Vai al contenuto

516 proverbi sul cavallo/Voci di paragone

Da Wikisource.
Voci di paragone

../Pregi e difetti IncludiIntestazione 21 giugno 2017 100% Da definire

Pregi e difetti

[p. 158 modifica]

Voci di paragone.1


1. A cavallo corridore ed a uomo giuocatore, poco dura l’onore, ed i tedeschi:

Spieler und Rennpferde dauern nicht lange, e gli inglesi:

Gamesters ande race-horses never last long.

I cavalli corridori purtroppo non durano molto in servizio perchè è difficile che capitino in mano di persone che li risparmino e non piglino ogni occasione per far vedere agli altri come corre il loro cavallo, epperò a forza di continui, violenti esercizi presto si sciupano. Al giuocatore, si sa, poco dura l’onore, poichè per lo più questi signori finiscono per fare un brutto fine. [p. 159 modifica]

2. A ferro di cavallo.

In termine di architettura civile e militare, così si chiamano talune opere foggiate come un ferro da cavallo. Tavola a ferro di cavallo, si dice d’una tavola a semicerchio colle branche prolungate, come un ferro da cavallo. In generale s’indica così un oggetto, un’opera che abbia forma traente a quella di una porzione maggiore dell’ovale. I teatri, ad esempio, sono per lo più di tale forma.

3. Al canto l’uccello, al trotto il cavallo, ed anche:

     Al canto si conosce l’uccello
     Al trotto il cavallo bello.

Trotto è qui dal proverbio adoperato per esprimere lavoro e non già per indicare un’andatura a preferenza di un’altra, come criterio probativo, e vuole indicare che a quel modo che si fa giudicio dell’uccello dalla melodia del suo canto, così si giudica del valore del cavallo dalle prove che se ne fa nel limite dei suoi mezzi ed a seconda dell’uso a cui lo si vuol destinato. Non è però da tacere che il trotto è oggidì l’andatura più comunemente impiegata, e quindi in maggior pregio è tenuto il cavallo che ha veloce ed elegante questa andatura. Se il cavallo trotta giusto, come si suol dire, il rumore dei piedi sul suolo non batte che questa misura: uno, due, uno, due.

4. Aver una febbre da cavallo.

Cioè veemente, molto alta. Come per l’uomo, così pel cavallo quando la febbre supera i 41° e raggiunge i 42° è letale. [p. 160 modifica]

5. Botte di buon vino, cavallo saltatore duran poco col signore.

Chi è ricco ed ha buon vino in cantina gode assaporarlo e farlo assaporare agli amici, epperò dà presto fondo alla botte; similmente chi ha buon cavallo saltatore, ama provarlo agli ostacoli, e far vedere agli altri le esimie doti della cavalcatura, e a forza di farlo saltare, finisce per logorarlo più sollecitamente che non avverrebbe se non possedesse queste qualità. Non è raro veder giovani cavalieri possessori di un buon saltatore, abusarne spensieratamente, facendolo saltare ad ogni momento.

6. Bue giovane e cavallo vecchio.

Per vecchio intendesi ammaestrato e non più puledro indomito.

7. Bue lungo e cavallo corto.

La lunghezza del dorso nel bue è un pregio, viceversa il cavallo da sella deve avere il dorso corto.

8. Cane affamato e cavallo assetato nulla temono.

Per natura, ben più che la fame il cavallo teme e soffre la sete; il cane invece diventa per fame, feroce; l’uno e l’altro in tali condizioni nulla temono, cioè nessun pericolo o rischio li spaventa.

9. Cane mogio e caval desto, ed anche:

Can morto, e cavallo vivo.

Il cavallo con la prontezza dei moti e con la stessa vivacità dello sguardo annuncia il vigore [p. 161 modifica]e la bontà che ha in sè; laddove il can vivace che troppo scorrazza, male serve al cacciatore, epperò occorre che sia mogio, mentre il cavallo deve essere desto, brioso. Nel secondo proverbio riportato, le parole morto e vivo, voglionsi rispettivamente intendere nel significato di tranquillo, sveglio e vivace.

10. Carezze di cavallo.

Calci; in senso figurato vale ad indicare l’ingratitudine od i cattivi modi di una persona nel trattar con un’altra.

11. Castroni pugliesi, mannarini pistoiesi, gran siciliano, zucchero di Candia, cera veneziana, magli romaneschi, sproni viterbesi, cacio di Creta, raviggioli fiorentini.

Indica i luoghi dove queste diverse cose sono migliori.

12. Cavallo da basto, caval da carrozza.

In senso figurato si usa per indicare un uomo grossolano e stupido.

13. Caval da cardinale.

Idest, una mula su cui solevano cavalcare i cardinali.

14. Caval da medico.

Si usa per indicare un cavallo senza sangue, cioè molto docile e tranquillo. [p. 162 modifica]

15. Caval da prete.

È di massima sinonimo di rozza, senza fiato, senza valore, e che a stento si muove.

16. Cavallo dell’Apocalisse.

Di un cavallo grosso e magro si dice che pare il cavallo dell’Apocalisse.

17. Cavallo di Aristotile.

Alessandro il Grande, invaghitosi di una indiana, pareva aver perduto ogni desiderio di conquista. Aristotile, suo precettore, volle riprenderlo e persuaderlo che ad un guerriero suo pari, male addicevasi posporre all’amore di una donna, la gloria che poteva acquistarsi. Si arrese Alessandro ai consigli del suo maestro, ma l’indiana conosciuta la causa dell’abbandono in cui era lasciata, pensò di trarne vendetta, e tanto fece, tanta malizia mise in opera da rendere a sua volta quel sommo filosofo pazzamente innamorato di lei. Un dì che Aristotile le dichiarò il suo amore, essa finse di non credergli, e volle da lui una prova che l’assicurasse della verità delle sue parole. Acconsentì il filosofo, ed allora essa gli disse: «Onfale voleva veder filare un eroe, voi dovete soddisfare ad un mio capriccio: desidero cavalcare sulla schiena di un filosofo.» Si acconciò Aristotile ad appagare questo strano desiderio, e lasciatosi imbrigliare ed insellare messosi carpone lasciò che la giovine gli salisse a ridosso. Così scherzando e girando di qua e di là, essa fece in modo di condurlo in un luogo dove Alessandro erasi appiatato, il quale vedendo il suo maestro acconciato a quel modo, lo rimproverò perchè così male mettesse in pratica i consigli che dava agli altri. Non si confuse per questo Aristotile, chè anzi ne pigliò [p. 163 modifica]argomento per dimostrare ad Alessandro a quali eccessi poteva portare l’amore, dacchè aveva indotto lui filosofo e vecchio a commettere tanta follia. Di qui ne venne il detto: Far il cavallo di Aristotile, per indicare una penitenza che nei giuochi di società s’infligge quando uno vuole riavere il suo pegno, e consiste nel prendere la posizione di un cavallo, cioè mettersi carponi, per portare sulla schiena una dama colla quale si fa il giro della sala.

18. Cavallo di battaglia, oppure:

È il suo caval di battaglia.

In latino: Equus bellator, era il cavallo che serviva ai principi ed ai grandi capitani nelle fazioni campali. In senso figurato serve a denotare quella parte che un artista sa meglio eseguire o che mostra preferire perchè serve a far risaltare il suo talento, le sue qualità, e ad acquistargli gloria e fama.

19. Cavallo di Frisia.

Macchina da guerra che serve di difesa e di ostacolo contro la cavalleria; è formata da una grossa trave in cui sono impiantati dei piuoli di ferro acuminati.

20. Caval di monaci, porci di mugnai e figli di vedove non hanno pari.

Perchè sono troppo ben pasciuti e trattati con soverchi riguardi. I cavalli dei monaci ed i figliuoli delle vedove diventano perciò per lo più pigri, molli e snervati, e poco vogliosi di lavorare.

21. Cavallo di parata.

Cavallo di figura, di rispetto; e figuratamente dicesi: Uomo da figura e non da fatti. [p. 164 modifica]

22. Cavallo di Seiano.

Questo cavallo riuniva in alto grado tutte le più belle qualità, ma per una funesta fatalità al suo possesso andava unita la rovina del possessore. Sejano suo primo padrone fu condannato a morte da Marco Antonio; Dolabella che lo acquistò, dicono, per cento mila sesterzi, perì di morte violenta, vittima della guerra civile; Gajo Cassio che ne fu il terzo possessore perdette tragicamente la vita per mano di uno schiavo; Antonio, nelle cui mani passò di poi, si tolse la vita da sè stesso. Questa lista diede origine ad un proverbio, riportato da Aulo Gellio nelle sue Notti Ateniesi: «Costui — dicevasi parlando di un disgraziato — ha il cavallo di Sejano

23. Cavallo di S. Francesco.

Il bastone del pellegrino. Viaggiar col cavallo di S. Francesco, vale viaggiar a piedi.

24. Caval Pegaso.

Pegaso, cavallo favoloso che nelle poesie e nelle dipinture figurasi fornito di ali.

Figlio di Nettuno e di Medusa; subito che nacque sen volò verso il cielo, e secondo Ovidio, si fermò sul monte Elicona, ove per lo più dimorò fino a che stette sulla terra, ed ove con un calcio fe’ sgorgare il fonte d’Ippocrene.

Nettuno e Minerva, avendolo domato, lo donarono a Bellerofonte che lo montò per combattere la Chimera. Fu Pegaso assunto fra gli astri, e vi formò una costellazione. Si crede che questo cavallo alato non fosse altro che una nave ornata dalla figura di cavallo sulla poppa.

Parlando di un cavallo che abbia velocissima andatura, dicesi: È un Pegaso. [p. 165 modifica]

25. Cavallo per correr, mulo per tirar e musso per strusciar.

È un proverbio veneto che indica a quali diversi uffici queste tre bestie sono più adatte.

26. Cavallo senza briglia e fanciullo senza verga fanno mai bene.

Proverbio tedesco; un po’ troppo severo in quel che riguarda il fanciullo.

27. Cavallo sulla strada e bue sul campo.

Ognuno a suo posto, ognuno a quel lavoro per cui Dio l’ha creato; il cavallo è più fatto per correre e tirar pesi sulle strade, il bue invece per lavorare nei campi.

28. Caval Troiano.

È nota la storia dell’eccidio di Troia, e del cavallo di legno che i Greci introdussero nella città. Questa espressione vale l’altra: Gatta ci cova, e vale a denotare che conviene stare in guardia contro gli insidiatori; esser vigilanti contro chi tende agguati alla nostra quiete.

29. Caval vecchio e servitore minchione, non ingannan mai il lor padrone.

È un proverbio veneto, forse un po’ troppo assoluto nella sua affermativa. Quanto al cavallo diremo che l’età ha una grandissima influenza sul suo valore, e più esso è giovane, di massima, è assai più commercialmente apprezzato. Però chi non è perfetto cavallerizzo, all’età giovane deve preferire quella da adulto, ed anche la [p. 166 modifica]avanzata, (purchè non decrepita) e ciò perchè nei cavalli fatti, la grazia, l’agilità, l’obbedienza, sono qualità dovute più che tutto all’ammaestramento, sono il risultato dell’educazione.

30. Corre come un barbero.

Barberi, chiamavansi a Roma quei cavalli che erano fatti correre gli ultimi giorni del carnevale per la città scossi, cioè senza cavaliere e coi pungoli ai fianchi. Questa espressione vale a dire correre velocemente.

31. C’est l’ambassade de Viarron, trois chevaux et une mule.

Espressione usata per deridere un equipaggio messo male assieme.

32. Esser come il caval del Ciolle, oppure:

Essere il caval del Ciolle.

Dicesi di chi si lambicca il cervello sperando vanamente una qualche fortuna e ne va cicalando qua e là. Il caval del Ciolle si pasceva di ragionamenti. Dicesi pure di chi è pieno di malanni, perocchè si narra che il caval del Ciolle avesse cento e più guidaleschi (ulceri, piaghe) sotto la coda.

33. È un bucefalo.

Si usa per indicare un cavallo brioso, di bellissime forme e generoso, ma per ischerno antifrastico suole usarsi per cavallo triste e da poco. Bucefalo, si sa, è il nome del cavallo domato da Alessandro. Dicono che avendo egli udito dagli scudieri di Filippo, suo padre, [p. 167 modifica]dichiarare che il cavallo era indomabile, volle provarsi a montarlo. Avutane licenza dal re, si avvicinò a Bucefalo, tenendolo dolcemente con le redini, gli si aggirò dinanzi mirandolo e quasi per esserne mirato, poscia poco a poco lo rivolse con gli occhi al sole; accortosi che il primo bagliore gli aveva offesa la vista, spiccò un salto e gli si pose sul dorso e datogli delle calcagna nei fianchi lo lasciò ire disperatamente per la campagna; così riescì ad Alessandro di domarlo. Narrano poi gli storici come questo cavallo insellato e adorno delle insegne regali non acconsentisse che altri, fuor d’Alessandro, lo cavalcasse. Quinto Curzio, Aulo Gellio ed altri scrittori ci tramandarono le molte prodezze di Bucefalo. Paolo Luigi Courier, antico ufficiale delle batterie a cavallo, nell'esercito francese, nella sua traduzione del libro di equitazione di Senofonte, annota che Bucefali o testa di bue, chiamavano gli antichi i cavalli che avevano molto spaziosa la fronte; nella Tessaglia esisteva una razza speciale di cavalli che portavano questo nome. Il cavallo di Marco Aurelio, nel Campidoglio, è un bucefalo.

34. È un caval da circo.

Un cavallo che o per il colore originale del mantello, o per qualche altra particolarità rara e molto spiccata, come ad esempio, un cavallo pezzato, od un cavallo che ha movenze singolari e tale da attirare l’attenzione del pubblico, dicesi che è un cavallo da circo equestre. Tale espressione si applica pure ad un cavallo ammaestrato all’alta scuola.

35. È un caval sfrenato.

In senso figurativo si dice di un libertino, di un uomo incorreggibile. [p. 168 modifica]

36. È un caval da nolo.

Quante malinconiche riflessioni non sorgono nell’animo all’udir questa espressione: È un cavallo da nolo! È una povera bestia adoperata in tutti i modi, in tutti i tempi e senza posa in ogni genere di lavoro e con magra ricompensa, e per similitudine dicesi anche di un uomo adoperato per ogni incombenza e caricato di lavoro.

37. È un Ronzinante.

Ronzinante, è il nome della bestia magra e sciancata che Cervantes ha dato per cavalcatura a don Chisciotte. Si usa a titolo di scherno, parlando di un cavallo sfinito e di brutto aspetto.

38. Fa come il buon cavallo che si riscalda mangiando.

Pare che questo proverbio si riferisca all’uso generale, di strofinare il cavallo e frizionarlo talvolta con liquidi eccitanti, allorchè ritorna da un lungo lavoro e questo si fa perchè non si raffreddi cambiando temperatura e ritornando improvvisamente alla quiete. Ma quando un cavallo ha fondo buono ed è sano anche dopo un lungo lavoro mangia tosto volontieri, ed in tal modo si riscalda meglio che con frizioni e strofinature di cui potrebbe anche far senza, attesa la sua buona costituzione fisica.

39. Far come il caval del Ciolle che si pasceva di ragionamenti.

È un modo di dire toscano, usato da diversi scrittori classici.

40. Far come il caval grasso, o come il [p. 169 modifica]caval turco, che mangiata la biada dà dei calci al vaglio.

Corrisponder male ai benefizi ricevuti. Però il dar dei calci al vaglio non è indizio di cattiveria nel cavallo, ma piuttosto d’ingordigia; dopo che esso ha mangiata la biada, scuote col piede il vaglio per veder se ce n’è ancora.

41. Far d’una formica, o d’una pulce un cavallo.

D’una cosa o d’un fatto da poco, farne un gran caso.

42. Ha più difetti del caval del Gonella, che non soffriva nè basto, nè sella.

È un modo di dire usato in tutte le provincie d’Italia e intende denotare un cavallo od una persona sopracarica di difetti.

43. Il cavallo è come la minestra, chi la vuol troppo calda e chi troppo fredda, pochi al vero punto.

Infatti, come la minestra, che vi ha chi la vuol molto calda, e chi molto fredda, così vi è chi vuole il cavallo molto ardente e chi lo vuole molto tranquillo; pochi vogliono quella e questo al vero punto.

44. I soldati fanno come i cavalli, che annitriscono a chi li governa e tiran calci al padrone.

I cavalli d’indole cattiva difficilmente mordono o calciano l’uomo che li governa, mentre tiran calci ad ogni altra persona, compreso il [p. 170 modifica]proprietario. Colle buone maniere, assuefandolo alla voce ed alle carezze, si modificherà questa mala abitudine. Che anche i soldati si comportino in modo analogo non potrei affermare. Il proverbio ebbe origine in tempi da noi molto lontani e quando i soldati eran ben diversi da quelli dei giorni nostri.

45. La gli va come ai cavalli vecchi.

Poveri cavalli! Quanto mutati da quel che erano prima! Magri, logori, arrembati, nessuno più si cura di loro, sottoposti a gravi e dure fatiche, mal nutriti spesso frustati a sangue, stentano penosamente gli ultimi giorni della loro vita in attesa che la morte pietosa ponga fine ai loro patimenti. Per traslato, ad uno che è martoriato da tutte le contrarietà, si dice che, La gli va come ai cavalli vecchi.

46. La pulce vuol contender col cavallo.

Si dice del debole che vuol contrastare col forte.

47. Lavoro da cavallo.

Lavoro assai faticoso. I tedeschi dicono: Wie ein pferd arbeiten, cioè: Lavorar come un cavallo, come un somaro.

48. L’asino al basto, il bue all’aratro ed il cavallo al corso, ed i veneti:

Al cavalo la sela, a l’aseno el basto, al bò l’aratro, al can la cazza.

Questo proverbio ci predica che ogni animale deve essere adoperato per quell’ufficio pel quale la natura lo ha creato. [p. 171 modifica]

49. Les chevaux courent les benefìces et les ânes les atrapent.

Vale a significare che non è sempre ricompensato chi più se lo meriterebbe. Purtroppo sonvi e sarannovi sempre degli asini, cioè della gente poco meritevole, che trova modo di arrampicarsi agli impieghi più lucrosi ed onorifici, di lucrare e procacciarsi lauti benefici mediante intrighi e bassezze a detrimento di uomini onesti, laboriosi e generosi.

50. Matto come un cavallo.

Matto da sette cotte, smodato, pazzo da catena e simile.

51. Medicina da cavallo.

Rimedio troppo violento. Ferinum medicamentum, dicevano i latini.

52. Ombroso come un cavallo.

I cavalli, come in genere le altre bestie, vuoi per la conformazione dell’occhio, vuoi per naturale istinto, hanno maggior predisposizione a spaventarsi, adombrarsi di molte cose ed in specie di quelle che vedono per la prima volta. Di un uomo che per ogni più piccolo detto od atto si offende, dicesi è Ombroso come un cavallo.

53. Pare il cavallo della morte.

Si dice d’un cavallo magro, arrembato, stecchito, che non ha più che pelle ed ossa.

54. Spropositi da cavallo.

Cioè grossissimi, e tali che non li farebbe un cavallo. [p. 172 modifica]

55. Stomaco da cavallo.

Si dice di uno che ha uno stomaco refrattario alle medicine, su cui l’emetico per es. non ha azione, giacchè, si sa, che il cavallo non vomita; e dicesi pure di uno che digerisce assai bene e mangerebbe di qualunque cosa.

56. Tre cose sogliono esser guaste: vecchie uova, vecchi amanti, e cavalli vecchi.

Questo è un proverbio troppo chiaro per aver bisogno di commento.

57. Tre cose son stimate ugualmente: cavalli vecchi, vecchi cani e servitori vecchi.

Purtroppo il proverbio nella più parte dei casi è vero! Cavalli che in loro gioventù han procurato ogni sorta di godimenti ai loro proprietari, facendo anche guadagnar loro dei quattrini, cani che da giovani hanno serviti i loro padroni o per la caccia o per guardia; servitori fedeli ed affezionati, ora perchè vecchi sono messi in disparte, e stimati tutti ad una stessa stregua.


fine.

  1. Come ho detto nella prefazione, dividere ed ordinare, quel meglio che fosse possibile la materia di questi proverbi, che rivestono tante forme senza coerenza nè legamenti, non fu facile compito. Non pochi quindi dei proverbi qui riferiti troverebbero più opportuna sede negli altri capitoli.