò
all'adozione di politiche protezionistiche che limitarono l'accesso delle merci
americane ai mercati esteri.
Le politiche di austerità e deflazione in molti paesi europei ridussero ulteriormente la
domanda di merci americane, aggravando gli squilibri di produzione.

La crisi di sovrapproduzione
La combinazione di una produzione interna eccessiva e un mercato internazionale
stagnante portò a una crisi di sovrapproduzione.
L'incapacità dei consumatori americani di assorbire la quantità crescente di merci
mise a repentaglio la stabilità economica, portando a una diminuzione dei prezzi e alla
chiusura di numerose fabbriche.

24 ottobre 1929: il "giovedì nero"


La crisi industriale iniziale culminò con il crollo del mercato azionario il 24 ottobre
1929, noto come il "giovedì nero".
La vendita massiccia di azioni da parte degli speculatori portò a un rapido
deprezzamento dei titoli, segnando l'inizio della Grande Depressione.

La "grande depressione"
La crisi economica si trasformò rapidamente in una crisi sociale, con milioni di
americani perdenti il lavoro e numerosi settori industriali e agricoli devastati.
Il crollo delle azioni portò al fallimento di migliaia di banche, cancellando i risparmi di
molti e lasciando una classe media impoverita e disperata.

La crisi in Europa
La crisi economica americana ebbe ripercussioni globali, con l'Europa che subì un
crollo della produzione e un aumento della disoccupazione.
→ Il sistema monetario internazionale collassò, aggravando ulteriormente la
situazione economica già fragile di molti paesi europei.

23
Il "nuovo corso" di Roosevelt
Franklin D. Roosevelt, eletto nel 1932, introdusse il New Deal, un programma che
sconvolse la tradizionale concezione liberista degli Stati Uniti.
Il New Deal mirava a regolare il capitalismo, implementando politiche di stimolo
economico, intervento statale nel mercato e protezione sociale, contribuendo a
mitigare gli e etti devastanti della crisi.

Gli e etti positivi del New Deal


Grazie al New Deal, Roosevelt riuscì a ridurre l'impatto della crisi, stimolando
l'occupazione attraverso grandi opere pubbliche, regolando i mercati finanziari e
migliorando i diritti dei lavoratori.
Sebbene la ripresa completa sarebbe arrivata solo con la Seconda guerra mondiale, il
New Deal rappresentò una svolta nell'economia americana verso un capitalismo più
controllato e inclusivo.

24
(cap. 7) IL REGIME FASCISTA IN ITALIA
7.1 Le trasformazioni politiche nel dopoguerra
In Italia era presente un clima di cile. I partiti politici potevano rappresentare un
punto di equilibrio, ma si dimostrarono incapaci (soprattutto le forze liberali erano
impreparate).

Si formarono 2 partiti di massa:

PPI PSI

Partito Popolare Italiano Partito Socialista Italiano

Proponeva: → controllava la Confederazione Italiana


→ adozione del sistema elettorale del Lavoro (CGIL)
proporzionale, con estensione del voto
alle donne e un decentramento Si suddivise in 3 correnti:
amministrativo) ● massimalista: che predomina
→ riforma agraria (con la fondazione ● riformista: che controllava la
della Confederazione Italiana dei CGIL
Lavoratori CIL) ● l'Ordine Nuovo: ovvero fondato
→ tutela dei diritti di tutte le classi sul partito rivoluzionario di Lenin
popolari (consigli di fabbrica)
→ religione laica

Benito Mussolini sfruttò abilmente la fase tumultuosa della politica italiana dopo
essere stato espulso dal Partito socialista nel novembre 1914.
Fondò il quotidiano "Il Popolo d'Italia" con il sostegno finanziario di industriali,
promuovendo la partecipazione italiana alla guerra.

Dopo il suo ritorno dal fronte nel 1917, criticò il governo debole e si pose come
difensore dell'ordine interno attraverso il giornalismo.

Grazie alla sua eloquenza, attirò simpatizzanti tra nazionalisti, ex combattenti,


sindacalisti rivoluzionari e giovani della media borghesia, fondando i Fasci di
combattimento il 23 marzo 1919 con il loro sostegno.

25
7.2 La crisi dello Stato Liberale
Vittoria mutilata: senso di frustrazione in quanto l'Italia non era riuscita ad ottenere
tutti gli ampliamenti territoriali.

→ alla Conferenza di Parigi per confermare il rispetto del patto di Londra (Fiume e
Dalmazia all'Italia), l'Italia passò in secondo piano, perché Wilson, Francia e
Inghilterra si opposero all'ampliamento degli italiani sull'Adriatico. Inoltre, nella
spartizione delle colonie tedesche, l'Italia non fu nemmeno nominata.

La presa di Fiume da parte di D'Annunzio


Nel settembre 1919, Gabriele D'Annunzio guidò un gruppo di volontari armati fino a
Fiume, occupandola senza resistenza.
Dichiarò unilateralmente l'annessione della città all'Italia, provocando tensioni con il
governo di Nitti, il quale rimase ambiguo sulla questione.

La riforma elettorale del 1919


Francesco Saverio Nitti promosse una riforma elettorale che estese il su ragio
universale maschile e introdusse il sistema proporzionale.
Le elezioni del novembre 1919 videro un cambiamento significativo, con la perdita di
maggioranza dei liberali a favore di socialisti e cattolici.

Il biennio rosso (1919-1920)


Il periodo fu caratterizzato da intensi conflitti sociali in Italia. Gli operai chiedevano
riduzione dell'orario di lavoro e aumenti salariali, mentre i contadini reclamavano la
ridistribuzione delle terre. Scioperi e manifestazioni si di usero su vasta scala,
portando a oltre 1.800 scioperi nel 1920.

La mediazione di Giolitti e la fine del biennio rosso


Giolitti, tornato al governo nel 1920, cercò di mediare tra lavoratori e industriali per
risolvere le tensioni sociali. Nonostante la fine pacifica delle occupazioni, sia operai
che industriali furono insoddisfatti della soluzione. Questo periodo indebolì il Partito
Socialista e favorì la nascita del Partito Comunista Italiano.

Il trattato di Rapallo e il conflitto con D'Annunzio


Nel 1920, Giolitti firmò il trattato di Rapallo con il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni,
che dichiarava Fiume una città libera. D'Annunzio rifiutò di lasciare la città, portando
allo scontro con l'esercito italiano nel "Natale di sangue" del dicembre 1920.
D'Annunzio si ritirò da Fiume nel gennaio 1921, ma il conflitto amplificò le tensioni
nazionaliste in Italia.

26
7.3 L’ascesa del fascismo
Le origini e la crescita del movimento fascista
Il movimento fascista in Italia ha avuto origine nel 1919 con Benito Mussolini, il quale
rapidamente trasformò il movimento da una visione repubblicana a una più
conservatrice e antisocialista.
Utilizzando le squadre d'azione paramilitari, riconoscibili per le loro camicie nere, il
fascismo iniziò a impiegare la violenza per contrastare scioperi e sopprimere le
organizzazioni operaie e socialiste.
Il culmine di questa violenza si manifestò con l'attacco a palazzo d'Accursio a Bologna
nel 1920, segnando un punto di svolta nelle tensioni politiche dell'epoca.

Il successo elettorale dei fascisti


Il periodo successivo vide il movimento fascista guadagnare terreno anche
attraverso il processo elettorale.
Alleandosi con altri gruppi politici nel cosiddetto "blocco nazionale", Mussolini riuscì a
ottenere una stretta maggioranza parlamentare nelle elezioni del 1921.
Questo successo segnò un cambiamento significativo nel panorama politico italiano,
con i fascisti che passarono da un modesto inizio a oltre 300.000 voti e 35 seggi in
parlamento.

Da movimento a partito: nasce il PNF


Con l'entrata in parlamento, Mussolini consolidò il movimento fascista fondando il
Partito Nazionale Fascista (PNF) nel 1921.
Questo partito, con una base ampia e centralizzata di circa 200.000 membri, gli fornì il
controllo diretto del movimento.
Nonostante i capi locali come Italo Balbo e Dino Grandi cercassero una maggiore
autonomia, Mussolini mantenne un controllo ferreo, utilizzando sia la violenza
squadrista sia i mezzi legali per raggiungere i suoi obiettivi politici.

La marcia su Roma e l'ascesa al potere


La "marcia su Roma" nel 1922 rappresentò un punto culminante per il fascismo
italiano. Con un esercito di camicie nere convergente verso la capitale, Mussolini
costrinse il governo a cedere il potere senza spargimenti di sangue significativi.
Questo evento segnò la fine del governo liberale in Italia e l'inizio del regime fascista,
con Mussolini che assunse formalmente l'incarico di primo ministro il 30 ottobre
1922.

Il governo di coalizione e la limitazione delle funzioni parlamentari


Il governo di Mussolini iniziò come una coalizione, con rappresentanti di vari partiti
inclusi per assicurare stabilità. Tuttavia, la vera autorità risiedeva nel Gran Consiglio
del Fascismo, che limitò notevolmente le funzioni parlamentari.
Mussolini continuò a sostenere le azioni illegali delle squadre d'azione e ad enfatizzare
un controllo autoritario sulla politica italiana.

27
La politica economica e i rapporti con la borghesia e il Vaticano
Economicamente, il regime fascista adottò politiche liberiste favorevoli alla grande
borghesia, promuovendo l'espansione economica attraverso politiche fiscali
favorevoli e trattati commerciali internazionali.
Mussolini cercò anche di rassicurare la borghesia e il Vaticano, integrando elementi
più moderati all'interno del regime per evitare conflitti interni e guadagnare supporto
politico.

Il delitto Matteotti e la svolta autoritaria


Il delitto Matteotti nel 1924, seguito dalla secessione dell'Aventino, rappresentò un
punto di crisi per il regime.
L'assassinio del parlamentare socialista Giacomo Matteotti portò a un'ondata di
proteste e indignazione pubblica, ma l'opposizione non riuscì a organizzare una
risposta e cace.
Mussolini, approfittando della debolezza dell'opposizione, dichiarò la sua
responsabilità nel discorso del 3 gennaio 1925, inaugurando un periodo di
repressione e soppressione delle libertà costituzionali in Italia.

28
7.4 La costruzione dello Stato fascista
Le "leggi fascistissime" e il passaggio al regime autoritario
Nel periodo tra la fine del 1925 e il 1926, furono promulgate le "leggi fascistissime" in
Italia, ispirate da Alfredo Rocco e mirate a consolidare il regime fascista di Mussolini.
Queste leggi trasformarono il governo in un'autocrazia, abolendo la separazione dei
poteri e conferendo al segretario di Stato, nominato dal re, ampi poteri legislativi.
Furono soppressi i consigli comunali e i sindaci elettivi, sostituiti da podestà nominati
dal governo. Inoltre, fu reso obbligatorio l'iscriversi al Partito fascista per tutti i
dipendenti pubblici.

La riforma elettorale e il plebiscito del 1929


Nel 1928, una riforma elettorale istituì una lista unica nazionale per la Camera dei
deputati, approvata tramite un plebiscito nel 1929, dove i cittadini potevano solo
votare "sì" o "no". Questo processo soppresse il ruolo del Parlamento come organo di
rappresentanza indipendente, consolidando ulteriormente il controllo del regime
fascista.

La propaganda e il culto della personalità


Mussolini utilizzò una potente macchina propagandistica per consolidare il suo
potere. Si fece chiamare "duce" e alimentò un culto della personalità, presentandosi
come salvatore della patria e restauratore dell'ordine.
→ Utilizzò i mezzi di comunicazione di massa, come la stampa e la radio, per
manipolare l'opinione pubblica e instillare un obbedienza totale al regime.

Il controllo totale della società e la repressione


Il regime fascista esercitò un controllo totale sulla società, soprattutto attraverso la
scuola e le organizzazioni giovanili.
Furono istituite l'Opera nazionale Balilla per l'educazione ginnico-sportiva e altre
organizzazioni per il controllo del tempo libero. Ogni forma di opposizione fu
severamente repressa, con l'istituzione di una polizia politica segreta, l'Ovra, per
individuare e punire gli antifascisti.

Il rapporto con la Chiesa cattolica: dagli accordi alla condanna


Mussolini raggiunse un accordo con la Chiesa cattolica nel 1929 tramite i Patti
Lateranensi, ponendo fine alla lunga disputa tra Stato e Vaticano.
Tuttavia, il regime entrò in conflitto con la Chiesa negli anni successivi, culminando
con la condanna da parte di Pio XI nel 1931, che denunciò il fascismo come dottrina
totalitaria.

29
7.5 La politica sociale ed economica
La soppressione dei diritti sindacali e il Codice Rocco (1930)
Il regime fascista sotto Mussolini limitò drasticamente le libertà personali e
associative, concentrando il potere economico nelle mani dell'alta finanza e della
borghesia capitalistica. Con il Codice Rocco del 1930, furono abolite le commissioni
interne delle fabbriche, il diritto di sciopero e i liberi sindacati, consolidando così il
controllo statale sul lavoro e sopprimendo ogni forma di protesta.

La trasformazione delle festività e l'introduzione delle corporazioni


Il regime fascista eliminò la celebrazione del 1° maggio, festa internazionale dei
lavoratori, sostituendola con una "festa del lavoro" il 21 aprile, mirando a evitare
proteste contro il governo.
Contemporaneamente, vennero istituite le corporazioni, organi statali che riunivano
datori di lavoro e lavoratori per controllare la produzione e mitigare i conflitti tra
capitale e lavoro, promuovendo la collaborazione di classe secondo gli interessi
nazionali.

Dal liberismo al protezionismo sotto il regime


Giuseppe Volpi, ministro delle Finanze, abbandonò il liberismo economico degli anni
precedenti per adottare una politica protezionistica. Questa strategia mirava a
ridurre la dipendenza economica dall'estero attraverso l'inasprimento dei dazi e delle
tari e doganali, consentendo al governo di stabilizzare l'economia e aumentare il
prestigio nazionale.

Gli e etti della rivalutazione della lira e la risposta alla crisi del '29
La rivalutazione della lira, proposta da Mussolini nel 1926, mirava a stabilizzare
l'economia italiana ma causò gravi scompensi, tra cui un rallentamento della
produzione e un aumento della disoccupazione.
In risposta alla Grande Depressione del 1929, il regime fascista ampliò il suo
intervento nell'economia attraverso l'Imi e l'Iri, trasformando lo Stato in un
imprenditore e generando tensioni con i grandi capitalisti.

L'economia autarchica e le "battaglie" del fascismo


L'autarchia, introdotta negli anni '30, mirava a rendere l'Italia autosu ciente
producendo internamente beni essenziali. Sebbene potenziasse l'industria nazionale,
l'autarchia comportò e etti negativi sul livello di vita dei cittadini a causa della
produzione di merci di qualità inferiore a costi più elevati. Le "battaglie" fasciste come
la battaglia del grano e la battaglia demografica furono parte di questa politica
autarchica.

I lavori pubblici e lo sviluppo infrastrutturale


Il regime fascista promosse numerosi progetti di lavori pubblici per migliorare le
infrastrutture italiane, includendo la costruzione di ponti, strade, acquedotti e stadi.
Venne anche incentivata l'agricoltura attraverso opere di bonifica e irrigazione,
mentre settori come la marina mercantile e l'aviazione civile furono potenziati per il
progresso del paese.

30
7.6 La politica estera e le leggi razziali
La prima fase: ricerca della pace e revisionismo (1922-1926)
Nei primi anni dopo la presa del potere, Mussolini cercò la pace e la distensione
internazionale per consolidare il regime fascista e migliorare l'immagine dell'Italia in
Europa. Tuttavia, mirava anche a una revisione dei trattati di pace ritenuti ingiusti per
l'Italia, puntando all'espansione nel Mediterraneo e in Africa.

La seconda fase: inasprimento dei rapporti internazionali (1926-1935)


Con il regime più consolidato, Mussolini si orientò verso politiche più aggressive,
incoraggiando il militarismo e il riarmo. Ciò portò a un inasprimento dei rapporti con
la Francia e un avvicinamento all'Inghilterra.
Dal 1932, l'Italia accentuò il carattere bellicista della sua politica estera,
preparandosi agli scontri imminenti in Europa.

L'avventura coloniale in Etiopia


Mussolini decise di espandere l'influenza italiana in Africa, iniziando l'invasione
dell'Etiopia nel 1935 senza dichiarazione di guerra, motivata dalla "missione
civilizzatrice" e dall'aspirazione a un impero coloniale. Questa mossa isolò l'Italia dalla
Società delle Nazioni ma ra orzò il consenso interno al regime.

L'avvicinamento dell'Italia alla Germania nazista


Dopo l'isolamento internazionale dovuto all'invasione dell'Etiopia, Mussolini si alleò
con la Germania nazista nel 1936, formando l'Asse Roma-Berlino.
Questo accordo rinforzò il rapporto tra i due paesi e segnò un punto di svolta nella
politica estera italiana, mentre l'Europa si polarizzava in due blocchi contrapposti.

L'occupazione dell'Albania
Temendo di essere sopra atto dall'espansionismo tedesco, Mussolini occupò
l'Albania nel 1939, consolidando la posizione italiana sull'Adriatico e cercando di
ria ermare il proprio ruolo nel Mediterraneo.

Le leggi razziali
Le politiche razziali del regime fascista culminarono nel 1938 con l'emanazione di
leggi discriminatorie contro gli ebrei in Italia, segnando un'oscura pagina della storia
italiana e suscitando emigrazioni di studiosi e intellettuali ebrei.

31
(cap. 8) LA GERMANIA DEL TERZO REICH
8.1 La repubblica di Weimar
Dopo la guerra, la Germania era in crisi: l'imperatore fu costretto ad abdicare, venne
proclamata una nuova Repubblica e si formò un nuovo governo provvisorio (Ebert),
che però venne accusato dal popolo di essere il responsabile della “pugnalata alle
spalle” → sconfitta dovuta al tradimento

Il Kdp (Partito comunista tedesco) organizzò una rivolta contro il governo


socialdemocratico nel gennaio del 1919.
| → Lega di Spartaco:
● critica il leninismo
● sfiducia nei socialdemocratici di rivoluzionare lo Stato Imperiale.

Il Kdp cercò di mettere in atto questa rivolta ma venne brutalmente repressa dai
Freikorps (conservatori). Tra le prime vittime ci furono proprio i fondatori della Lega di
Spartaco.

Il putsch di Kapp
Un gruppo di estrema destra (Wolfgang Kapp) si schierò contro la repubblica perché
esigeva la revisione del Trattato di Versailles.
Nel marzo del 1920 promosse un movimento insurrezionale militare → Putsch (= colpo
di stato).

I problemi economici
Oltre alle rivoluzioni, la Repubblica doveva fare i conti anche con i gravi problemi
economici che si erano creati alla fine della guerra.
→ i risarcimenti di guerra erano troppi e il governo mise in circolazione più
banconote. Da questo ne derivarono una iper inflazione e disoccupazione che
portarono, a loro volta ad una crisi economica e sociale.

L’occupazione francese della Ruhr


Con la crisi economica, la Germania sospese il pagamento dei risarcimenti. La Francia
per vendetta, nel gennaio del 1923 occupò la Ruhr.
Dall’occupazione della Ruhr, i nazionalisti tedeschi e le correnti di destra aumentarono
il loro desiderio di far cadere la democrazia.

32
8.2 Hitler e la nascita del nazionalsocialismo
Hitler e il partito nazista (febbraio 1920)
Nel gennaio 1919 si costituì a Monaco un partito di estrema destra chiamato Partito
dei Lavoratori tedeschi, al quale aderì Adolf Hitler.
Grazie alle sue capacità oratorie, nel corso del 1920 lo trasformò nel partito
nazionalsocialista dei lavoratori e poi divenne il partito nazista.
L'emblema del partito era la croce uncinata o svastica. Venne creata anche una
struttura paramilitare (SA, Sturmabteilungen → squadre d'assalto) la cui uniforme
era la camicia bruna.

Il fallito Putsch di monaco (novembre 1923)


Il partito nazista dimostrò ben presto i metodi terroristici e l'uso sistematico della
violenza contro la sinistra. L'obiettivo era una Germania autoritaria e anticomunista.
Hitler tentò un colpo di stato contro il governo regionale della Baviera (Putsch di
monaco), fallendo.
Hitler venne arrestato e condannato a cinque anni di [Link] la prigionia, egli
decise di cambiare strategia e si prefisse come obiettivo la conquista legale del
potere.

La stabilizzazione dell'economia
Nel 1922 si aprirono una serie di relazioni diplomatiche e commerciali con l'unione
sovietica e soprattutto l'arrivo del piano Dawes da parte degli Stati Uniti per
sostenere l'economia tedesca. Esso permise la ripresa economica e del sistema
produttivo

La riconciliazione franco-tedesca
Con il piano Dawes si ebbe anche il progressivo ritiro delle truppe francesi dalla Ruhr
(1925). Nell'ottobre 1925 Francia e Germania firmarono a Locarno un patto con il
quale venne riconosciuta la cessione alla Francia di Alsazia e Lorena e la Germania si
impegnava a non modificare con le armi nuovi confini.
La Germania venne ammessa alla Società delle Nazioni (1926), segno di una concreta
riconciliazione tra vincitori e vinti: questo evento è ricordato come spirito di Locarno.
Nell'agosto 1928 venne firmato il patto Briand-Kellog da 60 paesi, tra cui Inghilterra,
Germania, Belgio, Italia, unione sovietica e Giappone.
Tale patto rifiutava u cialmente la guerra come mezzo per risolvere le contese fra gli
Stati e stabiliva l'appoggio incondizionato ai paesi aggrediti in violazione dagli accordi
della Società delle Nazioni o del trattato di Locarno

Il piano Young e la riduzione dei risarcimenti tedeschi


Nel 1929 il finanziere americano Young, presidente della commissione internazionale
per le riparazioni di guerra, intraprese una nuova iniziativa a favore della Germania →
piano Young: > riduce notevolmente i risarcimenti dovuti dai tedeschi
> permetteva loro di scaglionare le rate in 60 anni
> stabiliva la fine dell'occupazione della Renania da parte della Francia

33
Le conseguenze della crisi del ‘29
Gli e etti della grande depressione americana del 1929 si abbatterono duramente
sulla Germania. Le conseguenze furono fallimenti e una nuova dilagante
disoccupazione. Il nazionalismo divenne nuovamente l'unica ragionevole soluzione per
il popolo tedesco

L'appoggio di industriali ed esercito alla politica autoritaria di Hitler


Hitler approfittò del clima di disperazione e si assicurò l'appoggio delle grandi
industrie e dell'alta finanza. Inizio a crescere un regime autoritario, legato alla
tradizione del militarismo e nazionalismo.

Il successo nazista alle elezioni (1930 1932)


Nel settembre 1930 Hitler conseguì con il suo partito un successo elettorale, grazie al
consenso ottenuto dalla popolazione. Nel marzo 1932 Hitler si presentò come
candidato alle elezioni presidenziali, senza successo: a vincere fu Hindenburg.

Hitler cancelliere (30 gennaio 1933)


E dopo le elezioni del luglio del novembre 1932, la prima forza politica del paese era il
partito nazista. Il presidente Hindernburg chiamò Hitler al governo, in veste di
cancelliere (30 gennaio 1933).

34
8.3 La costruzione dello Stato totalitario
L'incendio del Reichstag (27 febbraio 1933)
La sera del 27 febbraio la sede del parlamento a Berlino venne incendiata. Hitler
sparse la voce che l'incendio fosse frutto di un complotto comunista, per ottenere
ancora ulteriori consensi.
I nazisti diedero inizio a una politica fondata sul terrore, emanando un decreto
straordinario il 28 febbraio in base al quale venivano limitate le libertà politiche e civili
e posti sotto controllo la stampa i partiti politici.

Dalle nuove elezioni al partito unico nazista


Il parlamento indisse nuove elezioni il 5 marzo 1933. Il partito nazista non raggiunse
comunque la maggioranza assoluta (44%).
Confermato cancelliere, Hitler si a rettò a far votare una legge delega (23 marzo)
finalizzata a porre fine ai disagi del popolo e dello Stato, ma in realtà destinata a
concedere per quattro anni i pieni poteri al suo governo, il quale ne approfitto per
instaurare un regime totalitario.
II 5 luglio vennero messi al bando tutti i partiti esistenti e fu vietata la formazione di
nuovi movimenti politici (14 luglio), mentre veniva u cialmente riconosciuto come
partito unico quello nazista.

La politica del terrore


Dal 1921 Hitler aveva assunto il titolo di Fuhrer. Fu abolita ogni libertà di associazione
e di espressione e vennero soppressi i partiti e liberi sindacati.
Il regime del terrore era ulteriormente controllato attraverso la polizia segreta di
Stato (Gestapo) e le SS (Schutzsta el→reparti di difesa).
Dal 1933 vennero organizzati dei campi di concentramento dove rinchiudere gli
avversari e gli oppositori. Per i casi di tradimento venne creata la Suprema corte
popolare.
Nell'aprile 1933 venne avviato una campagna contro la cultura non tedesca: furono
messi al bando libri scritti da ebrei e promotori di marxismo, pacifismo, psicologia
(come quella di Freud). Il primo grande rogo dei libri si svolse a Berlino il 10 maggio
1933.

L'opposizione interna: la "notte dei lunghi coltelli" (30 giugno 1934)


La notte tra il 30 giugno e il 1 luglio 1934 le SS uccisero Röhm e dei membri delle
camicie brune, portavoce di una linea rivoluzionaria contraria al nazismo.

La nascita del terzo Reich (agosto 1934)


Alla morte di Hindenburg, nell'agosto 1934, Hitler assunse i poteri della carica del
presidente del Reich e ottenne la fedeltà dell'esercito: il suo era ora un potere
assoluto.
Il nuovo Stato nazista venne nominato terzo Reich, che seguiva quello creato nel 1870
da Guglielmo I e Bismark e il più antico sacro Romano impero germanico, e divenne
Stato unitario. Vennero sciolti parlamenti, governi e organi giudiziari dei vari lander
tedeschi.

35
Il culto della personalità e l'azione della propaganda
Lo Stato totalitario venne costruito con l'organizzazione del consenso e l'eliminazione
di ogni forma di opposizione (persecuzione, esilio, soppressione fisica). Esisteva una
diretta relazione tra lo Stato e la persona di Hitler. A consolidare il regime contribuì
l'azione di propaganda messa a punto da Joseph Goebbels e condotta attraverso
stampa, editoria, radio e cinema.

I successi in campo economico


I punti di forza della politica autarchica erano:
> presenza imprenditoriale dello Stato nei campi dei Lavori Pubblici, infrastrutture e
industrie pesanti
> concentrazione dei capitali rigorosa
> proibizione dello sciopero
> acquisizioni sul mercato internazionale di materie prime indispensabili

L'aggressivo espansionismo
La politica estera nazionalista doveva restituire alla Germania il rango che gli
spettava. Il regime promosse una politica di riarmo, violando il trattato di Versailles. I
territori naturalmente tedeschi erano Austria, la zona dei Sudeti e la Cecoslovacchia.
Hitler riteneva che questi paesi costituissero parte dello spazio vitale irrinunciabile
per la Germania.

La costruzione della grande patria germanica è ricordata come pangermanesimo


(movimento politico e culturale che aspirava a riunire in un unico Stato tutti i popoli
germanici, propugnando la presunta superiorità biologica e culturale dei tedeschi)
Ne conseguì un feroce razzismo, che presto avrebbe avuto esiti tragici.

L'atteggiamento dell'Europa verso il nazismo


Le democrazie dell'Europa occidentale sottovalutarono l'avvento del nazismo: Hitler
realizzò il proprio programma con immediata lentezza, ma con progressione
inarrestabile.
I successi della Germania riscossero ammirazione anche all'estero, soprattutto per il
terrore del pericolo rosso che a iggeva i [Link] manifestò, infatti, contro il
comunismo bolscevico una determinata avversione, guadagnandosi la fiducia di altre
nazioni, tra cui l'Italia (Mussolini) e la Spagna (Primo de Rivera).

36
8.4 L’ideologia nazista e l’antisemitismo
Razza e ineguaglianza
Nella sua opera Mein Kampf, Hitler espresse il suo odio verso gli ebrei e i iscrisse i
principi delle teorie eugenetiche, fondati su due elementi principali:
>la razza, considerata essenza della storia della società
>ineguaglianza, ritenuta la legge fondamentale della natura e determinante della
sottomissione delle masse ai capi e delle razze inferiori a quelle superiori
Motivò inoltre il rifiuto del sistema democratico, ritenuto incapace di poter costruire e
guidare la grande Germania.

La teoria della superiorità della razza ariana


Il nazismo sosteneva la teoria della superiorità assoluta e indiscutibile della razza
ariana. Essa si identificava nella razza germanica, la quale doveva seguire un
processo di purificazione per ricreare un solido gruppo razziale tedesco.

L'antisemitismo e le leggi di Norimberga


Il razzismo nazista individuò il principale nemico nel popolo ebraico, considerato
origine di tutti mali del mondo. Secondo Hitler l'ebraismo era una sorta di malattia da
cui discendevano liberalismo, democrazie, marxismo.
Ne conseguì una progressiva e spietata persecuzione, che sfociò con la
promulgazione delle leggi di Norimberga (15 settembre 1935): con questi
provvedimenti gli ebrei furono privati della cittadinanza, della possibilità di sposarsi
con altri cittadini tedeschi e furono obbligati a esibire sugli abiti la stella gialla di
David, per essere riconoscibili in pubblico.

La notte dei cristalli (9-10 novembre 1938)


Nella notte fra il 9 e il 10 novembre 1938 in molte città vennero devastati luoghi di
culto, esercizi commerciali e abitazioni private degli ebrei.
Decine di migliaia vennero arrestati e internati nei campi di concentramento: l'azione
venne definita "notte dei cristalli", poiché furono infrante le vetrine di negozi e vetrate
delle sinagoghe. Due giorni dopo venne stabilita l'esclusione degli ebrei dal commercio
e dalle professioni e la messa fuori legge delle organizzazioni ebraiche (12 novembre
1938). L'antisemitismo nazista alimentò ulteriormente: la persecuzione degli ebrei,
mettendo mano sui loro patrimoni.
Tipico dei regimi totalitari è l'individuazione di un "capro espiatorio" su cui scaricare
le proprie frustrazioni. Il risultato fu il genocidio di 6 milioni di ebrei.

37
8.5 La politica estera e aggressiva di Hitler
La rottura dell'equilibrio europeo
Hitler allontanò la Germania dallo spirito di Locarno. Il primo passo fu l'uscita dalla
società delle nazioni (ottobre 1933). La potenza tedesca si consolidò con la annessione
della Saar: in seguito a un plebiscito nel gennaio 1935, la ricca regione mineraria
tornava la Germania dopo 15 anni di sfruttamento da parte dei francesi.
Hitler si concentrò sulla questione del riarmo, introducendo il servizio militare
universale e obbligatorio. Francia, Inghilterra e Italia, riunite a Stresa, stabilirono
un'azione comune contro le violazioni del trattato di Versailles, ma senza prendere
provvedimenti contro la Germania nazista. Hitler fu infatti capace di far insediare le
sue truppe in Renania, smilitarizzata dal 1918.

L'avvicinamento a Mussolini (ottobre 1936)


Mussolini si trovò in una posizione isolata e non potendo rinnovare l'intesa con Gran
Bretagna e Francia si avvicinò alla Germania. Le due potenze erano accomunate da un
espansionismo aggressivo e bellicista e giunsero a firmare l'accordo asse Roma
Berlino (24 ottobre 1936). La prima impresa condotta dai due Stati fu la guerra di
Spagna, nell'estate 1936.

L'allargamento dell'alleanza al Giappone (novembre 1936)


Germania e Italia ebbero il sostegno del Giappone, che aveva contribuito a
l'inasprimento delle relazioni internazionali con l'invasione della Manciuria e la
conseguente uscita dalla società delle nazioni (1933).
Nel novembre 1936 prese parte all'ampliamento dell'asse Roma Berlino, Germania e
Giappone firmarono il patto Anticomintern.
Nel novembre 1937 anche l'Italia, rappresentata dal ministro degli esteri Galeazzo
Ciano, aderì al patto Anticomintern, delineando l'asse Roma Berlino Tokyo che
sarebbe stato formalizzato all'inizio della seconda guerra mondiale.

L'annessione dell'Austria (marzo 1938)


Il mito della riunione in un unico Stato di tutti i tedeschi sfociò nell'ordine alle truppe
tedesche di occupare Vienna (12 marzo 1938).
Il leader nazista austriaco Arthur spalancò le frontiere del paese a Hitler. Egli venne
nominato cancelliere (9 marzo) e il 13 marzo venne dichiarata l'annessione
dell'Austria alla Germania, attraverso un plebiscito che ne confermò la validità il 10
aprile.

La conferenza di monaco e l'occupazione della Cecoslovacchia


L'annessione dell'Austria non esaurì le ambizioni tedesche. Hitler intimò infatti alla
Repubblica cecoslovacca la cessione del territorio di frontiera dei Sudeti, regione
abitata da una popolazione prevalentemente tedesca. La Cecoslovacchia, si sentiva
protetta da un patto di alleanza con la Francia e Gran Bretagna, perciò resistette alle
proteste tedesche.
Il governo inglese avviò le trattative: nel corso di una conferenza internazionale a
Monaco (29 e 30 settembre 1938) si riuscì a raggiungere la pace, ma a spese della
Cecoslovacchia, la quale dovette cedere il territorio dei Sudeti.

38
Il 15 marzo 1939 Hitler invase la Cecoslovacchia e ne occupò Praga, creò un
protettorato tedesco (Boemia e Moravia) e riconobbe parzialmente l'indipendenza
della Slovacchia.

Il Patto d'acciaio e il patto Molotov-Ribbentrop


Il 28 marzo 1939 Hitler intimava alla Polonia la cessione del corridoio di Danzica,
striscia di territorio prima appartenente ai tedeschi, poi concessa la Polonia nel 1919
perché essa potesse avere uno sbocco sul Mar Baltico. Francia e Inghilterra
assicurarono alla Polonia la loro protezione, ma era troppo tardi.

II 22 maggio 1939, Germania e Italia stipularono un trattato di alleanza militare: il


patto d'acciaio, che impegnava le due a prestarsi reciproco aiuto in caso di guerra,
difensiva e o ensiva.

II 28 agosto 1939 la Germania sottoscrisse un patto di non aggressione con l'unione


sovietica, firmato dal ministro degli esteri sovietico Molotov e dal ministro degli esteri
tedesco Joachim von Ribentrop.

Il patto prevedeva la spartizione dell'est europeo della Polonia in due sfere di


influenza, tedesca e sovietica.

39
(cap. 9) L’URSS DI STALIN
9.1 L’ ascesa di Stalin e l’industrializzazione sovietica
La lotta per la successione alla morte di Lenin
Nel maggio del 1922, Lenin fu colpito da un'emorragia cerebrale che lo costrinse
all'inattività fino alla sua morte nel gennaio 1924. Questo portò a una crisi nel partito
bolscevico, con un triumvirato composto da Stalin, Zinovev e Kamenev, e l'opposizione
di sinistra guidata da Trotskij. Lo scontro ideologico era tra la teoria di Trotskij della
rivoluzione permanente e quella di Stalin del "socialismo in un solo paese".

L'a ermazione di Stalin alla guida dell'Urss


Stalin, originario della Georgia e collaboratore di Lenin, divenne segretario generale
del Comitato centrale nel 1922. Liquidò l'opposizione di sinistra con l'aiuto della destra
del partito, esiliando Trotskij nel 1929 e espellendo Zinovev e Kamenev nel 1927. Con
l'eliminazione di Bucharin nel 1929, Stalin consolidò il suo potere e poté attuare il suo
progetto politico ed economico.

La collettivizzazione agraria e la "liquidazione" dei kulaki


Stalin interruppe la Nep e impose la collettivizzazione forzata delle terre agricole per
sostenere l'industrializzazione. Questa politica portò alla soppressione dei kulaki
attraverso arresti, deportazioni e uccisioni. La collettivizzazione causò milioni di
vittime e una terribile carestia nel 1932-1933, principalmente in Ucraina, Kazakistan e
Caucaso settentrionale. Alcuni storici sostengono che Stalin abbia deliberatamente
provocato la carestia per eliminare ogni resistenza.

I piani quinquennali
La collettivizzazione servì come base per i piani quinquennali che miravano a
incrementare la produzione industriale. Il primo piano, approvato nel 1929, enfatizzò
la produzione di beni strumentali a discapito di quelli di consumo. Questo portò a uno
sviluppo significativo dell'industria pesante, siderurgica, elettrica, mineraria ed
estrattiva, trasformando l'Urss in un paese fortemente industrializzato.

Lo sfruttamento della forza-lavoro


I progressi economici dell'Urss furono ottenuti a costo di un intenso sfruttamento
della forza-lavoro. I contadini sfuggiti alle collettivizzazioni forzate aumentarono la
manodopera nelle città. La propaganda e lo stakanovismo furono utilizzati per
incentivare l'impegno collettivo dei lavoratori, dimostrando la presunta superiorità del
sistema socialista.

40
9.2 Il terrore staliniano e i gulag
Una dittatura fondata sul terrore
Per realizzare la trasformazione del paese, Stalin utilizzò il terrore e la repressione,
annullando ogni fermento di democrazia e instaurando un potere personale tirannico.
Il terrore inizialmente colpì operai e contadini, ma fu presto esteso ai membri del
partito stesso, eliminando fisicamente i potenziali oppositori.

1936-1938: il periodo delle "grandi purghe"


Tra il 1936 e il 1938, Stalin orchestrò le "grandi purghe", con processi farsa che
condannarono a morte molti cittadini innocenti. La vecchia guardia bolscevica fu
eliminata e sostituita da fedeli stalinisti. Tra le vittime vi furono Trotskij, Kamenev,
Zinovev, Bucharin e numerosi u ciali dell'esercito.

I campi di lavoro coatto


I gulag, campi di lavoro coatto, furono utilizzati per reprimere gli oppositori politici.
Anche se presenti già durante Lenin, raggiunsero la massima estensione sotto Stalin,
con milioni di prigionieri internati tra il 1928 e il 1940. I gulag divennero strumenti di
repressione e sfruttamento della forza-lavoro.

"Educazione" e sfruttamento
Nei gulag, i prigionieri, arrestati spesso su accuse infondate, erano soggetti a
"rieducazione politica" attraverso il lavoro forzato. Questi campi contribuivano
all'industrializzazione della Russia, sfruttando i detenuti per lavori durissimi in
condizioni disumane, causando milioni di morti e so erenze fisiche e psicologiche ai
sopravvissuti.

9.3 Il consolidamento dello Stato totalitario


L'inquadramento della società sovietica
Negli anni Trenta, l'Urss divenne uno Stato totalitario con il controllo totale della vita
civile. La propaganda esaltava lo Stato sovietico e i successi dei piani quinquennali,
consolidando il culto della personalità di Stalin.

L'Unione Sovietica e le potenze occidentali


Negli anni Trenta, l'Urss attirò l'attenzione del mondo occidentale per la sua rapida
industrializzazione. La minaccia del nazionalsocialismo tedesco portò a una maggiore
collaborazione tra l'Urss e le democrazie occidentali, culminando nell'ammissione
dell'Urss nella Società delle Nazioni e nel riconoscimento da parte degli Stati Uniti.

La politica dei "fronti popolari"


Dopo il 1933, i partiti comunisti nazionali formarono alleanze di sinistra, chiamate
"fronti popolari", in risposta alla minaccia fascista. Questi fronti assunsero il governo
in Francia e in Spagna, ma la situazione cambiò con l'accordo tra l'Urss e la Germania
alla vigilia della Seconda guerra mondiale.

41
L’EUROPA TRA DEMOCRAZIE E
(cap. 10)

FASCISMI
10.1 I fascismi si di ondono in Europa
Il di ondersi delle dittature in Europa
Negli anni Venti e Trenta del Novecento, vari paesi europei instaurarono regimi
dittatoriali a causa della crisi economica postbellica e dell'incapacità degli Stati
liberali di rispondere alle di coltà sociali. Questi regimi si ispirarono spesso al
fascismo italiano, pur con specificità locali.

L'Austria e il regime di Dollfuss


In Austria, Engelbert Dollfuss trasformò il paese in senso autoritario nel 1932, ma fu
assassinato nel 1934 durante un fallito colpo di Stato nazista. Dopo la sua morte,
l'Austria gravitò sempre più verso la Germania, fino all'annessione da parte di Hitler
nel 1938.

I regimi autoritari in Europa orientale


Nei Balcani, vari paesi adottarono regimi autoritari: in Jugoslavia il re Alessandro I
governava dal 1921, in Grecia il generale Ioannis Metaxas instaurò una dittatura nel
1935, e in Bulgaria il re Boris III favorì una svolta dittatoriale nel 1923. In Ungheria,
Miklos Horthy represse violentemente gli oppositori. Anche Polonia, le regioni
baltiche, Finlandia e Romania adottarono dittature militari.

L'"Estado Novo" portoghese


In Portogallo, António de Oliveira Salazar emerse come figura dominante dell'estrema
destra, diventando capo del governo nel 1932. Nel 1933, instaurò il regime "Estado
Novo", che durò quasi quarant'anni, caratterizzato dalla repressione della polizia
politica segreta.

10.2 La solidità democratica di Gran Bretagna e Francia


La Gran Bretagna baluardo della democrazia
In Gran Bretagna, il sistema democratico resistette alle crisi economiche postbellica e
della grande recessione del '29.
La disoccupazione rimase una piaga fino alla Seconda guerra mondiale.
Inizialmente, una coalizione di conservatori e liberali governò fino al 1929.
Poi, un governo di sinistra, guidato dal laburista Ramsay MacDonald, a rontò la crisi
del 1931 formando un governo nazionale che durò fino al 1935, seguito dai
conservatori Stanley Baldwin e Neville Chamberlain.
Furono adottate misure protezionistiche per favorire i rapporti commerciali con le
colonie.

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La democrazia alla prova in Francia
La democrazia parlamentare francese superò le crisi degli anni Venti e Trenta,
nonostante un sistema politico fragile a causa delle pressioni dei numerosi partiti.
Dal 1929 al 1936 si susseguirono venti governi.
Nel 1935, si costituì il Fronte Popolare, un'alleanza tra socialisti, comunisti e radicali,
che vinse le elezioni del 1936 e formò un governo guidato da Léon Blum.
Tuttavia, il governo cadde nel 1937, seguito da una coalizione di centro-destra.
La situazione interna e il desiderio di evitare una nuova guerra spiegarono
l'atteggiamento poco reattivo di Francia e Inghilterra di fronte alle azioni aggressive
della Germania nazista.

10.3 La guerra civile spagnola


Una guerra di proporzioni internazionali
Tra il 1936 e il 1939, Germania e Italia consolidarono la loro intesa politica e
ideologica durante la guerra civile spagnola, che divenne uno scontro ideologico tra
democrazia e nazifascismo, con ripercussioni ben oltre la Spagna. La mobilitazione di
uomini in difesa degli ideali repubblicani portò molti storici a considerarla un prologo
del secondo conflitto mondiale.

La dittatura fascista di Primo de Rivera


All'inizio del Novecento, la Spagna era arretrata economicamente. Il colpo di Stato del
generale Miguel Primo de Rivera nel 1923 instaurò un regime dittatoriale con
l'appoggio della monarchia. Questo regime, inizialmente accettato, perse presto
consenso a causa delle di coltà economiche, portando alla destituzione del dittatore.

La nuova repubblica e le riforme del "biennio rosso" (1931-1933)


Nel 1931, la repubblica fu proclamata dopo il successo dei partiti repubblicani e
socialisti. Manuel Azaña guidò un governo che attuò riforme radicali, incontrando
l'ostilità dei militari e delle gerarchie ecclesiastiche, e implementò una controversa
riforma agraria e una decentralizzazione statale. Queste riforme esacerbarono le
tensioni sociali e politiche.

La vittoria della destra e il "biennio nero" (1933-1935)


Nel 1933, la destra vinse le elezioni, dando inizio al "biennio nero", durante il quale
furono smantellate le riforme precedenti. Questo portò a scioperi e rivolte,
culminando nella repressione militare guidata dal generale Francisco Franco.
Nel 1936, il Fronte popolare vinse le elezioni, ma non riuscì a fermare i disordini. La
tensione culminò nell'assassinio del leader della destra monarchica José Calvo Sotelo
e nell'insurrezione militare guidata da Franco, dando inizio alla guerra civile.

I due governi di Burgos e di Valencia


Franco fu nominato capo del governo nazionale a Burgos, mentre il governo
repubblicano si trasferì a Valencia. La guerra civile divenne uno scontro
internazionale tra fascismo e antifascismo, con supporto straniero a entrambe le
parti.

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(cap. 11) DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

ALLA GUERRA FREDDA


11.1 La guerra-lampo (1939-1940)
L'origine più diretta della guerra è nella volontà di espansione della Germania di Hitler,
sostenuta dall'alleanza con l'Italia e il Giappone.
Il patto di non aggressione tra Germania e Unione Sovietica nell'agosto 1939 segna le
premesse della guerra.

Il 1 settembre 1939 la Germania invade la Polonia, annettendo Danzica al Reich.


L'Unione Sovietica occupa la regione orientale della Polonia, attacca la Finlandia e
occupa le repubbliche baltiche (Estonia, Lituania, Lettonia).

Francia e Regno Unito dichiarano guerra alla Germania, mentre l'Italia dichiara la
"non belligeranza".

Nell'aprile 1940 la Germania occupa Norvegia e Danimarca, insediando un governo


collaborazionista;

FRANCIA:
Il 10 maggio invade la Francia, occupando tutta la Manica e costringendo le truppe
britanniche appena sbarcate a Dunkerque di ritirarsi al contrattacco. Occupa Parigi il
14 giugno.
→ Il capo del governo francese, Philippe Pétain, firma un armistizio per il quale ⅗ del
territorio francese passano sotto i tedeschi, mentre nei pressi di Vichy si forma il
governo collaborazionista guidato da Pétain.

Contemporaneamente si costituisce in Gran Bretagna un comitato di liberazione,


denominato Francia libera, sotto la guida del generale Charles de Gaulle, che dispone
delle truppe francesi nelle colonie come resistenza.

ITALIA:
Gli italiani iniziarono un'o ensiva contro le colonie inglesi nel Mediterraneo e in
Africa. Quindi Mussolini, desiderando emulare il dittatore tedesco, decise di invadere
autonomamente la Grecia (28 ottobre 1940), ma l'attacco fu un insuccesso e Hitler
dovette intervenire in soccorso dell'alleato italiano: fu così che, dopo avere occupato
la Jugoslavia, la Germania invase la Grecia (aprile 1941). Anche l'o ensiva italiana nel
Mediterraneo e in Africa si stava rivelando fallimentare: perciò Hitler inviò un corpo
corazzato alla guida del generale Rommel, che riconquistò la Cirenaica.

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11.2 La svolta del 1941: il conflitto diventa mondiale
Intanto il 27 settembre 1940 Germania e Italia avevano stretto con il Giappone il Patto
tripartito; questo prevedeva l'impegno dei tre paesi a creare per il mondo un "ordine
nuovo", in base al quale avrebbero dominato sugli altri popoli asiatici ed europei di
"razza" inferiore.
Quindi, dopo essersi mosso in modo da trasformare i Balcani in una regione satellite
della Germania, Hitler predispose l'invasione dell'Unione Sovietica: il regime
bolscevico-stinulaco di Stalin restava infatti, nonostante l'alleanza stipulata nel 1939,
il principale nemico ideologico del nazismo.

→ L'Operazione Barbarossa scattò il 22 giugno 1941. In breve tempo i tedeschi si


avvicinarono a Mosca e Leningrado, ma furono bloccati dal sopraggiungere
dell'inverno, che dette il tempo all'Armata rossa di riorganizzarsi. I russi ricevettero
inoltre il prezioso sostegno del governo americano, autorizzato dalla legge a tti e
prestiti a "vendere, prestare o a ttare" aiuti ai paesi minacciati da Hitler.

Qualche mese dopo lo stesso presidente Roosevelt si convinse della necessità di


sconfiggere il nazifascismo;
→ si incontrò con il primo ministro inglese Churchill e firmò la Carta atlantica, una
dichiarazione congiunta dove venivano ribaditi i fondamentali principi della libertà e
della democrazia (14 agosto 1941).

In dicembre i giapponesi - il cui progetto di costruire una "grande Asia" era ostacolato
in maniera sempre più aperta dagli Usa - sferrarono un attacco a sorpresa alla base
navale Pearl Harbor. Il giorno dopo, l'8 dicembre, gli Stati Uniti abbandonarono ogni
tentazione isolazionista e dichiararono guerra a Giappone, Germania e Italia.

11.3 La contro ensiva alleata (1942-1943)


Il 1942 si aprì con nuovi successi per le potenze dell'Asse: i giapponesi avanzarono in
Estremo Oriente, mentre l'esercito tedesco invase la Crimea e mise sotto assedio
Stalingrado. Questi successi ebbero però l'e etto di allargare eccessivamente il
fronte, rendendo di cili contatti e rifornimenti.

STATI UNITI:
Gli Stati Uniti riuscirono in pochi mesi a mobilitare quattordici milioni di uomini e a
inviare su tutti i fronti enormi quantitativi di viveri e di materiale bellico.
I primi segni di un'inversione di tendenza si ebbero sul fronte russo, proprio a
Stalingrado, dove la popolazione, resistendo eroicamente all'assedio per 180 giorni,
permise all'esercito sovietico di i contrattaccare e costringere la sesta armata
tedesca alla resa (2 febbraio 1943). → Le truppe italo-tedesche vennero annientate
dal freddo e dalla fame.

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AMERICA:
Intanto nel Pacifico la flotta americana aveva sconfitto quella giapponese nelle
battaglie navali delle isole Midway (giugno 1942) e di Guadalcanal (agosto
1942-febbraio 1943);

AFRICA:
la contro ensiva britannica aveva portato allo sfondamento del fronte italo-tedesco a
El-Alamein e reparti statunitensi erano sbarcati in Marocco e Algeria (novembre
1942).

11.4 La caduta del fascismo e la guerra civile in Italia


In Italia il regime fascista era sempre più debole. Dopo lo sbarco alleato in Sicilia (10
luglio 1943), deciso da Roosevelt e Churchill nella conferenza di Casablanca (gennaio
1943), il Gran consiglio del fascismo decretò il ripristino dello Statuto albertino e la
restituzione dei poteri al re, che fece arrestare Mussolini (24-25 luglio) e designò un
nuovo governo guidato dal maresciallo Badoglio, che avviò con gli Alleati trattative
segrete per una pace separata.

→ Hitler, reso sospettoso dagli avvenimenti, inviò in Italia dieci divisioni. Quando l'8
settembre venne reso noto l'armistizio con gli anglo-americani, l'esercito italiano, che
non era stato preavvertito né dal da Badoglio, si trovò in balia dei tedeschi che
assunsero trollo delle regioni non ancora liberate ("piano Alarico"). Mussolini, liberato
da paracadutisti tedeschi, venne posto a capo della Repubblica sociale italiana, con
sede a Salò. L'Italia, guidata a quel punto da due governi (quello dei "repubblichini" a
Salò e quello di Badoglio a Brindisi), divenne un campo di battaglia.

La lotta contro i nazifascisti fu condotta anche dalla Resistenza, costituita da


movimenti di diverso orientamento politico riuniti nel Comitato di liberazione
nazionale (Cln) e nel Corpo volontari della libertà (Cvl).

Nel settembre le truppe anglo-americane giunsero a Napoli, ma subito dopo si


arrestarono sulla linea Gustav. Così l'interesse si concentrò sulla politica, in vista
dell'assetto da dare al paese dopo la guerra. Fra i vari partiti prevalse la prevalse la
linea moderata, che rese possibile la formazione di un governo di unità nazionale
guidato da Badoglio. Dopo avere ripreso l'avanzata nella primavera del 1944, gli
Alleati liberarono Roma (4 giugno) e Firenze (11 agosto); ma si arrestarono sulla linea
gotica, mentre l'ltalia restava divisa in due tronconi e il Nord si apprestava a
trascorrere un inverno lungo e tragico, segnato dalla fame e dai continui
bombardamenti.

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11.5 La vittoria degli Alleati
La sconfitta della Germania
La decisione di aprire un nuovo fronte in Francia era stata presa già alla fine del 1943
durante la conferenza di Teheran, che vide la presenza contemporanea di Roosevelt,
Churchill e Stalin (28 novembre-10 dicembre). Mentre gli anglo-americani sbarcarono
in Normandia (6 giugno 1944), liberavano la Francia e marciarono alla volta di Berlino,
i sovietici lanciarono da est una inarrestabile contro ensiva. Nonostante i tracolli
militari Hitler continuava a credere nella vittoria, ma dopo l'incontro di
angloamericani e sovietici sull'Elba, l'occupazione sovietica di Berlino e la liberazione
dell'Italia (25 aprile 1945), la resa della Germania fu inevitabile.

La disfatta di Mussolini e Hitler


Mussolini venne fucilato (28 aprile) e Hitler si suicidò (30 aprile). Pochi mesi prima
Roosevelt, Churchill e Stalin si erano nuovamente incontrati a Yalta, in Crimea (4-11
febbraio), e avevano preso alcune importanti decisioni relative agli assetti
internazionali da attuare dopo la completa disfatta della Germania hitleriana.

Bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki


Il crollo dei regimi fascista e nazista sancì la fine della guerra in Occidente, ma non sul
Pacifico, dove il Giappone, forte di oltre tre milioni di uomini sparsi nell'ampio
territorio asiatico, non dava segni di cedimento. Il presidente americano Truman
decise perciò di stroncare la resistenza facendo sganciare la bomba atomica sulle
città di Hiroshima e di Nagasaki (6-9 agosto 1945). Anche il Giappone fu così costretto
a firmare la resa.

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