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Scardinius scardafa

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Scardinius scardafa
Stato di conservazione
Critico[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SuperclasseOsteichthyes
ClasseActinopterygii
SottoclasseNeopterygii
InfraclasseTeleostei
SuperordineOstariophysi
OrdineCypriniformes
FamigliaCyprinidae
GenereScardinius
SpecieS. scardafa
Nomenclatura binomiale
Scardinius scardafa
Bonaparte, 1837
Sinonimi

Scardinius erythrophthalmus scardafa

Nomi comuni

Scardola etrusca, scardola tirrenica, scardafa, marrocchio

Distribuzione
Rosso: Presunto areale originario. Viola: introdotta

Scardinius scardafa (Bonaparte, 1837), conosciuto in italiano come scardola tirrenica o scardola scardafa, è un pesce osseo d'acqua dolce della famiglia Cyprinidae endemico dell'Italia.

Distribuzione e habitat

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La diffusione di questa specie era delimitata dal fiume Magra a nord ed al bacino del Liri-Garigliano a sud, era presente anche nei laghi vulcanici del Lazio, nel prosciugato Lago del Fucino e nel Lago Trasimeno. Questa specie ha subito notevoli estinzioni locali ed attualmente la si ritiene presente solo nel Lago di Scanno in Abruzzo (dove è traslocata), nel Lago di Massaciuccoli e nel bacino fiume Serchio. Vista la difficoltà di riconoscere le specie del genere molto probabilmente esistono popolazioni non note in Italia centro-meridionale[2][3][4].

L'habitat, come per le altre scardole, è costituito da acque dolci a corrente lenta o assente, ricche di vegetazione sommersa e a fondo di fango o limo come stagni, laghi e canali; può vivere anche nei fiumi dove si localizza nella zona dei ciprinidi fitofili. Può trovarsi talvolta in acque debolmente salmastre[4].

Il corpo ha sagoma abbastanza tozza ed è compresso lateralmente, con dorso alto e ventre arrotondato, soprattutto nell'adulto. La bocca è nettamente rivolta verso l'alto ma posta all'apice del muso, in posizione terminale. Le scaglie sono grandi e vengono perse facilmente con la manipolazione. Nell'area tra le pinne ventrali e la pinna anale le scaglie ventrali sono carenate. La pinna dorsale ha margine leggermente concavo ed è impiantata evidentemente dietro l'origine delle pinne ventrali, carattere questo che distingue agevolmente il genere Scardinius da quasi tutti gli altri ciprinidi europei (tranne alcuni come, ad esempio, l'alborella). La pinna caudale è biloba, poco profondamente forcuta[4]. L'unico carattere esteriore che consente il riconoscimento di questa specie dalle altre due specie del genere presenti in Italia (Scardinius erythrophthalmus alloctona e di incerta presenza in Italia e Scardinius hesperidicus autoctona) è il numero di raggi ramificati nella pinna anale[4] che sono 9 in S. scardafa, 10-11 in S. hesperidicus e 12-14 in S. erythrophthalmus[5][6]. Rispetto alle altre due specie sembra che la scardola tirrenica spesso abbia la punta del muso più arrotondata[4].

La colorazione è simile a quella della scardola padana: argentea talvolta con riflessi dorati. L'iride può essere argentea o dorata ma mai rossa come avviene nella scardola europea. Le pinne sono grigie, brune o verdastre più o meno scure ma non hanno mai la colorazione rossa tipica della congenere europea[4].

La taglia massima sembra che non superi i 35 cm[2]

Comportamento

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È una specie gregaria che vive in banchi[4].

Alimentazione

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È onnivora come le altre scardole, si nutre sia di invertebrati bentonici che di zooplancton e materiale vegetale, al contrario di altri membri del genere la tendenza a predare uova e avannotti di altri pesci è scarsa. Nei grandi laghi può diventare pelagica e nutrirsi quai esclusivamente di plancton[7].

Si riproduce tra aprile e giugno[5] tra la vegetazione, in acque basse. La femmina depone fino a 100.000 uova che immediatamente aderiscono alle piante sommerse. La maturità sessuale avviene a due anni nei maschi e a tre nelle femmine[4].

Priva di interesse.

Conservazione

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La principale minaccia è l'introduzione di altre specie del genere Scardinius che ha condotto a quasi totale estinzione le popolazioni. La sua presenza è accertata unicamente nel lago di Scanno e tutte le altre popolazioni sono incerte o da verificare. È classificata dalla IUCN come "in pericolo critico di estinzione"[1].

È stata storicamente considerata sinonimo di Scardinius erythrophthalmus o sua sottospecie (S. e. scardafa), e solo nel 2007 è stata elevata al rango specifico[5]. Tuttavia il suo status non è ancora del tutto chiarito[8]. Nonostante l'esistenza di studi molecolari[9], la filogenesi di questa specie e di quelle ad essa affini (S. hesperidicus, S. dergle, S. plotizza) non è ancora stata approfondita completamente, e il principale carattere morfometrico proposto per l'identificazione (9 raggi molli nella pinna anale) sembrerebbe relativamente poco affidabile, e osservabile anche in popolazioni padane di S. hesperidicus. Qualora la distinzione tra scardole tirreniche e padane dovesse essere rivista, per priorità di descrizione S. scardafa Bonaparte, 1837 sarebbe il nome da utilizzare per tutte le scardole italiane.

  1. ^ a b (EN) Scardinius scardafa, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b (EN) Scardinius scardafa, su FishBase. URL consultato il 21/09/2014.
  3. ^ (EN) Scheda da Ittiofauna.org
  4. ^ a b c d e f g h Fortini N., Nuovo atlante dei pesci delle acque interne italiane, Aracne, 2016, ISBN 978-88-548-9494-5.
  5. ^ a b c Kottelat M., Freyhof J., Handbook of European Freshwater Fishes, Cornol (CH), Publications Kottelat, 2007, ISBN 88-7021-299-8.
  6. ^ (EN) Bianco P. G., An update on the status of native and exotic freshwater fishes of Italy, in Journal of Applied Ichthyology, vol. 30, 2014, pp. 62-77, DOI:10.1111/jai.12291. URL consultato il 16 maggio 2024.
  7. ^ Stefano Porcellotti, Pesci d'Italia, Ittiofauna delle acque dolci, Edizioni PLAN, 2005.
  8. ^ Checklist dei pesci delle acque dolci italiane. AIIAD, Aggiornamento del 2022 (PDF), su aiiad.it.
  9. ^ Ketmaier, V., Bianco, P. G., Cobolli, M., Krivokapic, M. Caniglia, R. De Matthaeis, E., Molecular phylogeny of two lineages of Leuciscinae cyprinids (Telestes and Scardinius) from the peri-Mediterranean area based on cytochrome b data., in Molecular Phylogenetics and Evolution, vol. 3, n. 32, 2004.

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