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Cecco Angiolieri - S'i' Fosse Foco - Letteratura Italiana

Il sonetto 'S'i' fosse foco, arderei 'l mondo' di Cecco Angiolieri esprime un desiderio di distruzione del mondo, ma con un tono scanzonato piuttosto che realmente irato. Attraverso una serie di ipotetiche trasformazioni, l'autore gioca con l'idea di potere e libertà, concludendo che la sua vera identità è quella di un uomo comune in cerca di piaceri materiali. Il testo riflette una burla irriverente e un'autoironia, demistificando la sua critica all'umanità e alle difficoltà economiche legate ai suoi genitori.

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Cecco Angiolieri - S'i' Fosse Foco - Letteratura Italiana

Il sonetto 'S'i' fosse foco, arderei 'l mondo' di Cecco Angiolieri esprime un desiderio di distruzione del mondo, ma con un tono scanzonato piuttosto che realmente irato. Attraverso una serie di ipotetiche trasformazioni, l'autore gioca con l'idea di potere e libertà, concludendo che la sua vera identità è quella di un uomo comune in cerca di piaceri materiali. Il testo riflette una burla irriverente e un'autoironia, demistificando la sua critica all'umanità e alle difficoltà economiche legate ai suoi genitori.

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Letteratura italiana

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Cecco Angiolieri

«S'i' fosse foco, arderei 'l mondo»


(Sonetti, 86)

È il testo più famoso di Cecco, in cui l'autore sfoga il suo malanimo contro il mondo augurandosi di poter seminare distruzione e coinvolgendo nella
sua "furia" anche i genitori, rei di non dargli abbastanza denaro per i suoi stravizi (come detto in altri sonetti). Il tono è probabilmente più
scanzonato che iroso e il componimento, lungi dall'essere l'espressione di un poeta asociale e "maledetto" come parve ai critici ottocenteschi,
sembra piuttosto un "divertissement" letterario in cui Cecco strizza l'occhio al lettore, come risulta anche dall'elaborazione retorica.

► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo; Se fossi il fuoco, brucerei il mondo; se fossi il vento, lo colpirei con
s’i’ fosse vento, lo tempesterei; tempeste; se fossi l'acqua, lo annegherei; se fossi Dio, lo farei
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; sprofondare;
4 s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, se fossi il papa, allora sarei contento, poiché metterei nei guai tutti i
ché tutti cristïani imbrigherei; cristiani; se fossi l'imperatore, sai cosa farei? Taglierei a tutti la testa
s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?
di netto.
8 A tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;


Se fossi la morte, andrei da mio padre; se fossi la vita, fuggirei da
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
lui: farei una cosa simile con mia madre.
11 similemente farìa da mi’ madre.

Se fossi Cecco, come sono e sono sempre stato, prenderei le donne


S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre: giovani e belle; lascerei agli altri quelle vecchie e brutte.

14 e vecchie e laide lasserei altrui.

Interpretazione complessiva

Il sonetto ha schema della rima ABBA, ABBA, CDC, DCD e presenta una notevole elaborazione retorica: i primi quattro versi sono altrettanti
periodi ipotetici, in ciascuno dei quali pròtasi e apòdosi corrispondono ai due emistichi dell'endecasillabo, mentre nella seconda quartina i
periodi si distendono per due versi; è presente l'anafora "S'i' fosse" ripetuta in tutto nove volte, in tutta la prima quartina, ai vv. 5 e 7 della
seconda, ai vv. 9-10 della prima terzina e nel primo verso della seconda terzina (la struttura è perciò simmetrica). Nei vv. 1-4 Cecco usa la
figura della personificazione e cita tre elementi naturali (fuoco, aria, acqua) riassunti poi dall'immagine di Dio, mentre nei vv. 5-8 si
identifica con le due autorità "universali" del Medioevo, il papa e l'imperatore; nei vv. 9-11 vi è l'antitesi morte... andarei / vita... fuggirei in
parallelismo, mentre i termini padre / madre (anch'essi in opposizione) sono entrambi in posizione di rima, all'inizio e alla fine della terzina.
Negli ultimi due versi c'è un'ulteriore antitesi (donne giovani e leggiadre / vecchie e laide, torrei / lasserei), con struttura a chiasmo (verbo-
oggetto-oggetto-verbo). L'ultima ipotesi, "S'i' fosse Cecco", è l'unica realistica e riporta il discorso su un piano più modesto dopo le immagini
paradossali delle prime tre strofe.
Il testo si presenta come una burla irriverente e un gioco letterario in cui Cecco ammicca al lettore, come si deduce dal finale del sonetto:
dopo aver formulato ipotesi manifestamente assurde, l'autore conclude dicendo di essere solamente Cecco e di voler ricercare i piaceri
materiali della vita (prendere le donne belle e giovani), che è la sola cosa possibile quando ha denari a sufficienza (l'accenno alla agognata
morte dei genitori è una spia delle sue difficoltà economiche, lamentate in altri sonetti a causa dell'avarizia del padre e della madre: ►
TESTO: Tre cose solamente). Alla fine il poeta riporta il discorso sul piano banale della quotidianità e facendo in fondo dell'autoironia, in
quanto dopo aver desiderato di bruciare il mondo deve accontentarsi di sedurre qualche giovane popolana, quando non è al verde.
Cecco si rifà qui al genere poetico dell'improperium e dell'invettiva che aveva già un illustre precedente nei Carmina burana della tradizione
goliardica mediolatina, nonché vari esempi nella poesia comico-realistica in Toscana, con Rustico di Filippo e lo stesso Dante della "tenzone"
con Forese Donati. La differenza è che il poeta senese non rivolge il suo attacco verbale a un avversario politico o a un interlocutore
particolare, bensì all'umanità in genere e poi ai genitori, demistificando la carica polemica dei suoi versi (per quanto spesso anche
l'improperium vero e proprio fosse da intendersi in senso giocoso e non sempre malevolo).

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