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Capriccio (pittura)

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Capriccio con rovine classiche e figure di Leonardo Coccorante

Il capriccio in pittura, secondo la definizione datane da Filippo Baldinucci, è una opera d'arte che nasce da un'improvvisa fantasia dell'autore.[1]

F.Goya: Capricho No. 5: Tal para cual (L'uno vale l'altro)

Il capriccio è uno stile artistico cominciato nel Rinascimento e continuato nel Barocco, quando nella pittura venivano combinati insieme in modo spesso stravagante elementi come edifici, rovine archeologiche e altri elementi architettonici in combinazioni immaginarie e spesso bizzarre. Questi dipinti possono comprendere anche figure di persone ma senza che siano il soggetto principale. Il capriccio rientra nella categoria più generale della pittura paesaggistica.

Il capriccio o "veduta ideata"[2] nella pittura veneziana tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento si configura come un genere vero e proprio, ossia come l'arte di comporre il paesaggio attraverso la libera combinazione di elementi architettonici reali o fantastici, di rovine dell'antichità rielaborate, di figure e macchiette, secondo una varietà di declinazioni che vanno dal grottesco al visionario, dal pittoresco all'elegìaco.

Giovanni Paolo Panini, Un capriccio di rovine classiche con Diogene che getta via la sua coppa (1730 circa)

Tra i più famosi autori di dipinti considerati dalla critica o denominati dagli stessi autori come capricci possono essere citati Francisco Goya[3] con la sua serie di 80 Caprichos, Jacques Callot[4] e Giovan Battista Tiepolo.[1]

  1. ^ a b Capriccio, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 27 novembre 2019.
  2. ^ (EN) Earle Rice, Glossary, in Canaletto, Mitchell Lane Publishers, 2008, p. 46. URL consultato il 28 novembre 2019.
  3. ^ Reinhard Brandt, Filosofia nella pittura. Da Giorgione a Magritte, Pearson Italia, 2003. URL consultato il 28 novembre 2019.
  4. ^ (EN) Lisa Florman, Myth and Metamorphosis: Picasso's Classical Prints of the 1930s, MIT Press, 2002. URL consultato il 30 novembre 2019.

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