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Héctor Cúper

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Héctor Cúper (2018)

Héctor Raúl Cúper (1955 – vivente), allenatore di calcio ed ex calciatore argentino.

Citazioni di Héctor Cúper

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Citazioni in ordine temporale.

  • Se cammini per una via senza luce, non hai paura, stai solo più attento a dove metti i piedi.[1]
  • Il terreno di gioco e la panchina sono il mio habitat naturale, amerò per sempre il mio lavoro.[2]
  • La nostra Inter forse non era spettacolare dal punto di vista del gioco, ma lo stadio era sempre pieno: raramente ho visto un ambiente così caldo. Anzi, mai: San Siro esaurito è impressionante, unico al mondo.[2]

Intervista di Gianni Piva, Repubblica.it, 23 agosto 2001.

  • [«C'è un modello ideale che guida il suo lavoro?»] Io pretendo una squadra compatta, solidale, unita nella mentalità e negli obiettivi. Un qualcosa di unitario di cui fa parte chi gioca e chi non gioca. La mia idea di calcio parte da qui. Con la priorità della squadra sui singoli. [...] L'idolo dei tifosi deve essere l'esempio all'interno del gruppo. Chi è una stella per il pubblico deve brillare per la sua umiltè e lo spirito di sacrificio nella squadra. Non ci sono privilegi per nessuno, men che meno per il giocatore famoso. Anzi lui deve essere l'esempio per tutti.
  • Forse porto con me una certa mentalità argentina che dà grande importanza alla collettività, con dentro ad ognuno una grande voglia di vincere. E di farlo con il lavoro. Con l'orgoglio di dimostrare con il proprio lavoro che si può arrivare. [«Dove?»] Si lavora e si gioca per vincere.
  • Tutto si allena, tutto si può migliorare. Mentalità compresa.
  • Mi piace dare entusiasmo alla gente. Alle volte anche i sogni possono essere uno stimolo grande. Non mi preoccupa quando l'entusiasmo è suscitato dalle squadre che sanno fare vedere quello che sanno fare. Sta a noi alimentarlo con i risultati, con i fatti, senza fermarci alle parole.

Da un'intervista a La Nación; citato in Sport.sky.it, 8 febbraio 2018.

  • Mi hanno etichettato come un perdente e io ho sempre risposto che hanno ragione. [...] Bisogna sapere che se le critiche sono rispettose fanno parte del gioco. E dalle critiche, se non c'è malafede, bisogna trarre l'aspetto positivo. Potrei dire che ho portato l'inesperto Valencia a disputare due finali di Champions League consecutive contro Bayern Monaco e Real Madrid, o che ho condotto il Maiorca in finale di Coppa delle Coppe contro la Lazio di Nedved e Vieri. Tutto vero, ma alla fine sono un perdente. Cos'altro posso dire? Potrebbe piacerti o no, ma Mourinho ha una capacità impressionante: vince tutto. E io non ho questa capacità. Una cosa è raggiungere la finale, un'altra è vincerla. Chi sono io per non ricevere critiche? Ho anche ricevuto degli elogi, perché oggi ogni volta che torno a Maiorca o Valencia mi trattano molto bene. Ho perso molte finali e alcune ne ho vinto. Ho vinto una finale che è straordinaria: andare alla Coppa del Mondo con l'Egitto e tutto questo è fantastico. Ho reso felici 70 milioni di persone.
  • All'età di 38 anni, quando ho iniziato a dirigere, volevo portare avanti il ​​mondo. Ha a che fare con il potere della vita. Volevo avere il controllo di tutto e avere il controllo di tutto è molto difficile. Gli anni di esperienza ti mostrano che non c'è un solo modo per entrare nella testa di un giovane uomo, di un calciatore. Ci sono diversi modi e capirlo è molto utile. Prima bastava dare un ordine e la storia era finita. Oggi devi dare spiegazione e convincerli. Inoltre non posso perdere di vista il fatto che il calciatore è cresciuto con la tecnologia. Sono convinto che adesso sappia molto di più di quello che sapevo sul calcio io alla sua età. E devi vincere, perché il calcio può cambiare in mille modi, ma l'obiettivo resta quello: devi vincere la partita. Quello che ho imparato negli anni è: "Non pensare a ciò che è meglio per te, pensa a cosa è meglio per la squadra. Lascia da parte il tuo orgoglio". I giocatori non vanno trattati tutti allo stesso modo e tra di loro si proteggono tanto. Sono loro oggi i primi a dirti: "Metti lui che ti fa vincere le partite".
  • Oggi non puoi dire: sono così e basta, altrimenti rimani nella preistoria. Il calcio si è evoluto. Guardiola fa quel tipo di gioco perché ha dei determinati giocatori a disposizione, se io costringo qualcuno a fare qualcosa di cui non è in grado allora sbaglio. Devi vedere la realtà che hai e adattarti. Poi c'è l'allenatore di grande prestigio che sa che sarà sempre sulla panchina di una delle prime 10 squadre e potrà chiedere tutti i giocatori che vuole. Pertanto non c'è una singola formula vincente. Mi hanno insegnato che la cosa più importante da avere è la sicurezza.

Note

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  1. Dalla conferenza stampa precedente la semifinale di andata della UEFA Champions League 2002-2003; citato in Francesco Caligaris, La settimana in cui Milano è stata il centro d'Europa, Rivistaundici.com, 19 aprile 2022.
  2. a b Dall'intervista di Francesco Fontana, Cuper, "Salah, la stella che fa brillare il mio Egitto. Inter sempre nel cuore", Gazzetta.it, 3 aprile 2018.

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