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Petrarka 1 Milica Tamburic

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Sonetto 61

Benedetto sia 'l giorno, e 'l mese, e l'anno, Blažen nek je dan, i mesec, i godina,
E la stagione, e 'l tempo, e l'ora, e 'l punto I doba, I vreme, I čas, I tren
E 'l bel paese e 'l loco, ov'io fui giunto I krasna zemlja I mesto na koje me odvedoše
Da'duo begli occhi che legato m'ànno; I Pokoriše oka dva.

E benedetto il primo dolce affanno I blažene nek su prve slatke muke


Ch'i' ebbi ad esser con Amor congiunto, Koje osetih kad s Amorom se združih,
E l'arco e la saette ond' i' fui punto, I luk I strele koje me probodoše,
E le piaghe, ch'infino al cor mi vanno. I rane koje čak do srca sežu.

Benedette le voci tante, ch'io Blaženi nek su I glasovi mnogi,


Chiamando il nome di Laura ho sparte, Koje, čežnjiv, uz uzdahe I suze,
E i sospiri e le lagrime e 'l desio. Rasuh dozivajući Lauru .

E benedette sian tutte le carte I blažene bilesve hartije,


Ov'io fama le acquisto, e il pensier mio, Kojima slavu joj zavredeh, I misao moja
Ch'è sol di lei, si ch'altra non v'ha parte. Koja pripada njoj I nikom više.

Commenti

Il sonetto è composto da 4 stanze, due quartine e due terzine, con lo schema rimico ABBA ABBA (rima
incrociata) CDC DCD (rima alternata).
Il tema principale è la glorificazione e la celebrazione dell’amore, ovvero Amore personificato perché
scritto con A maiuscola. Naturalmente, si tratta sempre dell’amore verso la donna prediletta, cioè verso
di Laura, il cui nome viene esplicitamente rivelato. Su di questo si può anche discuttere- il suo nome è
scritto, nero su bianco- Laura , però Petrarca (almeno secondo me) riesce anche a mascherarlo un po’
scegliendo di non invocare la propria donna direttamente e cercando di non mettere solo il suo nome
senza altri elementi, bensì sceglie di usare una “perifrasi”, chiamiamola così, o un sintagma “il nome di
Laura”, il che provoca problemi nella traduzione perché si perdono le sfumature sottili.
La glorificazione si realizza con una lunga serie di elementi elencati tramite il polisindeto- la figura
chiamata ENUMERATIO, e l’elemento reggente è lo stesso verbo che si presenta in ogni stanza nelle
forme diverse, con valore uguale, cioè esortativo. Il poeta con l’anafora della forma Benedetto sia vuole
celebrare anche I più piccoli dettagli che hanno a che fare con il suo amore verso la donna, sia che si
tratti degli elementi naturali- toccabili, sia di quelli della sua mente.
Il poeta glorifica il processo e l’inizio dell’amore parlando dei “duo begli occhi che legato m’anno”, e
trascinato fortemente dalla potenza di Amor, trasforma anche quella negatività, destruttività e dolore
dell’amare in qualcosa di gradito, dolce e positivo. Quindi, abbiamo dei piccoli contrasti all’interno del
sonetto, nei quali gli affanni diventano dolci, e le saette e l’arco (ovvero le armi di cui l’amore si serve
per conquistare gli avversari) diventano benedetti. Il potere e la forza di quell’amore sono talmente
grandi che, non solo riescono a far mutare il pensiero del poeta, ma riescono a cancellare ogni altro
pensiero, facendolo dedicare tutto il suo essere alla donna amata:
E benedette sian tutte le carte
Ov'io fama le acquisto, e il pensier mio,
Ch'è sol di lei, si ch'altra non v'ha parte.

Sonetto 62

Padre del ciel, dopo i perduti giorni, O svevišnji oče, nakon svih izgubljenih dana,
dopo le notti vaneggiando spese, Nakon što u skitnji protraćih noći,
con quel fero desio ch’al cor s’accese, S nadobudnom žudnjom što u srcu goreše,
mirando gli atti per mio mal sì adorni, Videvši da koraci, na nesreću moju, bejaše mi
nedostojni
Spiacciati omai col Tuo lume ch’io torni
ad altra vita et a più belle imprese, Smiluj se, I povratak mi osvetli,
sì ch’avendo le reti indarno tese, lepši me život I poduhvat čeka,
il mio duro adversario se ne scorni. jer, uzalud je širio mreže moj protivnik ljuti,
kad na kraju poražen osta.
Or volge, Signor mio, l’undecimo anno
10ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo Prošlo je, Moj Gospode, već 11 leta,
che sopra i più soggetti è più feroce. A 10 otkad pokleknuh pred okrutnoim jarmom,
Koji, što mu se vise pokoravaš, biva sve ljući.
’’Miserere’’ del mio non degno affanno;
reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo; Milosti imaj za nedostojne mi muke,
ramenta lor come oggi fusti in croce. Uputi moje misli lutajuće na dostojnije mesto,
Podseti ih da ovog dana izdahnuo si na krstu.

Lo schema rimico è leggermente cambiato rispetto al sonetto LXI, cioè si presenta con il seguente
diagramma ABBA ABBA CDE CDE- è stata introdotta un’altra rima “E” nelle terzine. Il sonetto si apre
con l’invocazione a Dio, senza nominarlo direttamente, bensì usando la perifrasi, e questa perifrasi si
conclude solo nella seconda stanza dove il soggetto invocato incontra il verbo reggente (Padre del
ciel…spiacciati omai), creando la figura retorica che si chiama inarcatura (di tipo cataforico in questo
caso) o usando il termine francese l’enjambement. Questa figura rafforza l’importanza di tutti gli
elementi che ne fanno parte.
Quello che colpisce di più sono le somiglianze e il contrasto che esistono fra questo sonetto e quello
precedente, cioè sessantunesimo. Tutti e due si presentano nella forma che ci fa pensare alle
preghiere e liturgie presenti nella religione cattolica- la benedizione di tutti gli elementi in contatto
con l’amore nel primo sonetto, e il perdono e la pietà che il soggetto lirico richiede in questo sonetto.
Il gioco e la raffinatezza petrarcheschi stanno proprio nella sua capacità di intrecciare il diverso con il
simile, e creare legami inscindibili con tante sfumature che si possono scorgere solo se l’opera viene
letta intera e non ad litteram.
Mentre il sonetto 61 è dedicato alla gioia che proviene dall’amore verso la donna, il sessantaduesimo si
presenta, invece, con un’alternativa assai diversa- l’amore visto come una cosa spiacevole e
scorretta , un girovagare invano, uno sbaglio da cui si può uscire soltanto indirizzando la mente verso
la Verità assoluta, cioè Dio. Ecco perché Petrarca, adesso, con la parte dell’io guidata dal ratio, ci offre
uno sguardo sul tema del tutto diverso, ecco perché innalza il registro e trasforma il sonetto in una
preghiera per una vita migliore e degna. Tutti questi elementi (e tanti altri che non sono stati presi in
considerazione) ci fanno rammentare il primo sonetto del Canzoniere e i famosi versi:
“di me medesmo meco mi vergogno;
et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno”
Ci fa pensare anche alla lotta interna tra le emozioni e il ratio che Petrarca cerca di placare (la lotta che
tra l’altro esiste forse in ognuno di noi) e la sua inadeguatezza di farlo.

Sonetto 134

Pace non trovo e non ho da far guerra


e temo, e spero; e ardo e sono un ghiaccio;
e volo sopra 'l cielo, e giaccio in terra; Nema mi mira, a za rat sam slab
e nulla stringo, e tutto il mondo abbraccio. I bojim se, i nadam; i izgaram dok leden sam sav,
vijam se visoko, a na zemlji ležim
i izmiče mi sve, i grlim čitav svet.
Tal m'ha in pregion, che non m'apre nè sera,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
I svezanog me Amor čuva, al na slobodi,
e non m'ancide Amore, e non mi sferra,
Kod sebe me neće, a omču ne popušta,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.
Ne želi me ubit΄, a ne leči mi rane,
Nit želi me živa, nit rešava muke.
Veggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido;
e bramo di perire, e chieggio aita; Bez očiju gledam, bez jezika vičem;
e ho in odio me stesso, e amo altrui. I čeznem da nestanem, i za pomoć molim,
I dok druge ljubim/volim, sama sebe mrzim.

Pascomi di dolor, piangendo rido; Bol me hrani, kroz suze se smejem,


egualmente mi spiace morte e vita: Jednako prezirem i život i smrt:
in questo stato son, Donna, per voi. Ovakvog sam duha, Gospo, zbog Vas.
(Gospo, Vi ste razlog patnjama mojim)

Senza dubbio, l’elemento più spiccante è il contrasto (o l’antitesi) che si propaga nel testo. Anche se
sono stati messi lontano l’uno dall’altro, è impossibile non scorgere le sottigliezze che collegano vari
sonetti - mi riferisco soprattutto ai sonetti LXI e LXII che ci presentano due sentimenti diversi, i quali
invece in questo sonetto sono messi insieme, e con contrasto formano un’armonia perfetta. Un’armonia
che richiede tanta pazienza, tanto lavoro assiduo, contemplazione e osservazione costanti. Un’armonia
che non solo Petrarca, ma anche noi stentiamo di trovare.
Le emozioni che Petrarca vive in questo sonetto sono fortissimi e strazianti, cambiano sempre e non c’è
una costante, un qualcosa che il poeta può aggrappare- tutto questo va a ribadire la sua insicurezza,
l’inquietudine, l’angoscia e la preoccupazione che sono presentate tramite un elenco, un susseguirsi
degli aggettivi contrastanti. La forza/potenza delle sensazioni cresce progressivamente, e alla fine si
sente un climax, espresso con i seguenti versi: egualmente mi spiace morte e vita/ in questo stato son,
Donna, per voi- dove il lettore può percepire una sottile dosi dell’indifferenza o dell’impossibilità di
trovare una soluzione.
Dal punto di vista metrico, è interessantissima la rima imperfetta, cioè la rima siciliana altrui-voi . 

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